La fine è solo l'inizio...

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La dottoressa di famiglia era stata chiara.
Dovevano aspettare, le cose sarebbero andate in un modo o nell'altro.
La testa di Gabriel era un casino: non poteva pensare con lucidità, si malediceva per il male che le aveva procurato, per aver capito tardi quanto significasse per lui.
Girava in circolo per la stanza piangendo in silezio mentre reprimeva tutta la rabbia che avrebbe voluto gridare, oltre a quella già sfogata non appena un'ora prima nel covo.
-"Papà?"
Gabriel si voltò verso suo figlio, se ne stava seduto sulla poltrona accanto al letto di Nathalie con le gambe incrociate e la guardava fisso sorreggendosi la testa da un lato con due dita premute sulla tempia.
Nemmeno si era accorto di quando fosse entrato, si erano allontanati tanto- troppo- pensava labilmente oscillando da un pensiero all'altro come se seguisse il ritmo di una bomba ad orologeria. Si allentò il colletto in preda al caldo infernale che regnava in quella stanza, lo percosse un brivido gelido e sollevò lo sguardo verso l'alto boccheggiando dentro di sé per dell'aria, stava soffocando.
-"Adrien."
Si avvicinò e lo squadrò, come sempre il suo sguardo rifletteva un'assenza quasi totale di emozioni, appena percettibili, appena calibrate.
Adrien si alzò con pesantezza e i due si fusero in un abbraccio del quale avevano tanto bisogno:
-"Non volevo tornare ad abbracciarti in una tale circostanza... se le cose fossero andate per il meglio io..."
-"Padre, ne avevamo bisogno da molto tempo non credi? So quanto hai sofferto per la mamma... solo non mi cacciare mai più dalla tua vita."
-"Sono un pessimo padre Adrien. Non ho saputo cosa fare senza tua madre e non capivo che la cosa fondamentale eri tu... dovevo stare più attento, dovevo curare quello che avevo."
-"Papà." Lo chiamò cominciando a piangere.
Era tanto che non lo chiamava così, il cuore di Gabriel ricomiciò dopo tanto tempo a battere con quel calore di famiglia che gli mancava ormai da anni.
Di colpo ricordò quando regalò quel piano ad un piccolo Adrien con occhioni lucidi dall'emozione, di quando gli spiegava che voleva crescesse con la bontà di sua madre e che diventasse un uomo responsabile, forte e senza timori. Adesso che lo vedeva capiva che si stava perdendo il momento più bello della vita di suo figlio; per questo aveva bisogno di riavere Emilie, perché Gabriel aveva il timore di non poter crescere suo figlio e, paradossalmente, tenendolo lontano essendo Hawk moth ci stava riuscendo.
-"Sei molto protettivo nei miei confronti. Hai solo commesso un errore e, non devi preoccuparti che senza mia madre tutto questo si sgretoli... possiamo. Io, te, Charles e Nathalie."
Si voltò verso di lei abbassando la testa per poi abbracciarsi di nuovo a suo padre.
-"Ho tanta paura."
-"Anch'io figlio mio, ma dobbiamo essere forti.... e avere fede in lei.
So che ce la farà,è forte abbastanza e può con tutto."
Gabriel e Adrien si separarono con i sorrisi a coprire i loro volti:
-"Devo fare una telefonata che non posso assolutamente ignorare... puoi rimanere per un'ora circa con lei?"
-"Certo" Sorrise il ragazzo asciugandosi le lacrime col braccio.
Gabriel stava per attraversare la porta quando Adrien corse verso di lui:
-"Papà?"
-"Si?"
-"Ti voglio bene."
Gabriel sorrise e gli lasciò un bacio in fronte:
-"Anch'io figliolo."

Gabriel corse nel covo e combinò la soluzione trascritta sul tablet di Nathalie per poi immergervi il Miraculous.
Avrebbe dovuto fare più infusioni per curare la crepa ma al momento non era più pericoloso.
Notò come in pochi minuti una luce blu scaturì dalla spilla e la piccola Kwami uscisse depositandosi, addormentata, sul piano d'appoggio.
Lo stilista lavorava attentamente seguendo i minuscoli cambiamenti che l'infuso apportava col cuore a mille: aveva bisogno di una speranza e non si sarebbe fermato fin quando non l'avrebbe trovata.
Dusuu aprì lentamente gli occhi e iniziò a svolazzare attorno a Gabriel, incuriosita dall'attitudine stoica adesso smontata e ridotta ad una di paura costante:
-"Signore, il Miraculous è..."
-"Ti... ti senti meglio?" Chiese con timore.
Dusuu assentì percependo come le emozioni dell'uomo si facevano sempre più forti e come il suo cuore palpitasse.
-"Secondo te potrà..."
-"Non lo scoprirà restando quì maestro, vada da lei."
Gabriel risalì trovando Adrien addormentato sulla poltrona...
Il sole stava iniziando a riempire la stanza con i suoi deboli raggi del primo mattino: era stata una notte infernale.
Scosse la spalla di Adrien con delicatezza e il ragazzino si alzò pigramente:
-"Vado a dormire, vi lascio soli."
-"Adrien-"
-"Sai come la penso." Sorrise lanciando uno sguardo alla donna dolcemente addormentata.
Gabriel s'inginocchiò al fianco del letto prendendole la mano con dolcezza.
-"Hey, sveglia."
Smise di sorriderle un attimo, voleva piangere, il silenzio aleggiava e di certo non lo aiutava a sentirsi meglio.
-"Ci manchi sai?"
Nessuna risposta.
Le spostò delle ciocche ribelli dal volto per poterlo ammirare con più facilità.
-"Mi sento orribile; sapevo che non dovevo e ho continuato ma adesso... perfavore apri gli occhi. Non lo sopporterei se mi abbandonassi tu."
Silenzio...
-"Sei la mia mano destra.
La mia migliore amica.
La persona che mi ricorda che non sono un mostro."
Silenzio, un sospiro stanco e strozzato.
-"La donna più importante della mia vita"

E Quando sulla schiena trovi cicatrici, è lì che ci attacchi le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora