𝟭𝟭|| Cold day.

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12 Settembre 2011.

PARLA NATE:
Erano le 7:00 del mattino e come sempre ero in ritardo per frequentare l' ultimo anno del liceo linguistico, poichè l' anno prima fui bocciato a causa di problemi personali e quindi decisi di abbandonare letteralmente la voglia di studiare, e la maggior parte dei giorni ero assente a scuola.

Determinate cose mi avevano portato a chiudermi in me stesso, per un breve periodo lasciai anche la squadra di basket, pur di non avere impegni, e poter stare tutto il pomeriggio per le strade affollate di Manchester, senza dover far nulla, se non in cerca di qualche bella ragazza.

Quell' ultimo anno però, mi ero ripromesso di studiare e prendere il diploma, poiché avevo deluso già abbastanza la mia mamma, che però non aveva mai smesso di credere in me, nonostante i miei fallimenti scolastici e sportivi. Un pensiero però che non era per niente d'accordo con quello della mamma, era quello di mio padre: classico uomo che vuole solo che i figli portino avanti l'azienda di famiglia, senza altre scelte, ma purtroppo i miei modi di fare, non aiutarono mio padre a mostrare fiducia nei miei confronti, bensí a non esserci proprio.

Iniziai a correre per casa per la fretta nella mia stanza: presi il primo jeans che vidi sul pavimento, lo infilai insieme alle scarpe e alla maglia presa a caso sul letto, ma che prima mi assicurai che non odorasse di sudore, o che non fosse sporca.

Preparai in poco tempo lo zaino con qualche quaderno e qualche penna presa a caso sulla scrivania, staccai il telefono da caricare e corsi giù in cucina dove era radunata la mia famiglia per la colazione, che puntualmente io non facevo mai.

Prima di correre verso la fermata addentai un biscotto, e mi catapultai fuori casa in ritardo come sempre, urlando:
<<Ciao ma, ciao pa, ci vediamo dopo.>>
Mia mamma: <<Ciao tesoro buona giornata>>,
mentre mio padre si limitò a salutarmi con un cenno di mano, poiché era molto impegnato a leggere il suo giornale mentre sorseggiava la sua tazza di caffè.

Mia sorella invece come tutte le mattine, mi venne vicino e mi diede un bacio sulla guancia, ma prima che io andassi via, voleva sempre che le aggiustassi il fiocchetto del grembiulino della scuola.
Mentre andai via, la vidi affacciata alla finestra sventolando la mano come segno di saluto.

Mia sorella si chiamava Sarah, aveva 7 anni e frequentava le elementari, ed io ero innamoratissimo di lei, e con il tempo avevo adottato un senso di protezione nei suoi confronti, dopo i vari atti di bullismo nei suoi confronti a soli sette anni.

Sarah non aveva mai avuto un momento per giocare con i suoi compagni di classe, poiché tendevano a bullizzarla, furono tutte parole fin quando un giorno tornò a casa con un livido in pieno volto.

Si poteva vedere l' ingenuità e la paura di mia sorella appena disse di essere caduta da sola mentre giocava, ma io e la mamma decidemmo di andare a scuola a parlare con le maestre, e loro dissero semplicemente che fosse caduta sola.

Non potevamo contestare la cosa, vista la mancanza di prove, ma quando eravamo intenti a tornare a casa, incontrammo per il corridoio della scuola un bambino, che ci disse che alcune femminucce l'avevano picchiata poiché aveva ricevuto delle caramelle dalla maestra, per aver saputo svolgere i compiti di matematica.

Io e la mamma ci arrabbiammo molto, tornammo indietro verso la presidenza insieme al bambino, e quando venne a sapere la vera versione dei fatti, era molto imbarazzata, ma cercava comunque di sviare il problema, giustificandosi che i bambini tendono sempre a raccontare molte storielle irreali, e quindi dato il comportamento assolutamente scorretto e poco professionale della dirigente, io e la mamma come decisione finale, decidemmo di cambiarle scuola, accertandoci in primo luogo della serietà lavorativa della preside, e delle modalità d'istruzone dei bambini.

𝘾𝙡𝙤𝙨𝙚 𝙮𝙤𝙪𝙧 𝙚𝙮𝙚𝙨.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora