Capitolo 3

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Sto aspettando Andrea. Sono già pronta anche se arriverà solo tra mezz'ora, ma io sono sempre in anticipo. Cammino avanti e indietro davanti al cancello cercando di rimanere dritta. La schiena mi fa ancora male ma ho preso un antidolorifico e dovrebbe fare effetto per quando sarò là.

I miei ovviamente si sono arrabbiati che esca, certo, secondo loro dovrei stare due mesi immobile nel letto buttando nell'immondizia la mia vita sociale, ma non lo farò. Hanno già rovinato troppe cose, non mi toglieranno gli ultimi due amici che mi sono rimasti.

Il cellulare vibra. E' lui.

«Ehi faccio una doccia veloce e arrivo»

Bene. Mi sono stancata di aspettare qui fuori, intanto mi siedo che a stare in piedi non ce la faccio più.

Andrea.. E' l'unico ragazzo che riesco a far avvicinare. L'unico essere vivente di sesso maschile che anche se mi sta a trenta centimetri di distanza non mi agito. Anche per questo voglio riallacciare i rapporti.

Non mi è più successo di sentirmi tranquilla con un maschio dopo quello che mi è successo un anno e mezzo fa. Chiunque mi si avvicini mi sento male. Anche se un amico di Sara si avvicina per salutarla, anche se non mi calcola minimamente, inizio a sentirmi a disagio. Il peggio è quando sono in giro con lei e dei ragazzi vengono a presentarsi. Sono abbastanza educata da salutarli, stringergli la mano e rispondere alle loro domande ma purché se ne vadano presto e non mi si avvicinino. Perchè se si avvicinano inizia a venirmi il panico e mi manca il respiro. Sto male fisicamente. Non voglio ragazzi vicino, in alcun modo e nemmeno che mi parlino, per alcuna ragione.

Con Andrea è diverso, forse perché lui non è molto espansivo, né affettuoso, al massimo mi sfiora per darmi una spinta scherzosa, o forse semplicemente perché lo conosco e non lo ritengo una minaccia. Fatto sta che lui non mi fa scattare il panico quindi teniamocelo vicino che non so se mai riuscirò a superare questa paura.

Eccolo. Salgo in macchina. Non lo vedo da qualche mese ma è sempre uguale, capelli spettinati, maglietta nera, jeans stappati e scarpe da ginnastica rovinate. Mi chiede un po' dell'intervento, della convalescenza, del resto in generale. Arriviamo al Mc, è quasi vuoto.

«Mi fai vedere la cicatrice?» mi dice prima di entrare.

«Fa un po' senso però» lo avverto.

Tiro su la maglia e scopro la lunga cicatrice nella parte bassa della schiena. Gli chiedo di non toccarla perché mi fa male. Non rimane schifato, a me invece disgusta. Mi ricopro in fretta ed entriamo.

Passiamo il resto della serata a chiacchierare del più e del meno, più che altro lui fa battute e dice cose divertenti che sa che mi fanno ridere. Quando stiamo tornando alla macchina mi fa:

«Beh comunque ti vedo meglio, ora cammini dritta»

«Certo, dopo aver rimosso l'ernia che mi premeva sulla sciatica non c'è niente che mi costringa a stare storta, anche se però ancora mi fa male» rispondo.

«Ma si dai, tra poco passerà anche il dolore.. Oh sabato c'è la festa in paese, tu vieni?» mi chiede.

Le feste di paese le odio, ci sono due bancarelle di numero non c'e' niente da fare ed è pieno di gente, la sera, che si ubriaca e basta. Per questo le evito. Ma ora che me lo ha chiesto penso di andarci. Gli dico che chiederò a Sara se ha voglia di farci un salto.

Arrivata a casa le mando subito un sms e mi risponde che va bene. Riniziare ad uscire e svagarmi non può che farmi bene.

Vicino a te non ho pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora