Angolo della memoria

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𝓘𝓷 𝓾𝓷 𝓪𝓷𝓰𝓸𝓵𝓸 𝓭𝓮𝓵𝓵𝓪 𝓶𝓲𝓪 𝓶𝓮𝓶𝓸𝓻𝓲𝓪
𝓢𝓲 𝓷𝓪𝓼𝓬𝓸𝓷𝓭𝓮 𝓾𝓷 𝓹𝓲𝓪𝓷𝓸𝓯𝓸𝓻𝓽𝓮 𝓶𝓪𝓻𝓻𝓸𝓷𝓮

•°

°• Nathalie°•

Suonò la sveglia: 5:50 del mattino.
Avevo chiuso gli occhi sperando in sogni migliori, all'incirca per una quarantina di minuti, anche se ormai non importava affatto.
Indossai l'uniforme, raccolsi i capelli neri nella mia solita crocchia e aggiunsi un minimo di mascara, come sempre:
Nel guardarmi allo specchio notai come la mia immagine sembrasse ormai svanita del tutto nel tempo...
Non mi riconoscevo nemmeno persa nel mio riflesso. I miei capelli neri secchi, le occhiaie scure e pesanti, la pelle pallida, occhi e naso rossi. Non ero più la ragazzina solare che amava aiutare ed essere così ingenua da mettere la vita degli altri avanti alla propria.
Non sorridevo più, ero diventata ciò che dovevo essere: la donna senza cuore, una maschera di me stessa, l'immagine che il mondo ti fa diventare se sottostai alle sue leggi e alle sorti.
Come d'abitudine afferrai il tablet stringendolo al petto come un oggetto raro e uscii dalla stanza, come d'abitudine, il mio primo compito era svegliare la famiglia intera...
da oggi metà.
Deglutii a fatica con i lucciconi agli occhi, reprimendo ogni cosa, dovevo resistere una giornata intera in quella condizione e già non ne potevo più.
Non ero nemmeno sicura grazie a quale forza fossi riuscita ad alzarmi; probabilmente la stessa che mi gridava dentro di non rinchoudermi in me stessa e di lottare.
Ma ero stanca di lottare, quel ring si era appena chiuso per me.
Mi bloccai davanti alla camera del Monsieur, non avevo sentito né un pianto né un segno di disperazione in tutta la notte da parte sua: mi preoccupava, anzi, mi terrorizzava.
Se non avesse provato dispiacere o amarezza? Mi avrebbe distrutta definitivamente.
Strinsi il pugno per bussare ma una paura irrazionale mi bloccò... appoggiai a malapena le nocche alla porta aprendo la mano: un contatto con la realtà dopo una lunga notte di riscontri provenienti dai miei ricordi.
-"Gabriel... "
Singhiozzai buttando giù l'ennesimo ardore alla gola che non mi faceva respirare.
-"Signor Agreste...
c- come sta?"
Avevo bisogno almeno di quella risposta per sentirmi viva, per sentirmi ancora legata al mondo, pregavo affinché mi desse una qualsiasi risposta, anche che fosse un cenno, non mi ero mai sentita tanto persa.
Poi lo realizzai... Perché lo avevo chiamato così? Non stava bene.
Nessuna risposta. Non ancora.
Sentii dei passi verso la porta, lo sentii appoggiarsi pesantemente dall'altro lato e senza pensare appoggiai la fronte a ciò che mi separava da lui, a ciò che m'impediva di piangere tutto quello che avevo dentro.

°• Gabriel•°
Aspettavo come ogni mattina, sveglio... stavolta da solo.
Aspettavo che Nathalie bussasse e come di routine davo il bacio del buongiorno a Emilie svegliandola, che soleva giacere alla mia destra come un angelo bianco, dolce e serena.
Non sentii bussare, ma solo un peso sulla porta e... la sua voce. La sua voce che mi chiamava e mi chiedeva come stessi. Doveva essere distrutta e pensava dopotutto alla persona che le aveva privato, solo per... egoismo? Di rimanerle vicino quel poco tempo che rimaneva... sono stato orribile con lei, ancora una volta mi dimostravo incapace a rimediare agli errori a causa del mio sconfinato orgoglio.
Per Nathalie è stato il colpo più doloroso: vederla spirare tra le sue braccia mentre, con una mano sulla guancia le diceva:
-"Nath...
promettimi che...
che ti prenderai cura di loro-" Lei solo poteva piangere e scuotere la testa in risposta.
Em le ha preso entrambe le guance, debolmente, asciugandole le lacrime:
-"Promettimelo..." sorrise lei.
Nathalie assentì e allora Em si rilassò, allora cadde in un sonno profondo, simile alla morte ma col corpo ancora nel fiore della vita.
Un coma irreversibile al quale solo io sapevo dare spiegazione.
Era una situazione orribile, ai limiti della decenza umana.
-"Nathalie..." sussurrai avvicinandomi alla porta.
Appoggiai una mano e poi la fronte chiudendo gli occhi... forse un abbraccio avrebbe cambiato tutto, forse sarebbe stata troppa confidenza ma stavo diventando matto, una nottata passata a bere per affogare i pensieri... nonostante ciò non se ne andavano e non so a cosa mi stesse portando la mia testa.
Un vuoto circolo senza senso.
Stavo pensando a quanto ironico fosse il fatto che solo una porta mi frenasse da tutto ciò che volevo dirle, a partire dalle scuse, da cosa fosse veramente successo a Em, al Miraculous...
il Miraculous.
Sentii i passi che si allontanavano... lontani da questo muro che ci separa.
La mia testa era un limbo incapace di riflettere... Dove mi stai portando?

E Quando sulla schiena trovi cicatrici, è lì che ci attacchi le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora