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Per la seconda volta, Gerard riemerse in superficie. Sollevò Frank e appoggiò la sua testa sulla propria spalla per tenerlo fuori dalle onde. Aveva gli occhi chiusi e sembrava senza vita. Dentro di lui, il sollievo si intrecciava all'angoscia. Era stato fortunatissimo a trovarlo in quell'acqua color inchiostro, quando gli aveva sfiorato con le dita l'orlo dei jeans. L'aveva afferrato saldamente per la gamba e aveva nuotato verso l'alto. Aveva temuto che fosse troppo tardi.
La riva era in vista e lui nuotò con forza in quella direzione. Non ci volle molto e ben presto sentì i piedi strusciare sul fondale del lago che, verso terra, si avvicinava.
Gerard vacillò arrancando sulla spiaggia di ciottoli, con Frank svenuto tra le braccia. Crollò a pochi metri dall'acqua, cadendo in ginocchio e adagiando con cura il ragazzo per terra. Lo prese per le spalle e lo scosse, tentando di svegliarlo.
«Frank! Frank, mi senti? Apri gli occhi».
Lui non rispose, era lì, inerte. Aveva i capelli fradici e incollati su tutto il viso. Gerard ne sollevò una ciocca alla volta e, con cura, li portò dietro le orecchie. Piccole pietre nere, che non aveva mai notato prima, brillavano sui lobi.
Gerard si chinò e avvicinò il viso alla sua bocca. Non riusciva a udire il suo respiro. Lo percepiva, però. Che cosa faccio? Ha ingoiato molta acqua. Pensò, con frenesia.
Lo girò lentamente a faccia in giù, appoggiandolo con il petto sulle sue ginocchia. Con la mano aperta, gli diede delle pacche sulla schiena tentando di farlo tossire e sputare.
Funzionò. L'acqua cominciò a uscirgli dalla bocca, poi Frank cominciò a tossire e avere conati e, finalmente, vomitò una grande quantità di disgustoso liquido nero. Dalla gola gli uscirono respiri affannosi e Gerard sospirò di sollievo.
Frank riprese i sensi, e guardando avanti a sè in un primo momento non si rese conto in che posizione si trovava. Poi capì, era a faccia in giù, con il petto schiacciato sulle ginocchia di Gerard. Annaspò nel tentativo di alzarsi con le braccia e, comprendendone le intenzioni, Gerard l'aiutò a tirarsi su. Con il suo sostegno, Frank si mise faticosamente a quattro zampe, prendendo aria e sputando gli ultimi resti d'acqua. In bocca aveva un sapore disgustoso, come se l'acqua fosse stata inquinata da robaccia morta e decomposta. In effetti era così, ricordò a se stesso, ripensando alle mani rapaci e ai denti affamati che avevano tentato di trascinarla sottoterra. Una combinazione di shock e freddo lo investì tutta insieme e Frank cominciò a tremare violentemente.
«G-Ge-Gerard» balbettò, con le labbra congelate.
«Sono qui» gli rispose lui, con voce chiaramente angosciata.
Frank lo cercò con la mano tesa e due braccia forti l'afferrarono intorno alla vita e l'attirarono verso di lui. Gerard lo strinse a sé e cominciò a massaggiargli braccia e schiena, tentando di riscaldarlo. Frank mise la testa sotto il suo mento per sentire più vicino possibile il calore del suo corpo.
«Va tutto bene, angelo». Il vezzeggiativo gli sfuggì dalle labbra con naturalezza, sorprendendolo.
Frank provò una sensazione di calore sentendo quella parola e l'improvviso afflusso di emozioni, insieme all'adrenalina dello spavento, lo travolse. Gli occhi gli si riempirono di lacrime che scesero lungo le guance, pungenti sulla pelle gelida. Respirava ansimando e, all'improvviso, non riuscì più a trattenersi. Tutto il suo corpo venne scosso dai singhiozzi e il respiro inframezzato da pianti e piccoli gemiti angosciosi.
Il loro suono lacerò il cuore di Gerard e lui, istintivamente, lo strinse più forte, muovendosi con lui dolcemente. «Va tutto bene, va tutto bene» gli ripeté, molte volte.
Frank lo capiva, solo che non riusciva a riprendersi. Ogni tanto si calmava per un istante e si abbandonava serenamente al suo abbraccio, ma poi i singhiozzi riemergevano dal nulla e lui era incapace di fermarli.
Finalmente smise di piangere. Gerard non si mosse, continuò a tenerlo stretto, come se temesse di fare qualcosa che avrebbe potuto ferirlo. Alla fine, però, lo scurirsi del cielo lo costrinse a parlare.
«Dobbiamo muoverci, Frank» gli sussurrò all'orecchio. «Non preoccuparti, non siamo lontani».
Le sue braccia lo lasciarono e fu come se tutto il calore sprigionato dalla sua vicinanza evaporasse.  Frank si sforzò di stare in piedi, ma le gambe non lo sostenevano. Sfiorare l'annegamento gli aveva prosciugato le forze, non aveva l'energia per obbligare le proprie membra esauste. Il giorno dopo avrebbe perso Gerard. Quel pensiero era ossessivo. Aveva più senso rimanere semplicemente sdraiato lì e lasciare che i demoni venissero a prenderlo. Il dolore fisico sarebbe stato un gradito sollievo alla sofferenza interiore.
Gerard si era rialzato in piedi, si chinò e prese Frank da sotto le braccia. Lo tirò su come se non avesse peso e si mise il suo braccio destro sopra la spalla. Poi gli circondò la vita e, un po' trascinandolo, un po' portandolo in braccio, lo condusse fuori dalla piccola spiaggia e lungo uno stretto viale di terra che arrivava al cottage.
«Accenderò un fuoco per scaldarti» promise.
Frank riuscì soltanto ad annuire meccanicamente. Il freddo era irrilevante - un'insignificante seccatura notata a malapena.
La porta del cottage era vecchia e la vicinanza all'acqua ne aveva fatto gonfiare il legno incastrandolo nel montante. Per aprirla, Gerard dovette lasciare Frank, che si accasciò contro il muro fissando il terreno. Il ragazzo girò la maniglia e diede una spallata alla porta. All'inizio cigolò e resistette, poi cedette di colpo e Gerard entrò incespicando. Frank non si mosse. Entrare significava dare inizio alla loro ultima notte insieme, significava dare inizio alla fine. Notò a malapena l'acuto ululato che provenne da qualche parte alla sua sinistra, ma non ebbe alcuna paura.
Da dentro il cottage, dove stava accendendo il fuoco, anche Gerard lo udì. Si girò per controllare Frank e solo allora si accorse che lui non lo aveva seguito.
«Frank?» lo chiamò. Il silenzio di lui fu sufficiente a fargli drizzare i peli sulle braccia. Saltò in piedi e in tre lunghi passi arrivò alla porta. E lui era lì, dove l'aveva lasciato, sostenuto dal muro di pietra e con lo sguardo cupo perso nella contemplazione del nulla.
«Vieni». Si abbassò sulle ginocchia per guardarlo negli occhi. Non lo misero a fuoco. Fu soltanto quando lui gli prese la mano che Frank parve accorgersi della sua presenza. Gerard vide la tristezza in ogni lineamento del suo viso. Tentò di sorridergli per rassicurarlo, ma i suoi muscoli facciali sembravano aver dimenticato come si faceva e forzarli gli parve sbagliato. Gli tirò gentilmente la mano e Frank lo seguì in silenzio.
Lo fece entrare nel cottage e poi sedere sull'unica sedia che aveva collocato di fronte al fuoco e, quando chiuse la porta, la temperatura interna si scaldò in fretta. Girandosi verso il fuoco, rimase scioccato nel vedere la figura piccola di Frank. Aveva le gambe unite e le mani chiuse sul petto. La testa era china. Era come guardare un corpo in attesa della fine. Detestò vederlo lì seduto così, e attraversò la stanza per andargli vicino. Non c'era un altro posto dove sedersi, quindi si mise a gambe incrociate sul tappeto logoro che era steso davanti al camino. Lo guardò e avrebbe voluto dirgli qualcosa. Qualcosa per interrompere il silenzio. Qualcosa che riportasse il sorriso sul suo volto. Ma cosa?
«Non posso farlo» mormorò Frank alzando lo sguardo dal pavimento per fissare Gerard con occhi ardenti, ma angosciati.
«Di cosa parli?» la sua risposta fu appena udibile al di sopra del crepitio delle fiamme. Tutto il suo essere gli urlava di non avere quel tipo di conversazione, di scoraggiarlo. Non poteva gestire anche il dolore di Frank, oltre al proprio. Ma lui aveva bisogno di parlarne, perciò l'avrebbe ascoltato.
«Non posso farlo da solo. Arrivare alla fine del viaggio, o qualsiasi cosa io stia facendo. Io- Io.. ho bisogno di te». L'ultima parte fu la più difficile da dire, ma anche la più vera. Frank aveva accettato la propria morte con una calma che l'aveva sorpreso e si era rammaricato solo un po' per le persone che aveva lasciato. Di sicuro se lui stava compiendo quel viaggio, alla fine lo avrebbero fatto anche loro. Li avrebbe rincontrati a tempo debito.
Gerard, invece, se ne sarebbe andato il giorno dopo e sarebbe sparito dalla sua vita per sempre. Avrebbe continuato il suo lavoro con l'anima successiva e lui, ben presto, sarebbe stato soltanto un ricordo lontano, se mai l'avesse ricordato. Gli aveva chiesto di raccontargli le storie di altre anime che aveva accompagnato e lo aveva visto cambiare espressione mentre si sforzava di ripescare ricordi ormai da tempo dimenticati. Ne passavano talmente tante fra le sue dita che nessun volto spiccava sugli altri. Frank non poteva tollerare di rimanere un ricordo anonimo. Non quando Gerard, per lui, era diventato tutto.
No, non aveva alcun desiderio di compiere quell'ultimo viaggio. Non lo avrebbe lasciato. Non poteva.
«Non posso... rimanere qui con te?» gli chiese in un sussurro, con una tenue speranza nella voce.
Gerard scosse la testa e lui abbassò gli occhi, tentando disperatamente di impedire ad altre lacrime di affiorare. Non era possibile, o lui non lo voleva? Doveva saperlo, ma se poi non gli avesse dato la risposta che desiderava?
«No». Gerard fece uno sforzo sovrumano per mantenere ferma la voce. «Se resti qui, alla fine gli spettri ti prenderanno e diventerai uno di loro». Fece un gesto verso l'esterno. «È troppo pericoloso».
«Questo è l'unico motivo?». Se Gerard non avesse visto le labbra muoversi, non sarebbe stato sicuro che lui avesse parlato, la sua voce era troppo flebile. Ma per quanto fossero sussurrate, le parole dilagarono dentro di lui e gli gelarono il cuore. Questo era il momento di dirgli che lui non contava niente e fare in modo che sapesse che non mentiva. Sarebbe stato molto più facile, per Frank, compiere il passo finale se avesse pensato che lui se ne andava senza rimpianti.
Il silenzio di Gerard fece alzare lo sguardo a Frank, i denti che mordevano il labbro inferiore per impedirgli di tremare. Sembrava tanto fragile, come se una sola parola aspra avrebbe potuto distruggerlo. La determinazione di Gerard crollò, non poteva ferirlo così.
«Sì» rispose. Allungò un braccio e gli prese il polso, tirandolo verso il basso perché condividesse con lui il tappeto logoro. Poi mise una mano sulla sua guancia, passando il pollice sulla pelle levigata dello zigomo. Sotto la sua carezza, Frank si scaldò, tingendosi delicatamente di rosso. «Non puoi rimanere qui, anche se io lo vorrei».
«Lo vorresti?». La speranza tornò, illuminandogli il volto.
Che diavolo stava facendo? Non avrebbe dovuto dargli speranza adesso, ma non ne fu capace. Ripensò a tutti i volti che Frank gli aveva mostrato - spaventato, eppure sollevato, quando era uscito dalla galleria, indignato quando l'aveva costretto a camminare per un giorno intero e a dormire in cottage cadenti ogni notte, irritato e stizzito quando l'aveva preso in giro, imbarazzato quando era rimasto incastrato nel fango, felice quando si era svegliato e aveva scoperto che era tornato. Ogni ricordo lo fece sorridere, così li racchiuse tutti nella mente, pronti per quando Frank lo avesse lasciato e non ce ne sarebbero stati più.
«Diciamo soltanto che a poco a poco mi sei diventato accettabile». Rise, ancora sorridente per i suoi pensieri. Frank non riuscì a fare altrettanto.
«Ma, Frank, domani tu dovrai proseguire. È quello il luogo a cui appartieni. È quello che meriti».
«Gee, non posso. Non posso farlo», lo supplicò.
Il ragazzo fece un sorriso amaro, poi sospirò. «Allora... verrò con te» disse. «Fino in fondo».
«Me lo prometti?» si affrettò a chiedere Frank, ansioso di intrappolarlo con le parole.
Lui lo guardò negli occhi e annuì.
Per un attimo, Frank parve confuso. «Pensavo che mi avessi detto che non potevi farlo».
«Non dovrei, ma lo farò. Per te».
Frank lo guardò. Sollevò una mano, che premette sulla sua, trattenendola sul suo viso.
«Lo giuri? Giuri che non mi lascerai?».
«Lo giuro».
Gli rivolse un sorriso esitante. Aveva ancora la mano sopra la sua, e il calore di quel contatto sembrò propagarsi fin dentro le ossa. Lui si staccò e a Gerard mancò immediatamente il suo tepore, ma poi Frank tese la mano, e le sue dita rimasero sospese nell'aria a pochi centimetri dal suo viso. Il ragazzo sentì la pelle fremere anticipando il tocco, ma il viso di Frank esprimeva soltanto incertezza e sembrava troppo spaventata per terminare il gesto. Gerard gli fece un sorrisetto incoraggiante.
Il cuore di Frank batteva all'impazzata, a un ritmo incontrollato, prima un martellare costante, poi si fermava per un brevissimo istante. Il braccio cominciò a dolergli per la fatica di tenerlo sollevato, ma quel pulsare sordo era annullato da un formicolio nella punta delle dita che sconfinava quasi nel dolore, un dolore che sarebbe stato lenito dal toccare la guancia di Getard, la sua fronte, le sue labbra. Però Frank era nervoso. Non lo aveva mai toccato, prima, non così.
Vide che gli sorrideva e poi le sue dita parvero muoversi di propria iniziativa, attirate come una calamita. Frank modellò la mano sulla forma del suo viso e sentì i muscoli della guancia muoversi, mentre Gerard serrava e allentava la mascella. Aveva gli occhi di un verde intenso, troppo luminosi per la luce tenue della stanza, ma non erano spaventosi. Al contrario, erano ipnotici e Frank non riusciva a guardare in nessun'altra direzione. Gerard rilassò il viso e appoggiò la mano a quella di lui, incollandola alla propria guancia. Trascorsero quattro, cinque, sei secondi di silenzio. Poi, all'improvviso, Frank prese un respiro affannoso, inconsapevole di aver trattenuto il fiato.
L'incantesimo parve spezzarsi. Gerard si ritrasse, appena un centimetro o poco più, portandosi dietro le dita di Frank. I suoi occhi erano caldi, però, e piuttosto che lasciarlo andare guidò la sua mano verso le proprie labbra e depose un bacio delicato sulla pelle morbida delle nocche.
Dopo non parlarono granché, appagati dalla reciproca vicinanza in quel silenzio confidenziale. Frank tentò di rallentare il tempo, assaporandone ogni istante. Ma per quanto ci provasse, era come cercare di trattenere un uragano con un fazzoletto di carta. Il fuoco si era spento da parecchio, ma aveva fatto il suo dovere nell'asciugare i vestiti e scaldare il suo corpo. Eppure, entrambi continuavano a guardare il camino, osservando la brace fumante.

Durante la notte, Gerard si era avvicinato e gli aveva passato un braccio intorno alle spalle, stringendoselo al fianco e coccolandolo. Avevano la schiena rivolta alle finestre e, sebbene entrambi potessero vedere la luce filtrare dietro le loro spalle e illuminare in parte la parete di fondo, abbellita da un vecchio quadro talmente sporco da renderne irriconoscibile il soggetto, non si girarono.
Alla fine, i raggi del sole brillarono con forza dalle finestre, facendo scintillare come pagliuzze dorate la polvere che aleggiava nell'aria. Gerard fu il primo a muoversi. Non voleva affrontare la giornata, per niente. Pensò alla promessa fatta a Frank e sentì il disagio rigiragli lo stomaco. La sua mente era combattuta fra ciò che era possibile, ciò che era giusto e ciò che voleva lui. Esigenze che non potevano coesistere.
D'altro canto, Frank era sorprendentemente calmo. Aveva trascorso la maggior parte della notte a pensare a cosa sarebbe potuto accadere quel giorno e aveva concluso che lui poteva fare ben poco, tranne compiere l'ultimo passo e vedere dove l'avrebbe portato. Gerard sarebbe stato con lui. Questo bastava. Finché gli rimaneva accanto, poteva affrontare qualsiasi cosa. E lui sarebbe rimasto. Lo aveva promesso.

Eᴛᴇʀɴᴀʟ LᴏᴠᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora