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La donna viveva in una casa di legno che Frank poteva descrivere soltanto come una baracca, circondata da chilometri e chilometri di pianure piatte. Era un posto isolato e selvaggio, con cani uggiolanti e nuvole temporalesche che correvano nel cielo. Amber. L'anima più antica che Dominic Corey conoscesse. Se qualcuno era in grado di dargli delle risposte, quella era Amber.
Dominic l'aveva condotto fin lì semplicemente varcando un'altra porta della strada. Un attimo prima erano circondati da edifici; un attimo dopo, da sabbia e cespugli rotolacampi. Frank osservò Dominic chiudere un cancello traballante, pezzi di legno imbarcati tenuti insieme da chiodi arrugginiti.
«Sei già stato qui?», gli chiese Frank quando lui gli indicò la strada per la casa dell'anziana, dove una luce intensa illuminava l'unica finestra. Era molto buio, e quel caldo bagliore era gradevole.
«No». Dominic scosse la testa. «Ma non conosco nessun altro che potrebbe aiutarti» lo guardò in modo strano, e Frank capì che stava sperando che Amber avrebbe tentato di dissuaderlo, piuttosto che aiutarlo. Il corvino osservò, un po' nervoso, la casa.
«Chi è?», domandò. «Come mai conosce certe cose?».
«È qui da moltissimo tempo», rispose Dominic.
La bocca di Frank si piegò in una smorfia di insoddisfazione. Non era una vera risposta alla sua domanda, ma intuì che Corey non sapeva nient'altro.
Il ragazzo salì prontamente sul portico di legno traballante e bussò piano alla porta, ma Frank rimase indietro. Anche se aveva affrontato Dominic senza alcuna esitazione, il pensiero di parlare con un'altra anima lo intimidiva. Forse perché lei era "grande", un'adulta vera e propria. Forse perché non aveva mai conosciuto Gerard. Quale che fosse il motivo, lo tratteneva invece di farlo avanzare. Se Dominic non l'avesse accompagnato, sapeva che non sarebbe mai arrivato fin lì.
Pensò di cambiare idea, di dire a Dominic di non disturbare. In quel paesaggio alieno e spietato, Gerard sembrava ancora più lontano. Ma poi una voce dall'interno gridò: «Avanti», e Dominic aprì la porta, invitando Frank a entrare con un gesto della mano. Lui non poté fare altro che assecondarlo.
Dentro, il capanno era un po' più confortevole e questo contribuì a fargli distendere i nervi. Nel camino ardeva un fuoco e le pareti erano abbellite da tessuti lavorati a maglia. Era un monolocale: una parete ospitava il letto, quella opposta una piccola cucina sormontata dalla finestra. Al centro, sedeva una donna anziana avvolta da coperte, che si dondolava dolcemente su un'antica sedia a dondolo. Piuttosto che ricambiare lo sguardo curioso della donna, Frank continuava a guardarsi intorno e a chiedersi oziosamente se quello fosse l'aspetto che avevano avuto le case sicure, prima di cadere in rovina.
«Amber», cominciò Dominic, «lui è Frank, e...»
«Vuoi sapere come tornare indietro», terminò per lui la donna. Aveva una vocina delicata e tremula, ma quando Frank, sbalordito, si voltò di scatto a guardarla - sorpreso dal fatto che avesse indovinato tanto rapidamente il motivo della sua visita - vide che aveva due occhi attenti e penetranti.
«Come ha fatto a...». Lasciò cadere il resto, sotto l'occhiata sagace che gli scoccò.
«Le persone vengono sempre da me quando vogliono saperlo. Ne ho visti altri cento come te, mio cado», gli disse, non senza gentilezza.
«Può dirmi come fare?», domandò Frank.
Amber lo squadrò per un lungo momento. «Siediti», gli disse, alla fine.
Frank si accigliò. Non voleva sedersi. Era agitato e voleva camminare, muoversi e scaricare un po' della tensione che gli faceva fremere i muscoli. Voleva scoprire cosa sapeva l'anziana donna e poi andare, partire.
Amber lo guardò come se sapesse esattamente cosa stava pensando. Indicò di nuovo l'unica altra sedia nella stanza. «Siediti».
Frank si sedette, appollaiato sul bordo, con le mani infilate fra le ginocchia per impedire loro di tamburellare, cincischiare o tremare. Fissò gli occhi sulla donna, non senza notare che Dominic si era sistemato discretamente sul bordo del tavolo alle sue spalle.
«Mi dica quello che sa», chiese Frank.
«Io non so niente», rispose l'anziana. «Ma ho sentito dire qualcosa».
«Qual è la differenza?».
Amber sorrise, ma la sua espressione era sfumata di malinconica tristezza. «La certezza».
Frank si bloccò, ma solo per un attimo. «Allora mi dica che cosa ha sentito, per favore».
Amber si mosse sulla sedia, aggiustando gli scialli che le coprivano le spalle. «Ho sentito dire», sottolineò il verbo, «che è possibile tornare indietro attraverso la terra perduta».
«Come?», sussurrò Frank.
«Ormai avrai capito come funziona questo posto. Non devi fare altro che trovare la porta».
«E dov'è?». La domanda sfuggì dalle labbra di Frank ancor prima che Amber finisse di parlare.
L'anziana donna, con un sorriso appena trattenuto, parve divertita dalla sua irruenza. «Una qualsiasi».
«Cosa?». La voce di Frank era acuta, impaziente. «Che intende dire?».
«Qualsiasi porta ti condurrà lì. Non dipende dalla porta; dipende da te».
«Non può essere vero». Frank scosse la testa, incredulo. «Se qualsiasi porta conducesse lì, chiunque ci proverebbe».
«No, non tutti», lo contraddisse gentilmente Amber.
«Certo che sì!», esplose Frank. Si stava arrabbiando perché gli sembrava tutto una gran perdita di tempo.
«No», ripeté Amber. «Perché quando la maggior parte della gente tenta di aprire quella porta - e hai ragione, ci provano in tanti - ogni volta che tentano di farlo, la porta si chiude a chiave automaticamente».
«È questo posto», mormorò Frank. «è come una prigione; non ti lascerà mai uscire».
Amber scosse la testa.
«So che la maggior parte della gente non vuole andar via», continuò Frank, «ma dovrebbe essergli consentito, se volessero farlo».
«Ti sbagli», disse Amber. «Non è il luogo. Sono le anime; si bloccano da sole».
«Come? Perché..?». Frank scivolò ancora più avanti sul bordo della sedia.
«Perché non vogliono davvero andar via. No, non è esatto. Vogliono andar via ma, più di questo, non vogliono morire. E, in fondo, sono consapevoli del fatto che attraversare di nuovo la terra perduta probabilmente li porterebbe alla morte, e questo pensiero li blocca. Perché sanno che, se saranno pazienti, rivedranno ancora i loro cari. È soltanto che non vogliono correre il rischio di tentare e fallire».
Frank udì l'avvertimento nelle sue parole. Ma ciò di cui Amber non si rendeva conto era che nemmeno l'attesa di un'eternità avrebbe portato Gerard da lui.
«Allora, come si fa ad aprire la porta?».
Amber aprì i palmi delle mani, come se la risposta fosse ovvia. «Devi voler tornare indietro più di quanto tu voglia sopravvivere».
Frank ci rifletté su. Lo voleva? Pensava di sì. E, da quanto aveva sentito, non gli sarebbe costato niente provare ad aprire la porta e scoprirlo. Ma anche se fosse riuscito a tornare nella terra perduta, poi cosa avrebbe fatto? Come avrebbe trovato Gerard in mezzo a tutte quelle sfere e anime? Dubitava che Amber potesse aiutarlo in proposito. C'era mai stata un'anima che aveva desiderato riunirsi al proprio traghettatore? E poi, quand'anche lo avesse trovato? A lui non importava se, insieme a Gerard, fosse tornato lì dov'era, oppure nel mondo reale. Nemmeno se fossero rimasti a vivere nella terra perduta. Rabbrividì al pensiero di affrontare di nuovo gli spettri, ma lo avrebbe fatto se questo avesse significato che sarebbe potuto stare insieme a Gerard.
Amber sospirò, strappando Frank ai propri pensieri. «Sono sempre i giovani a voler tornare indietro», mormorò. «Sempre».
«Lei non è mai stata tentata?», le chiese Frank, momentaneamente distratto.
La donna scosse la testa, mentre il dolore le incupiva gli occhi. «No, ragazzo. Ero vecchia, sapevo che non ci sarebbe voluto molto prima che mio marito mi raggiungesse».
«E dov'è? È qui?», le pose la domanda prima di rendersi conto di quanto fosse ineducato.
«No». La delicata voce sussurrante di Amber quasi scomparve. «No, non ha superato la terra perduta».
«Mi dispiace», sussurrò Frank con gli occhi bassi, imbarazzato.
Il viso di Amber si chiuse e le lacrime minacciarono i suoi occhi, ma poi lei parve irrigidirsi, raddrizzò la schiena e prese un respiro profondo.
«Suppongo che tu voglia sapere che cosa accade quando torni indietro», disse.
Frank alzò le spalle. Non era ansioso di tornare alla sua vecchia vita, più di quanto non lo fosse di tornare dov'era in quel momento. Sarebbe sembrato strano, però, se non si fosse mostrato interessato. Era indeciso se confessare ad Amber le sue vere intenzioni. Dirlo a lei non sarebbe stato come dirlo a Dominic.
«Ho sentito dire», ancora una volta Amber cercò di far capire a Frank il rischio che stava correndo, «...che se riesci a tornare al tuo corpo, puoi rientrarci dentro».
«Sarà ancora lì?». Frank fece una faccia inorridita, dimenticando, per un attimo, che non era quello il suo piano. «Sicuramente lo avranno portato via. Mia madre mi avrà fatto seppellire. Oh, mio Dio, non tornerei mica nella bara, vero? E se lei mi avesse fatto cremare..?». Panico e disgusto trasformarono le sue ultime parole in uno squittio.
«Frank, il tempo si è fermato. Per te, in ogni caso. Il tuo corpo sarà esattamente dov'era».
Il corvino annuì, accettando l'informazione. Nella sua mente stavano prendendo forma dei progetti. Riusciva a vedersi mentre attraversava a remi il lago, imboccava un sentiero nella valle. Pensò alla terra rosso sangue, al cielo ardente, ma neanche quelle immagini terrificanti riuscirono a farlo vacillare. Aveva intenzione di tentare, lo sapeva. In un modo o nell'altro avrebbe aperto quella porta e l'avrebbe varcata. Aveva intenzione di trovare Gerard. Si concesse un minuscolo sorriso. Alzando gli occhi, vide che Amber lo stava osservando attentamente.
«C'è qualcos'altro», disse la donna lentamente. «Qualcosa che non mi stai dicendo». I suoi occhi scrutarono il viso di Frank. Era imbarazzante, come se stesse tentando di guardargli dentro. Il corvino fece una smorfia, lottando contro l'impulso di voltarsi.
«Tu non vuoi tornare indietro», concluse. «Non fino in fondo. Che cosa stai cercando, Frank?».
Che senso aveva mentire? Frank si morse un labbro per un istante, poi decise di darle fiducia. Aveva preso la sua decisione in ogni caso, a prescindere da quello che Amber aveva da dire. Forse la donna sarebbe stata in grado di aiutarlo.
«Voglio trovare il mio traghettatore», disse con calma.
La donna mantenne un'espressione impassibile, soltanto una leggerissima increspatura delle labbra rivelò le sue emozioni, mentre analizzava a fondo le intenzioni di Frank.
«Questo è più difficile», disse, dopo un sofferto minuto.
Il cuore di Frank batté all'impazzata. «Ma non impossibile..?».
«Forse non impossibile».
«Che cosa devo fare?».
«Devi trovarlo».
Frank batté le palpebre due, tre volte, confuso. Questo non era difficile. Gerard stava accompagnando un'altra anima. Lui avrebbe semplicemente aspettato in una delle case sicure e - alla fine - lui sarebbe arrivato.
Poi ricordò. Ricordò se stesso, mentre osservava i contorni indistinti delle figure che spuntavano nella terra perduta rosso sangue. Ricordò le orde di spettri neri che lo seguivano come ombre. E le sfere. Le sfere luminose che illuminavano il sentiero, dando alle anime qualcosa da seguire, tenendole al sicuro. Sarebbe stato quello, per lui, Gerard? Nient'altro che una sfera? In quel caso, come avrebbe fatto a distinguerlo da migliaia di altri?
Lo riconoscerai, disse una voce in fondo alla sua mente. Ma soltanto una volta. Soltanto in tono sommesso. Perché il resto del suo cervello cosciente urlò con forza tutto il suo sdegno. Quello non era una specie di romantico film sdolcinato. Quella era vita vera. Se Gerard era una di quelle cose, se lui non poteva vederlo, né sentirlo, non sarebbe mai stato capace di riconoscerlo.
«Come lo trovo?», domandò. «Io li ho visti, gli altri traghettatori nella terra perduta. Non sono persone, sono soltanto...».
«Luce», terminò Amber. Frank annuì, era una descrizione buona come un'altra. «Ma», continuò la donna, «lui è ancora il tuo traghettatore. Anche se poi ha accompagnato altre anime. Anche se ne ha accompagnate mille. Se lo trovi, dovresti vederlo come hai sempre fatto».
Gli occhi di Frank si illuminarono. Allora c'era una possibilità. era possibile... udì un leggero colpo di tosse provenire da Dominic, dietro di lui, e si girò per sorridergli. Era arrivato a lui grazie a una semplice intuizione - quanto tempo ci sarebbe voluto se avesse cercato quelle risposte da solo? Quanti anni aveva impiegato, Amber, per capire a fondo come funzionava quel luogo?
«Come fa a sapere tutto questo?», le chiese Frank, mantenendo il suo sorriso raggiante.
L'anziana donna sospirò. «Te l'ho detto - ed è una cosa che devi ricordare, Frank - io non lo so.. Davvero. Stai per correre un rischio enorme». I suoi dubbi non riuscivano a smontare l'improvviso entusiasmo di Frank, sebbene la donna stesse tentando di farlo in tutti i modi. «Anche se lo trovi - il tuo traghettatore - per quanto tempo pensi che riuscireste a battere i demoni?».
«Staremo nelle case sicure», disse Frank. «Loro non possono entrare».
«Ne sei certo? Stai cambiando le regole del gioco, Frank. Come fai a sapere che le case sicure saranno ancora lì e funzioneranno ancora, per te? E che cosa mi dici del tuo traghettatore e dei suoi doveri verso le altre anime?».
Frank si accigliò, spiazzato dalle parole di Amber. «Beh, allora non resteremo nella terra perduta», affermò, ma la sua voce aveva perso un po' di sicurezza.
Amber rise, ma aveva un'espressione compassionevole. «E dove andrete?».
«Lui può venire con me?». Fu un timido sussurro. Il cuore di Frank, prima impazzito, si fermò battendo un ritmo irregolare, per quanto le risposte l'avevano angosciato.
«Dove?».
«Qui. Là. Ovunque. Non importa».
«Lui non appartiene a questo luogo».
«Nemmeno io», ribatté Frank. Tentò di ignorare la compassione nel sorriso di Amber.
«Ma non appartiene neanche a te. Lui non è umano, Frank. Non prova i nostri sentimenti, non sanguina».
«Sanguina eccome», disse il corvino, sottovoce. Voleva dire ad Amber che anche Gerard poteva provare dei sentimenti, che anche lui l'amava, ma sapeva che l'anziana donna non le avrebbe creduto. Non voleva essere costretta a difendere le parole di Gerard, quando non sapeva fino a che punto ci credesse lui.
«Cosa?», domandò Amber. E per la prima volta mostrò un'incertezza.
«Lui sanguina», ripeté Frank. «Quando... quando i demoni lo hanno preso, quando lo hanno trascinato sottoterra, lo hanno ferito. Però lui è tornato da me. Ed era coperto di lividi e graffi».
«Non ho mai sentito una cosa del genere», disse la donna, lentamente. Guardò Dominic, che torreggiava alle spalle di Frank, e anche lui scosse la testa.
«L'ho visto io», insistette il corvino. Si chinò in avanti e fissò Amber. «Lui può venire con me? Se non lì, allora dall'altra parte? Nell'altro mondo?».
L'anima anziana si dondolò sulla sedia mentre rifletteva. Alla fine scosse la testa. Frank sentì lo stomaco gelarsi.
«Non lo so», disse. «Forse. Questo è il massimo che posso dirti. È un rischio». Guardò Frank, con durezza. «Ne vale la pena?».

Gerard sedeva immobile sulla sedia traballante nella casa sicura, mentre osservava la donna che dormiva. Sebbene fosse già più che adulta - aveva festeggiato il suo trentaseiesimo compleanno solo un mese prima -, raggomitolata sul lettino a una piazza appariva molto giovane. I lunghi capelli castani le scendevano come serpenti intorno alle spalle, mentre le corte ciocche della frangetta le solleticavano le sopracciglia. Sotto il pallore rosato delle palpebre, riusciva a vedere i suoi occhi saettare da una parte all'altra, immersi nelle immagini dei sogni. Nel cervello sovraccarico di Gerard non c'era spazio per chiedersi che cosa vedesse; era semplicemente felice che i suoi occhi fossero chiusi. Quando erano aperti, quando lo guardavano, avevano esattamente la sfumatura giusta e la sfumatura sbagliata di sabbia, e lui non tollerava di guardarli a sua volta.
Sospirò e si alzò dalla sedia, si stiracchiò e poi andò alla finestra. Fuori era buio, ma non era un problema, per lui. Era facile individuare le forme vorticanti, ombre su altre ombre, che avvolgevano in spire il minuscolo edificio, annusando, assaporando. Aspettando. Erano frustrate. Avevano percepito appena un sentore dell'anima che stava accompagnando. Sia quel giorno, che il giorno prima, che quello prima ancora. In effetti, quello si stava rivelando il viaggio più facile che avesse mai compiuto da molto, molto tempo. Sorrise tristemente fra sé e sé, mentre pensava a quanto Frank avrebbe preferito le strade piane di quello squallido sfacelo urbano. Lui non sarebbe stato turbato dagli alti palazzi abbandonati che, invece, facevano allungare il collo alla donna ogni tre secondi.
Pensava sempre a lei in quei termini: "la donna". Non voleva pensare al suo nome. Lei era un lavoro; non una persona, anche se era gentile e giocosa. La sua solarità riempiva l'aria di calore e manteneva il cielo di un azzurro brillante. Era anche docile, ascoltava affascinata le bugie che lui le propinava senza fare domande. Ogni sera avevano raggiunto la casa sicura con parecchio anticipo. Era una fortuna, perché la mente di Gerard era del tutto fuori gioco.
Vuoto. Soltanto questo riusciva ad affrontare. Vuoto e assenza di emozioni. Di pensieri. Se si fosse concentrato, avrebbe provato dispiacere per la donna. Sembrava una bella persona; era divertente, educata, timida. Quello che le era accaduto meritava la sua compassione, ma a lui non ne restava più.
Un rumore alle sue spalle gli fece voltare di scatto la testa. Era soltanto la donna, che tossiva piano mentre si spostava sul materasso. Gerard la osservò attentamente per un momento, ma lei non si svegliò. Bene. Non credeva di poter sostenere una conversazione.
Scrutare la notte non era una distrazione sufficiente. Dopo aver silenziosamente tamburellato con le dita sul davanzale per un lungo istante, Gerard si voltò e riprese a fare la guardia sulla scomoda sedia di legno. Calcolò che mancava un'ora, forse due, prima che sorgesse il sole. Se tutto fosse andato bene, la donna avrebbe dormito fino ad allora.
Significava un bel lasso di tempo da trascorrere. Era rimasto seduto lì, da solo, per sei ore ed era riuscito a non pensare a Frank. Si concesse un sorriso caustico. Quello sì che era un record. Era anche il limite che poteva sopportare. Chiudendo gli occhi, passò al setaccio i ricordi finché non trovò quello che stava cercando. Occhi della stessa sfumatura di sabbia dell'anima che stava dormendo profondamente accanto a lui, ma un viso diverso. Il sorriso di Getard si allargò mentre lui si lasciava andare il più vicino possibile al sogno.

Eᴛᴇʀɴᴀʟ LᴏᴠᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora