Capitolo 8

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I soci e gli associati erano stati tutti convocati nella sala riunione per il consueto aggiornamento mensile. In quella stanza si stava soffocando, ma a Clarke non interessava più di tanto. Stava mordicchiando nervosamente una penna, mentre non riusciva a smettere di fissare Lexa, la quale stava seguendo come gli altri il discorso del capo. La sua attenzione venne meno quando, sentendosi osservata, si girò proprio verso la bionda. I suoi occhi verdi puntarono dritti in quelli azzurri di Clarke che, colta sul fatto, smise subito di mordicchiare la penna, ma con lo sguardo non mollò la presa continuò a fissarla, stringendo gli occhi in due fessure quando Lexa si alzò un sopracciglio. I loro sguardi intensi rimasero incatenati per alcuni istanti, quasi si stessero sfidando ad un duello.

"Ok, io direi di fare una pausa", concluse il capo prima di alzarsi e lasciare la stanza.

Gli avvocati presenti si dispersero in fretta suddividendosi tra sala relax e toilette. Clarke invece decise di rintanarsi nel proprio ufficio, sapendo benissimo che Lexa l'avrebbe seguita. Infatti, non riuscì nemmeno a raggiungere la scrivania quando vide l'altra entrare e chiudersi la porta alle spalle.

"Si può sapere cosa ti prende?", le chiese la bruna.

"E da una settimana a questa parte che il tuo comportamento è strano? C'è qualcosa che non va? C'è forse qualcosa di cui vuoi parlare?", aggiunse poi.

"Mi spieghi cosa succede?", le domandò Clarke puntando il suo sguardo dritto in quello dell'altra.

"Mi sono persa. Di cosa stai parlando?", replicò Lexa accigliata.

"Solo qualche giorno fa sembravo vitale per Madi e la sua serenità e adesso quasi mi eviti, vorrei capire il perché?", le domandò mettendosi a braccia conserte.

"Clarke non ti sto evitando, sono solo stati giorni frenetici qui in ufficio, dovresti saperlo meglio di me. Giusto per chiarire, la mia richiesta di aiuto non voleva impegnarti H24, 7 giorni su 7, l'hai detto tu che vuoi i tuoi spazi".

"Mi ricordo perfettamente quello che ho detto e non mi riferivo di certo a quello... solo che almeno potresti dirmi come sta".

"Madi sta bene".

"E... ha domandato di me?".

"Sì, due o tre volte".

"Lexa, che cosa le hai detto?".

La mora sospirò, nonostante fosse un avvocato non aveva mai amato gli interrogatori e quello di Clarke la stava mettendo a dura prova.

"Che cosa avrei dovuto dirle? La verità... che dal lunedì al venerdì lavori e non hai tempo per passare a salutare".

"In questo modo sono io che passo da stronza, wow, ti faccio i miei complimenti, brava!", si alterò la bionda.

"Non dire cavolate Clarke. Madi non è stupida, ha capito benissimo. Poi ho già rimediato...".

"E come?".

"Le ho promesso che ti avrei chiesto di cenare con noi sabato sera e lei ne era entusiasta".

"Sempre meglio... e se ti dicessi che sabato ho già un altro impegno mi rifileresti di nuovo la colpa?".

"No, ma che dici?! Le direi semplicemente che ho scordato di chiedertelo".

"Dio, sei proprio una stronza!", esclamò Clarke con stizza.

"Possibile che non vada mai bene quello che faccio?", le chiese perdendo la pazienza.

"No, non va bene Lexa! Prima di parlare o promettere le cose, prova a pensare alle conseguenze. Se io non dovessi venire sabato, Madi ci rimerebbe sicuramente male ed io mi sentirei in colpa".

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