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Suo padre gli fece fare una risonanza magnetica e delle analisi. Dopo diversi giorni gli fece la prima iniezione. Gli chiese se fosse sicuro, se ce ne fosse davvero bisogno. Lui rispose che era necessario. Il suo sguardo non era più come un tempo ma languido e severo. Le iniezioni gli procuravano forti dolori alla testa, spesso si sentiva svenire e doveva sedersi prima di crollare sul pavimento. Sopportò, credendo di farlo per il suo bene e per il volere di suo padre.

Ogni giorno la dose aumentava. Quando fece la seconda risonanza suo padre sbatté il pugno sul tavolo in un gesto di frustrazione. Rasmus chiese se c'era qualche problema, lui rispose che avrebbe risolto la situazione. A differenza dei suoi anni di vita precedenti iniziò a mostrare dei sintomi che lo turbavano: forti emicranie, difficoltà di concentrazione, difficoltà a ricordare le cose più semplici. Eppure le iniezioni continuarono. Giorno dopo giorno. Periodicamente suo padre gli prelevava un campione di sangue e lo analizzava.

Quando fu di nuovo inverno decise che non ne poteva più.

«Mi stai facendo solo del male» trovò il coraggio di dire. Lui rispose che non aveva scelta, che non poteva perderlo come aveva perso sua madre. Cercò di immaginare il suo dolore. Sopportò ancora.

Poi, un giorno, decise che non si sarebbe sottoposto alla "cura". Suo padre assunse un'espressione che non aveva mai visto. Lo colpì in pieno volto con la mano aperta trasformandosi nell'uomo che aveva promesso a se stesso di non diventare.

Rasmus cercò di diventare un estraneo all'interno del suo corpo per non sentire tutto quel dolore. Si chiedeva se si fosse meritato quello che gli stava accadendo, si sforzava di ricordare il sorriso di sua madre per paura di dimenticarlo.

Non riuscì a perdonare suo padre per tutta la sofferenza che gli stava facendo provare. Ai sintomi vecchi si aggiunsero i lividi, i segni sui polsi delle cinture che lui usava per farlo stare fermo. Non sarebbe riuscito a sopportarlo ancora a lungo. Sentì il tormento e l'angoscia mischiati alla rabbia crescere dentro di lui giorno dopo giorno e attecchire a quello che rimaneva del suo corpo quasi fino ad avere spirito proprio.

Iniziò a provare sensazioni così cupe che non riconosceva essere sue. Quando una mattina si soffermò a guardare il suo riflesso nello specchio faticò a riconoscersi.

Nel giorno del suo quattordicesimo compleanno nevicò per tutta la notte. Decise che non avrebbe più sopportato gli abusi di suo padre e quando lui tentò di strattonarlo rispose spingendolo. Cominciarono a battersi. Incassò dei pugni nello stomaco e uno sull'occhio sinistro ma ne diede molti di più. Prima di rendersene conto si ritrovò sopra suo padre, che non riusciva più ad opporre resistenza, eppure fermare la scarica di pugni gli sembrò la cosa più difficile che avesse mai fatto. Urlò a pieni polmoni tutto il dolore che aveva accumulato. Rallentò solo quando vide le vene sulle sue braccia tingersi di nero dall'interno e risalire per tutto il petto fino al collo. Chiese a suo padre cosa gli stesse succedendo ma lui non era più cosciente. Di colpo una fitta lo costrinse ad inarcare la schiena, poggiato con le ginocchia sul pavimento, e gridò a pieni polmoni mentre un fascio di fumo nero usciva dalla sua gola. Il fumo si materializzò davanti a lui in un essere infernale dalla pelle spessa e gli occhi rossi e piccoli.

Terrorizzato, immobile, non riusciva a muoversi. Il mostro lo guardò perplesso, poi notò il corpo di suo padre steso a terra. Si avvicinò con uno scatto, pronto a finirlo, ma Rasmus gli gridò di lasciarlo stare e lui si allontanò subito. Capì in quel momento che lui avrebbe obbedito a tutto quello che gli avrebbe detto. Così gli gridò di andare via e dopo un verso di lamento il mostro se ne andò facendo perdere le sue tracce nella neve. 

What Was Left BehindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora