Prologo

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NOTE AUTRICE

Ciao a tutt*.
Sono riuscita a sorprendervi? Diciamo che questo è solo un esperimento, vediamo come va. Non illudetevi troppo!
Tempo fa ho letto una storia, non era un fanfiction, era vera vissuta,  mi è piaciuta talmente tanto, che ho deciso di prendere qualche spunto e  creare una nuova avventure per le Clexa. Ultimamente ho bisogno di  variare argomenti e storie, per spaziare in più campi.  Addirittura mentre porto avanti questa e The Bodyguard, mi è venuta in  mente un'altra idea che per il momento mi sono annotata.
Per il resto non vi preoccupate, TB ha la precedenza su questa non lascio i lavori a metà, ormai mi dovreste conoscere.
Beh, credo di avervi rotto le scatole a sufficienza, in attesa di  sapere la vostra opinione al riguardo vi auguro buona lettura e buone  ferie.
Un grande abbraccio
Lory


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Erano circa sei mesi che si alzava da  quel letto – ormai freddo, vuoto e desolato – e ripeteva sempre le  stesse azioni, quasi fosse un automa. Si lavava, si vestiva e si  prendeva un caffè per colazione guardando fuori dalle vetrate del suo  super attico, un splendida vista della skyline, sul fiume Hudson.  All'orizzonte si poteva scorgere l'imponente Statua della Libertà ed  Ellis Island.

Sorseggiava la sua bevanda calda  perdendosi ad osservare il traffico del porto di New York già a pieno  regime. Era diventato quasi un rituale, guardare gli elicotteri prendere  il volo e atterrare nell'eliporto, per i consueti giri turistici, i  traghetti darsi il cambio sul fiume e gli yatch privati navigare su  quelle acque che dividevano New York dal New Jersey, passando sotto il  maestoso ponte di Brooklyn.

Era li, ferma, come tutte le mattine,  persa nei suoi pensieri. Come sempre aveva lanciato uno sguardo alla sua  sinistra ma, come sempre, trovò il posto vuoto. Lei se n'era andata,  per sempre e non sarebbe più tornata. Le aveva lasciato un vuoto  incolmabile dentro che, unito al senso di colpa, ai rimorsi, ai  rimpianti e a quella costante sensazione di non essere adeguata, le  aveva strappato la gioia di vivere. Nemmeno Madison, sua figlia di soli  tre anni, era riuscita a ridarle quella luce negli occhi. Per certi  versi, anche Lexa era morta quel giorno, ora si limitava a sopravvivere.  Il peso delle sue scelte era diventato troppo opprimente da sopportare e  continuava a punire se stessa, giorno dopo giorno. Solo così riusciva a  tirare avanti.

Sentì dei rumori provenire dalla zona  notte. Dei piccoli passetti stavano pestando in modo frenetico il  parquet, seguiti da altri più morigerati e calmi. Vide sbucare la chioma  di Madi che, come il suo solito, scappava correndo dalla tata perché  non voleva vestirsi. Quel piccolo terremoto era un disastro la mattina.  Era sempre la stessa storia, si divertiva a far impazzire la governante  solo perché voleva farsi rincorrere. Madi fece il giro della tavola un  paio di volte ubriacando la povera Indra e corse nella direzione di sua  madre che, scuotendo il capo, l'afferro per il pigiamino, dando modo  alla tata di agguantarla e prenderla in braccio.

"Chiedo scusa signora", si affrettò a dire Indra.

"Mamma!", esclamò la piccola arricciando le labbra in uno splendido sorriso.

Lexa fissò sua figlia per un attimo,  incapace di mostrare la più piccola emozione, ma non ne aveva più, si  sentiva talmente vuota che anche il dolore era diventato apatia.

"Non fa niente...", mormorò atona rivolgendosi alla tata, prima di riporre la tazza sul tavolo.

Afferrò la giacca del tailleur e la  indosso, prese le chiavi e le infilò in borsa, afferrò la ventiquattrore  e si diresse verso la porta d'ingresso. Si girò appena a salutare  quando la sua mano sfiorò la maniglia.

"Ci vediamo stasera... Madi, fai la  brava", si sforzò di dire con tono piatto, sotto lo sguardo di sua  figlia e della tata che la guardarono uscire.

Trust me... AgainDove le storie prendono vita. Scoprilo ora