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Quando riaprì gli occhi, Frank era di nuovo sul treno. Batté le palpebre, confuso, ma poi accettò quel curioso colpo di scena con un'alzata di spalle quasi impercettibile. Il treno sussultò mentre passava sul binario di scambio, poi si stabilizzò in un brontolio appena vibrante. Frank richiuse gli occhi e appoggiò la testa sul sedile.
Ebbe l'impressione che fosse passato appena un secondo ma, quando si risvegliò, qualcosa era cambiato. Perplesso, aggrottò la fronte. Doveva essersi riaddormentato. La luce sferzante del vagone gli ferì gli occhi, costringendolo a socchiuderli. Scosse leggermente la testa per schiarirsi le idee e si mosse sul sedile per trovare una posizione comoda. Le buste della donna occupavano una quantità di spazio assurda e qualcosa di appuntito, che usciva da un sacchetto color salmone brillante, gli stava pungolando dolorosamente le costole.
Ricordò di aver promesso a suo padre di mandargli un messaggio quando fosse stato sul treno e, con una certa difficoltà, fece sgusciare il telefono fuori dalla tasca. Accese lo schermo e iniziò a scrivere.

"Papà, ho preso il treno.
Ho preso quello che parte prima,
non vedo l'ora di incontrarti :)
-Frank. "

Un improvviso sobbalzo del treno gli fece sbattere il gomito e strappò il suo telefono dalle dita. Frank tentò di afferrarlo con l'altra mano, ma riuscì solo a toccarne l'estremità inferiore spingendolo ulteriormente fuori portata. Con un orribile schianto secco, il telefono cadde sul pavimento.
«Cazzo», borbottò sottovoce. Le sue dita frugarono per qualche secondo per terra, prima di trovare il cellulare. Era appiccicoso; qualche idiota doveva aver versato del succo di frutta. Frank raccolse il telefono per esaminare il danno.
Invece del succo, era ricoperto di una sostanza densa e rosso scura che scorreva sullo schermo e gocciolava lentamente, creando delle piccole macchie sulle sue ginocchia coperte dai jeans. Frank alzò lo sguardo e, per la prima volta, incontrò gli occhi della donna davanti a lei. Lo fissavano, privi di vita. Un rivolo di sangue le scorreva giù dalla testa e aveva la bocca spalancata, con le labbra grigie tirate in un urlo. Frank si guardò intorno frenetico e scorse i due tifosi dei Rangers che aveva tentato di evitare. Erano abbracciati, con le teste appoggiate in un modo che sembrava quantomeno sbagliato. Un altro sussulto del treno li fece ciondolare in avanti come burattini, con le teste trattenute sul collo soltanto dalle sottili strisce dei tendini. Frank aprì la bocca per urlare mentre tutto andava in pezzi.
Cominciò con un orribile stridore, un suono che gli fece stringere i denti e gli segò ogni nervo del corpo, mentre il metallo sbatteva contro altro metallo e veniva lacerato. Le luci sfarfallarono e gli sembrò che il treno si imbizzarrisse come un cavallo. Era ancora seduto quando venne scaraventato in avanti.

«Frank!». La voce, all'inizio sconosciuta, la riportò alla coscienza. «Frank, svegliati!». Qualcosa gli stava scuotendo con forza la spalla.
Frank sollevò di scatto la testa dal tavolo, ansimando, e guardò dritto in un paio di preoccupati occhi verdi.
«Stavi urlando», disse Gerard, per la prima volta da quando ci aveva parlato, con un tono ansioso.
La paura del sogno era ancora vivida. Ma non era reale. Non lo era. A poco a poco il suo respiro si calmò, mentre la realtà riaffermava se stessa.
«Un incubo», borbottò Frank, imbarazzato. Si alzò in piedi, via dallo sguardo di Gerard, e si guardò intorno. Il fuoco era spento da un bel po', ma le prime luci dell'alba avevano iniziato a illuminare il cielo, così lui poté vedere chiaramente il luogo in cui si trovava.
Il cottage sembrava più freddo nella luce del mattino. In passato le pareti dovevano essere state celesti, ma ormai la pittura era sbiadita e aveva cominciato a staccarsi. I buchi nel tetto e le finestre mancanti avevano consentito all'umidità di penetrare nei muri e adesso c'erano chiazze verdi di muschio che si allargavano sulle superfici. L'abbandono incurante di arredi e oggetti aveva un che di triste, e per qualche motivo gli venne la malinconia.
«Dovremmo andare» il ragazzo dai capelli bianco cenere interruppe il flusso dei suoi pensieri, riportandolo al presente.
«Sì».
Gerard lo osservò. «Ti senti bene?».
«Certo». Frank prese un respiro profondo e tentò di sorridergli. Non era un sorriso convinto, ma lui sperò che la scarsa conoscenza reciproca gli impedisse di accorgersene. L'altro ragazzo strinse leggermente gli occhi, ma annuì.
«Allora, qual è il piano?» gli chiese in tono vivace, cercando di superare il momento imbarazzante. Funzionò, fino a un certo punto.
Gerard sollevò metà della bocca in un sorriso e andò verso la porta. «Camminiamo. Da quella parte». La indicò con il braccio e poi rimase con le mani sui fianchi, in attesa che Frank lo raggiungesse.
«Adesso?» domandò lui, incredulo.
«Già» replicò secco, e scomparve fuori dal cottage.
Frank guardò, sconcertato, la cornice della porta che lui aveva appena lasciato libera. Non potevano andare via così, come se niente fosse. Non senza bere un po' d'acqua dal ruscello e trovare del cibo, o magari darsi anche una lavata veloce. Si chiese che cosa avrebbe fatto Gerard se lui si fosse seduto rifiutandosi di seguirlo. Avrebbe continuato a camminare, probabilmente.
«Dannazione» borbottò, affrettandosi ad alzarsi e uscire.

Eᴛᴇʀɴᴀʟ LᴏᴠᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora