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POV'S Karper

Stringo a me la giacca di Gevon che è grande due volte me. Odoro di lui, mescolato al sangue che continua a fuoriuscire dal mio braccio.

"Non vorrei sembrare una rompipalle, ma io sto sanguinando. Potresti accelerare un po'?" dico, guardandolo.

"Ops, scusami. Mi sono dimenticato di te," risponde lui fissandomi dallo specchietto retrovisore, aumentando la velocità. "Di solito preferisco andare a una velocità minima per non dare nell'occhio. L'ho imparato in un gioco, The Game Living Store."

Lo fisso sbalordita. "Lo so che ho 28 anni e sono vecchio per quei giochi," dice, e non so se sia più sorpresa dal fatto che abbia 28 anni o che giochi agli stessi giochi di cui era ossessionato Harry.

Decido di tenerlo per me, nonostante sembri un tipo apposto, un po' strano ma apposto.

Arriviamo a destinazione un minuto dopo. Si tratta di una clinica ospedaliera.

Lui mi aiuta a scendere dalla macchina, prendendomi sotto braccio. "Posso farcela anche da sola."

"Disse la ragazza che due minuti fa piangeva pregandomi di sbrigarmi." Entrambi ci avviciniamo all'entrata, e lui mi fa segno di seguirlo nel lato opposto di quello che sembrava una sala d'attesa.

Proseguiamo verso un'area riservata, e girando un paio di volte a destra e sinistra, ci fermiamo davanti a una porta. Lui educatamente bussa e una voce maschile, abbastanza anziana, ci dà il permesso di entrare. All'interno della stanza, vediamo un uomo minuto intento a battere sulla macchina da scrivere, cosa che mi sorprende, considerando che nessuno la utilizzi più da anni

"Mi manda Gevon Martines, abbiamo bisogno di cure mediche," dice il ragazzo con i capelli boccoli

"Da chi inizio, Riki?" chiede il dottore alzandosi. "Lei," aggiunge, indicandomi con un cenno del capo.

Lui mi fa sedere sul lettino, e mentre mi concentro su qualsiasi cosa che non sia il mio braccio, qualcuno bussa alla porta. Entra una giovane ragazza, chiedendo al dottore se gli servisse aiuto

il dottore gli consiglia di occuparsi del ragazzo che la segue piacevolmente nel altra stanza poi si avvicina a me attaccandomi una flebo. Si siede al suo posto, fissando il nulla. Poi, come prevedibile, due uomini entrano dalla porta, avvicinandosi bruscamente. Uno di loro mi afferra dal collo.

Il dottore si alza e se ne va senza dire una parola, lasciandomi alla mia fine. Fortunatamente, l'altro uomo allontana il primo, porgendomi la mano sorridendo. Mi sembra familiare, e poi capisco che è lo stesso uomo che mi ha puntato la pistola meno di tre ore fa.

"Chi sei?" gli chiedo, abbassando la guardia. "Sono Artyom," risponde, "credi che dicendomi il tuo nome io sappia chi tu sia?"

"Neanche io so chi tu sia, e nemmeno so  il tuo nome. Ma sono sicuro che abbiamo un nemico in comune: Gevon Martines."

"Cosa ti fa credere che io lo odi?" domando.

"Ti ho vista alla festa, Caterina. So che hai bisogno di aiuto."

"Cosa ti fa credere? che io abbia bisogno proprio del tuo aiuto" chiedo scettica.

"Guarda come sei," risponde, ridendo. "Mi prendi in giro?" l'altro uomo inizia ad avvicinarsi, ma Artyom lo ferma.

"mi prendi per il culo?

"Perché dovrei?" prosegue.

"Tu mi hai ridotto così sparandomi," replico, cercando di capire le sue intenzioni.

"Era l'unico modo per parlarti senza farci sentire da nessuno."

"Ma se un uomo di Gevon si trova dietro questo muro..."

AMORE MAFIOSO Pallottole di doloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora