La giornata nazionale degli Eroi

242 9 0
                                    

Nathalie•°

Ormai le giornate si erano convertite in monotone sconfitte. Una dopo l'altra, le speranze ogni volta sempre meno forti verso il suo obbiettivo, Gabriel che sempre più evidentemente accusava segni di depressione e repulsione verso chiunque e qualunque cosa.
Le discussioni frequenti e pesanti, che ogni volta terminavano quando mi ordinava freddamente di uscire dall'ufficio, talvolta urlando e io lo facevo a testa alta anche se sapevo che pochi minuti più tardi sarei rientrata di corsa per trovarlo inginocchiato davanti al quadro a piangere sconsolatamente per l'ira incontrollata che feriva me e il giovane Adrien.
Veniva fatto a pezzi lentamente da quelle speranze che parevano fiorire e invece subito dopo era una caduta libera da un picco altissimo verso il buio.
Tutto quello che potevo fare in questi casi era mettergli una mano sulla spalla, aiutandolo con i piani, a tenere sù l'azienda e la casa, a volte offrendogli un bicchiere di vino per alleviare i pensieri. A volte lo aiutavo a reggere il peso del mondo sulle sue spalle: e mi chiedevo sempre cosa mi spingesse a farlo.
La situazione non stava migliorando...
avevamo il piano perfetto per trionfare anche stavolta: ma chi ci avrebbe assicurato che sarebbe andata come pianificato? E lì stava a me tirargli su la testa e fargli vedere che quella pesantezza non poteva sovrastarlo.
-"Nathalie sei sicura di volerlo fare?" mi chiese costernato... Si vergognava di essere caduto tanto in basso dal dovermi chiedere un'altra volta un ulteriore supporto.
-"Sarò sempre quì per lei, trionferemo." Sorrisi cercando di infondergli il calore che veniva a mancare prima di ogni colpo, che lasciava spazio all'incertezza. Dovevamo ancora capire il valore della fragilità di ogni uomo... Non so perché sentivo di colpo il viso ardere ed ero sicura di sentirmi quasi a disagio, come se la sicurezza che mi ha sempre caratterizzato fosse diventata codardia... O peggio: timidezza.
Fuggimmo dalla conversazione rifugiandoci in quell'antro tetro e buio, dall'odore di umido e chiuso, freddo come a voler dare il presagio della morte stessa, al centro di quello, quasi come se il candore potesse allontanarlo per la sola presenza, spiccava la bara dorata di Emilie: il viso puro e sereno, le mani giunte in grembo... Mentirei se dovessi dire che la scena era tanto angusta quanto apponeva un che di pace.
Ero stata akumatizzata in un catalizzatore dei poteri per potenziare le akuma, la loro influenza e la loro moltiplicazione...
Solo una cosa riconoscevo al momento: il senso della dispersione data dal disagio.
Le uniche cose a mettermi a disagio del mio costume erano il fatto che fosse talmente attillato dal mettere in evidenza parti di me che preferivo svalutare in un contesto lavorativo...
"Come se stare là sotto a giocare al supercattivo lo fosse"
Oppure che avesse il collo scoperto in quanto poteva mostrare un piccolo segno di me che cercavo sempre di nascondere, cosa che m'infastidiva abbastanza davanti ad uno sconosciuto come Gabriel; come se non bastasse quel rossetto di una tonalità leggermente più chiara rispetto alla palette alla quale sono abituata.
E che non mettevo mai: il mio volto da anni appariva scarno se non per quell'indice di ombretto turchese e per una passata di mascàra.
Da dietro il visore del casco vedevo la città succube sotto di me e gioivo, ma quella visione era troppo anche solo per rimirarla con distacco... Sentivo come una sorta di cattivo presagio rendere pesa l'aria, mi morsi la lingua e cercai istintivamente quel contatto mentale col mio capo, chiamandolo affinché potessi avere un indizio di dove fosse: la Tour Eiffel.
Il piano stava andando bene, controllavamo insieme Parigi e ben presto avremmo riavuto indietro Emilie.
Il pensiero m'innervosiva abbastanza, una paura poco frequente e che non sapevo identificare si fece strada dentro me e dovetti portarmi una mano sul cuore per distinguerne i battiti impazziti... Che avevo? Perché mi riconoscevo sempre meno quel giorno?
Non volevo saperlo: di tanto in tanto il Monsieur Agreste si riconnetteva a me per mostrarmi il suo operato e per chiedermi cosa fosse quel sentimento che percepiva attraverso la maschera... Se solo avessi saputo rispondere.
Infine Gabriel si ritrovò al limite delle forze e con le spalle al muro, obbligandomi, per la prima volta in vita mia a disobbedire ad un suo ordine. Corsi verso quella cassaforte come se la mia vita dipendesse da quello: con i polmoni che bruciavano per la fatica, il cuore in gola e le gambe che stavano per cedere. Afferrai la spilletta a forma di coda di pavone la' dentro e la ammirai nei suoi curiosi dettagli per qualche istante, aveva una crepa sul retro ed era di un azzurro acqua acceso; guardando per un attimo la foto di Emilie persi di colpo il fiato che avevo mantenuto in corpo tutto quel tempo, le mostrai il miraculous e dissi:
-"Ti prometto che farò l'impossibile pur di riportarlo da me."
Mi sentii strana nell'ammettere una cosa simile, dovevo solo riportarlo a casa senza lesioni e senza che la maschera cadesse... Non c'era più tempo da perdere.
Applicai la spilla sul petto e una luce blu abbagliante mi costrinse a coprirmi il volto con un braccio.
-"Tu... tu non sei la mia portatrice..." il kwami iniziò a piangere stringendosi al mio petto.
-"Va tutto bene... lei adesso non è quì ma ho bisogno del tuo aiuto..." la guardai e lei smise di piangere fissandomi con i suoi occhietti neri e le pupille rosee.
-"...Ti prego aiutami, devo salvare una persona molto importante per me-" Mi tappai la bocca con le mani, davvero l'avevo detto?
-"Sono Dusuu; sono il kwami dell'empatia e il tuo potere consiste nell'utilizzo di piume chiamate Amok da caricare di energia che permettono di insinuarsi in un oggetto e produrre un protettore chiamato Sentimostro...devi solo dire "Dusuu stendi le mie piume" e ti trasformerò: tutto chiaro?"
-"Si." risposi sospirando mentre ci dirigevamo verso l'entrata del covo.
-"Dusuu... stendi le mie piume. "
Mi ricoprì una luce blu intenso, all'istante vidi le mie vesti cambiare aspetto dall'akuma ad una supercattiva dalla pelle indaco, un vestito di pelliccia abbastanza attillato ed elegante ma percepii un forte giramento di testa che mi costrinse a portarmi una mano alla tempia.
Ero spaventata, sapevo cosa ne consrguiva ma dovevo mettere la sicurezza del marito di Emilie al primo posto.
"Non il tuo."
Scossi la testa e iniziai a tossire lievemente mentre sentivo le spalle indebolirsi e la luce infastidirmi... mi avviai verso il covo a passo svelto, barcollando, la testa mi girava da impazzire: mi sorressi al tavolo prima di premere i bottoni per scendere, il sudore freddo mi impregnava collo e tempie ma dentro senrivo come un fuoco bruciare e che non mi permetteva la resa.
-" Gabriel!"
°•
Arrivata nel covo strappai una piuma dal ventaglio, riuscendo a indirizzarla con fatica al bastone del cattivo vestito di viola.
-"Hawkmoth...
Sono Mayura... sei con le spalle al muro senza via di scampo, lascia che ti aiuti..."
-"No...Non puoi farlo."
La risposta fu istantanea, velata di timore e preoccupazione: non avevo sentito niente di così forte finora, mi lasciò un secondo interdetta ma non mi detenne.
Dentro di sé pregava per un aiuto eppure la sua mente, al solo pensiero che gli stessi parlando attraverso un Miraculous gli stava facendo provare puro panico, come se rifiutasse totalmente la situazione.
-"...lascia che la tua disperazione si trasformi in un potente protettore..."
Cedette alle mie suppliche e una falena viola gigante apparse: riuscii a comandarla e a distrarre gli eroi momentaneamente per permettergli di sacappare...
Riuscii a farlo allontanare dal luogo mentre gli eroi lo cercavano; non sentivo più la sua energia, si era detrasformato ed era sicuramente privo di forze.
Dovevo fare di più.
Cercai di uscire da lì, dovevo trovarlo...
solo che al contatto con la grande finestra circolare la luce mi abbagliò, socchiusi gli occhi e mi accasciai al suolo; nella testa rimbombavano rumori e suoni che non capivo, voci, esperienze, il passato che ritornava. Nonostante combattessi per restare sveglia tutto diventò buio, pensavo fosse la mia fine ma ecco che riavvertii l'energia di Hawkmoth farsi più vicina quindi solo sorrisi prima che le tenebre mi avvolgessero.

•° Gabriel°•

Nonostante stavolta la trasformazione mi avesse sfinito la preoccupazione verso Nathalie era ben più grande... cosa cazzo aveva fatto? Corsi nel vicolo più vicino, avevo ancora delle briciole in tasca per Noroo e forse mi sarebbero bastate fino a casa:
-"So che è poco ma fa' in fretta... ha usato il miraculous, può essere successa qualsiasi cosa."
Corsi per i tetti mentre il miraculous lampeggiava, stavo portando il mio kwami all'estremo ma dovevo arrivare alla mansione prima che scadesse il tempo.
Atterrai sul balcone dello studio e sfondai la porta con un calcio:
-"Detrasformami."
Scesi nel sotterraneo,corsi verso la finestra che faceva luce su un corpo inerme, quasi etereo disteso sul pavimento...
tuttavia non si era detrasformata.
-"Nathalie! Nathalie rispondi! Nath-"
La presi tra le braccia verificando che il cuore battesse ancora, che non avesse la febbre e che reagisse agli impulsi...
Mille pensieri m'invasero la mente in quegli attimi in cui pensai davvero che per lei non ci potesse essere più speranza.
E poi la sentii tossire.
Tossì più forte svegliandosi lentamente e le carezzai i capelli... devo ammettere che era davvero bella come Mayura.
Le rimossi la spilla dal petto riportandola allo stato civile e la presi in braccio per portarla fuori da quel gelido covo.
La vidi tremare e la strinsi più fermamente al mio petto per darle calore, cercavo di gaurdare altrove per quanto incomoda fosse la situazione: lo ricordo con perfezione, era gelida, aveva le labbra di un porpora spento, le palpebre che si stringevano come se il minimo contatto visivo con la luce fosse capace di farle del male, le occhiaie scure e pese, il pallore della pelle notorio.
Aveva ripreso conoscenza e potevo sentirla mormorare qualcosa di tanto in tanto mentre cercava calore rifugiandosi nel mio petto:ero preoccupato per come si sarebbero evolute le cose, non potevo perderla, non di nuovo e non lei.
-"Ti avevo detto di non usare il miraculous del pavone!" Ero infuriato, potevo una donna che ha dato l'anima per questa famiglia, per questo posto: il suo sguardo, sempre combattivo e tenace seppur calmo e all'apparenza sommesso adesso era perso, vederla così spaventata mi dava un effetto ben peggiore.
-"Non avevo scelta signore dovevo salvarla."
Tossì nuovamente, con più forza.
-"È danneggiato, è troppo pericoloso..."
-"Volevo aiutarla, in ogni modo, fino alla fine..." mi sorrise debolmente e per una qualche ragione rimasi senza parole, incapace di continuare oltre, incapace persino di mantenermi al margine dell'empatia e mostrarmi freddo.
Mi sentivo impotente davanti a quella donna così instabile eppure così forte...
Perché sentivo una cosa simile?
-"Grazie Nathalie..."
Le mie labbra avevano parlato per me, e non so come ma non riuscivo a zittirmi e ad allontanarmi come avrei fatto a cose normali.
-"Per tutto." Le strinsi la mano fredda e priva di forza con la mia e intrecciammo le dita: era il mio modo di farle capire che ero sincero, che stavo sorridendo in maniera un pò forzata e stretta ma era un sorriso vero, dato col cuore, perché a lei ci tenevo. Forse a parte Adrien e Émilie era l'unica alla quale tenessi davvero... Dentro di me stava diventando un fatto concreto. In quel momento pensavo che sarebbe stata al sicuro, che non l'avrei messa mai più in pericolo per niente... perché questa cosa è vera: M'importa di Nathalie Sancœur.
La presi di nuovo tra le braccia per portarla nella sue stanze; durante il tragitto mi accorsi che si era addormentata sul mio petto... aveva un sorriso caldo e dolce che spiccava sul volto pallido, con le guance leggermente arrossate, l'espressione rilassata e sincera... un angelo dai capelli neri, con gli occhi turchesi, visto da tutti come un mostro, come un oggetto privo di qualsivoglia emozione e senza uno scopo preciso nella vita... così simile a me.
Cosa diavolo stavo pensando?
Spostai le lenzuola e la ricoprii con le coperte, mi sedetti accanto a lei, le tolsi gli occhiali e, accarezzandole un'ultima volta i capelli morbidi mi fermai un attimo a guardarla e ammisi a bassa voce, sapendo che non avrebbe potuto sentirmi:
-"Riposa anche per me che non potrò dormire...lo meriti più di chiunque altro là fuori."

E Quando sulla schiena trovi cicatrici, è lì che ci attacchi le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora