Già dal primo giorno di ricovero mia sorella Aggie (di cui ho menzionato precedentemente la capacità di far previsioni molto spesso azzeccate) mi disse: "Non uscirai più secondo me...Cioè, uscirai dopo il parto, figurati se ti dimettono prima". E io: "ma va è troppo presto, una volta arginato il problema tornerò a casa".
Ebbene, ovviamente aveva ragione lei.
E devo dire che in fondo apprezzo molto questo suo modo di dirmi quello che pensa in modo schietto.
Trascorsi in ospedale 5 settimane, in cui potevo alzarmi dal letto solo per andare in bagno o raggiungere il tavolino della mia stanza per mangiare.
Le giornate però non mi sembrarono troppo lunghe poiché ben scandite dai ritmi dell'ospedale e dalle visite di parenti ed amici. Devo dire che ero fortunata perché ogni giorno qualcuno passava a trovarmi. Inoltre controllavo spesso (commento a posteriori: "anche troppo") il cellulare aziendale e cercavo di aiutare il più possibile sul lavoro, sentendomi un po' in colpa per aver lasciato tutto così all'improvviso. Parlavo poi con la compagna di stanza di turno (ne cambiai diverse durante la mia lunga permanenza, con un paio siamo rimaste in contatto e con una in particolare ho stretto amicizia e quando possibile ci vediamo).
Di tanto in tanto Fra mi portava con la sedia a rotelle a fare un giro lungo i corridoi, per uscire un pochino dalla stanza e vedere qualcosa di diverso. Ci fermavamo davanti alla vetrata del nido a guardare i neonati immaginando quando sarebbero arrivate le nostre. Mi chiedevo come avrei fatto a tenerle in braccio entrambe se piangevano, o ad allattarle insieme, immaginando però che, quando sarebbe arrivato il momento, con qualche aiuto, sarei riuscita.
Durante le settimane di ricovero, due o tre volte al giorno veniva effettuato il monitoraggio per controllare il cuore delle piccole. Ricordo che spesso le infermiere per riuscire a trovare i punti in cui il battito si rilevava bene dovevano schiacciare un po' la pancia con il sensore e una sera Noemi diede prova del suo bel caratterino sferrando un pugno deciso in direzione del punto in cui l'infermiera stava premendo e questo fece ridere sia lei che me. Una grande vitalità, non c'era dubbio!
Circa due volte a settimana mi veniva fatta un'ecografia. Spesso si trattava di un controllo dei flussi, ovvero una verifica che alle bimbe continuassero ad arrivare ossigeno e nutrimento in modo adeguato. Meno frequentemente veniva l eseguita anche l'ecografia dell'accrescimento e, fortunatamente, le bimbe stavano prendendo peso, se pur poco. Io, invece, ingrassavo parecchio, spronata da tutti coloro che sostenevano non mangiassi abbastanza prima del ricovero.
Dopo qualche ecografia in cui la situazione sembrava positiva i medici si domandarono e mi chiesero se ci fossero le condizioni per farmi tornare a casa. Vollero sapere dove abitassi e se fosse possibile per me stare a riposo a casa esattamente come in ospedale. Infine, però, immagino che non vollero correre il rischio di dimettermi, non abitando vicino all'ospedale e dovendo comunque tornare lì spesso per i controlli.
Da più di un mese entrambe le piccole erano in posizione cefalica, sembravano starci bene, come se fossero pronte ad uscire al primo segnale favorevole. Non avevano più nemmeno molto spazio per muoversi a loro piacimento ormai. Qualche medico aveva ventilato l'ipotesi di un possibile parto pilotato / indotto (anziché il cesareo), da valutare però in base alla reazione delle bimbe al travaglio, poiché, essendo piccine, poteva risultare troppo faticoso per loro.
Ero contenta che ci fosse anche questa opzione, perché l'idea di fare il cesareo mi era sempre piaciuta poco.
Ma poi accadde quello che non avrei mai immaginato. A 34 settimane, scoprii che Letizia, la più in alto delle due, si era posizionata trasversa. Senza farmi notare nulla, molto delicatamente, si stava girando. Ero incredula e un po' demoralizzata. Aveva passato settimane con il sederino all'insù, poi aveva iniziato a portare i piedini verso il viso e, così, soavemente, aveva eseguito una capovolta e stava completando la sua rotazione. Mi venne da ridere immaginando la scena.
Capii che l'ipotesi di un parto vaginale stava svanendo. Dicono che nel caso dei gemelli conti la posizione del primo (quello più in basso), poiché il secondo si gira in seguito alla nascita del primo.
Ma, in situazioni come la nostra, in presenza di feti di piccole dimensioni e con flussi non ottimali, i medici erano molto più propensi per un cesareo, onde evitare rischi.
Ammetto che cercai di assumere posizioni che potessero spingere Letizia a rigirarsi, inclinando anche il letto di conseguenza, ma il risultato fu solo una grandissima scomodità e un principio di mal di schiena.
Qualche giorno dopo feci nuovamente l'ecografia dei flussi, senza aspettarmi particolari novità. E invece rimasi a bocca aperta quando il medico mi disse: "Da questo momento non beva e non mangi più nulla perché, se riusciamo, la facciamo partorire già oggi, ma glielo confermo entro mezz'ora".
Rimasi ammutolita per la sorpresa, non sapevo quanto i valori potessero essere peggiorati per portare a quella decisione così immediata e non immaginavo che dopo tutto quel tempo ricoverata, in attesa che la situazione si delineasse chiaramente, mi sarei ritrovata a partorire da un momento all'altro, con così poco preavviso.
Chiesi se le piccole sarebbero state bene e sarebbero rimaste con me appena nate. La dottoressa rispose che non era una cosa che si poteva prevedere con certezza. Sarebbe dipeso dalle loro condizioni alla nascita. Fu una risposta che mi indispettì un poco, non comprendevo il motivo di tanta fretta per farle nascere se poi non sarebbero state in piena salute.
Lo capii riflettendo a posteriori, non si poteva rischiare di arrivare ad una situazione di sofferenza fetale e quindi, con ogni probabilità, da quel momento in poi le condizioni più favorevoli sarebbero state fuori dalla pancia e non dentro.
Chiamai Fra cercando di mantenere la calma, dicendogli che entro mezz'ora l'avrei richiamato per fargli sapere qualcosa, di aspettare perciò a venire in ospedale. Ma ovviamente, mentre eravamo ancora al telefono, lui si stava già precipitando lì!
Fui sollevata quando mi vennero a dire che quel giorno avevano già troppe urgenze e che quindi il cesareo era rimandato al giorno seguente.
Questo mi diede un minimo di tempo per prepararmi psicologicamente e fisicamente.
Una cena leggera, una bella doccia, check depilazione, messaggi a parenti e amici...Ma anche una riflessione su ciò che sarebbe accaduto di lì a poche ore. Sarebbero venute alla luce le mie figlie, e ancora non realizzavo l'idea del dopo, non riuscivo a immaginarmi nulla perché era tutto così nuovo e sconosciuto che andava oltre le mie aspettative. Era stata così tutta la gravidanza. Inizialmente non riuscivo ad immaginarmi con il pancione e a pensare che tutto questo avrebbe portato a due minuscole vite che mi avrebbero chiamata mamma. Dal giorno seguente quindi tutto sarebbe cambiato, in un modo che non comprendevo ancora a pieno.
Se mi fossi concentrata soltanto su ciò che sapevo sarebbe avvenuto, mi sarebbe venuta un po' di ansia. L'idea del cesareo, di un'anestesia spinale, del catetere, dei punti e del dolore successivo mi incutevano un gran timore e mi sentivo male al pensiero di non poter più bere dalla mezzanotte fino qualche ora dopo l'operazione, che non sapevo esattamente quando sarebbe stata, non avevo un orario definito perché dovevano inserirmi tra tutti i cesarei già programmati.
Tutto considerato, anche con mille pensieri in testa, non ci misi troppo ad addormentarmi.
Il mattino dopo fui trasferita molto presto in sala pre-parto, non erano nemmeno le 7. Avevo quasi tutta la mia famiglia nei corridoi ad attendere e Fra era con me a tenermi compagnia. L'attesa fu lunghissima, ero l'ultima di una giornata di parti cesarei fissati da tempo, senza contare le urgenze. Rimasi parcheggiata su un lettino per ore e ore, in attesa, cercando di parlare il meno possibile perché non potevo bere e la gola mi si stava seccando terribilmente.
Poi, alle 15.30 passate, mi portarono finalmente in sala operatoria e a quel punto dovetti salutare anche Fra.
Ero un po' tesa ma molto emozionata e concentrata su tutto ciò che stava accadendo.
Seguii tutte le indicazioni di infermiere e medici. Ricordo che, poco dopo l'anestesia, stavano già iniziando l'operazione. Io avevo le gambe soltanto leggermente intorpidite e paura che mi tagliassero prima che l'anestesia facesse effetto.
Non cercai più di muovere le gambe, la sensazione di non riuscire a comandarle era troppo brutta e anche dopo il parto non volli che nessuno me le toccasse finché non mi ricominciai a sentire qualcosa.
Un'infermiera mi tenne la mano per tutto il tempo e mi diede conforto, in un momento in cui ero lontana da i miei affetti, nella speranza che tutto andasse bene. Fu un gesto molto umano che mi fece bene.
Non ero abituata alle operazioni, era la prima, perciò mi stupì l'alto telo verde che venne eretto per limitare la visuale di ciò che stava accadendo. Non che avessi voluto essere partecipe proprio di tutto e vedere ogni cosa, ma sentire soltanto le voci e non vedere nemmeno i volti dei medici mi lasciava un po' perplessa.
Fu tutto estremamente rapido, erano le 16.07 quando Noemi venne estratta e ricordo che mi preoccupai non sentendo il pianto immediatamente (come si vede solitamente nei film) ma arrivò una frazione di secondo dopo e in quell'istante il medico la sollevò sopra il telo verde affinché la vedessi.
Aveva il volto corrugato in una smorfia di pianto che mi fece ricordare qualche mia foto da piccola e mi commosse. Poi scomparve, vidi che la portavano via e chiesi "ora dove la portate?". Mi risposero che doveva effettuare dei controlli post nascita. Ci rimasi un po' male, pensavo che l'avrei stretta subito a me appena nata.
Nel frattempo il chirurgo si stava già occupando di Letizia e lo sentii dire "ma il secondo gemello non doveva essere podalico?". Io ribattei immediatamente con sorpresa: "infatti, perché? Non è così?". Mi rispose che sicuramente era stato così ma che con l'estrazione di Noemi si era certamente rigirata. Anche Letizia, due minuti più tardi, venne alla luce , la vidi solo un istante al di sopra del telo verde e poi sparì.
Poco dopo però mi portarono Noemi e me la appoggiarono sul petto. Fu un momento magico. Era così minuscola ma aveva due occhi già belli vispi che si spostavano da un punto all'altro con curiosità. Mi guardò e sembrò scrutarmi e vedermi, anche se la vista alla nascita dicono sia molto fioca. Anche il medico constatò l'estrema vitalità di Noemi.
Mi illusi di poterle tenere con me. Pensai che sarebbe arrivata anche Letizia di lì a poco. Ma non fu così.
Pochi istanti e Noemi fu portata via, Letizia non la rividi più per quel giorno. Le portarono nel reparto terapia intensiva per tenerle in incubatrice e sotto controllo.
Quando famiglia e amici andarono a casa mi sentii immensamente sola. La mia pancia era vuota, ma le mie piccole erano lontane da me, non potevo stringerle e non sapevo come stessero in quell'istante e a cosa andassero incontro. Ero fiduciosa ma anche un po' delusa per come si era evoluta la situazione.Il momento della nascita fu nonostante tutto una gioia immensa per me, un'emozione fortissima, a null'altro paragonabile. Non si può spiegare né rendere a parole una sensazione del genere a chi non l'ha provata sulla propria pelle, nel proprio cuore.
È qualcosa che di talmente forte e indimenticabile che supera tutto, va oltre ed è per sempre.
STAI LEGGENDO
Sono 2 ✌️!!
General FictionStorie di una gravidanza doppiamente non convenzionale. "Sono 2" è il racconto della mia gravidanza, un diario, a posteriori, di quello che ho vissuto e provato. È un libro che mi avrebbe fatto piacere leggere durante la mia gravidanza e spero possa...