Parte Prima

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Al mio Si bemolle.

Ci troveremo.

I

L'aria umida della notte mi accarezzava il viso leggermente sudato mentre le fioche luci bianche e tremolanti dei lampioni persistevano inarrendevoli ad illuminare uno dei posti più belli - e pericolosi almeno per quella notte - di Manhattan. Riuscivo a sentire le sirene di alcune volanti della polizia che sfrecciavano a tutta velocità sulla strada, pronte a verificare una soffiata anonima, e gli usignoli sugli alberi di pino che come ogni notte cominciavano a cinguettare proprio mentre tutti gli altri andavano a dormire come se dessero il cambio turno ai loro colleghi.

Steso a terra, percepivo il freddo delle mattonelle di ceramica a contatto con la mia schiena facendomi provare un brivido lungo tutto il corpo e sentivo il cuore sussultare ad ogni rumore ovattato che somigliava a delle grida, che significava pericolo e minaccia imminente. Con un ritmo preciso e misurato ascoltavo il sangue che pulsava forte nelle orecchie e nelle punte delle dita delle mani girate con i palmi all'insù. Forse era così forte la voglia di lasciarmi tutto alle spalle, distrarmi e far finta di non essere lì, o forse lo feci inconsciamente, ma le pulsazioni che scandivano il tempo mi riportarono con la mente a quando non avrei mai potuto immaginare quello che sarebbe successo, il momento che segnò l'inizio della fine.

Sarebbe sciocco ingannare me stesso e fingere di non ricordare la data del giorno che cambiò le cose. Al contrario delle giornate che passano veloci e fugaci e scivolano sotto la stretta delle persone, alcune date restano fisse, immobili e immutabili: così per me, ho motivo di credere, il 20 Maggio non sarà più un giorno qualsiasi.

Come era già successo innumerevoli altre volte, mi svegliai di soprassalto tornando alla realtà dopo aver fatto per l'ennesima volta il sogno che mi perseguitava ormai da tempo: fuggivo nel buio pesto di una strada dritta e interminabile fino a quando stanco e sfinito mi accasciavo per terra. Poi, ogni volta, una melodia dolce mi ridava speranza e fiducioso iniziavo a rincorrerla fino a quando mi svegliavo, puntualmente di soprassalto, e come se avessi corso davvero, con la maglietta sudata e delle sfumature di grigio scuro sulla schiena. Me ne sbarazzai e feci una doccia. Controllai il telefono: erano le 08:17 e Cam mi aveva mandato un messaggio appena dieci minuti prima.

"Vediamoci davanti il Dunkin Donuts sulla 1st Avenue tra mezz'ora. Devo parlarti."

Non sentivo Cam da quasi un mese, quando un coyote mannaro, un omega (cioè senza branco) di passaggio a New York aveva deciso di fare uno spuntino in un fast food nel Lower East Side con l'unica complicazione che lo spuntino aveva finito per essere il ragazzo che ci lavorava. Cam era stata da poco promossa a detective della omicidi e alcuni dei casi che aveva risolto e le avevano fatto avere la promozione erano di natura soprannaturale. L'avevo aiutata per due motivi: primo, perché spesso era molto difficile tenere la polizia lontana e molto più semplice invece era avere qualcuno di loro dalla mia parte che sapeva la verità e copriva quello che c'era da coprire. Secondo, potevo fidarmi. Era l'umana più in gamba che avessi conosciuto (fino a quel momento).

Il motivo che la spingeva a vedermi non poteva che riguardare qualcosa del mio mondo, un omicidio troppo brutale persino per un umano o qualcosa di simile, nulla che potesse spaventarmi.

Dalla finestra del mio appartamento potevo vedere il flusso costante di gente indaffarata che correva da una parte all'altra: in ritardo per il lavoro con la ventiquattrore che schizzava nel vento, in ritardo per accompagnare i bambini a scuola tirandoli per una mano tra la folla e chi forse un motivo per andare di fretta non ce l'aveva neanche, ma la frenesia della città, è risaputo, è contagiosa. Tutto era reso meno meccanico e cupo dal sole primaverile che illuminava di sguincio i palazzi e riscaldava la giornata.

What Was Left BehindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora