Mia Mayura

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•° Nathalie°
L'ho rifatto di nuovo.
Ho di nuovo ricordato di avere un cuore.
Non potevo permettermelo... non potevo davvero farlo, è una pazzia anche il solo pensiero.
Gabriel questo mese non ha fatto altro che akumizzare persone per cercare almeno di trovare un minimo di speranza, a volte so che lo fa più per sfogare la rabbia e, come me, alle molte per superare quel punto di non ritorno dove vedere uno spiraglio di luce quale un'emozione, in quel buio pesto, sembra quasi impossibile.
Continuavamo a perdere e a rialzarci insieme, solo che quando cadevo io faceva male, molto male, più a lui che a me.
Col tempo ho capito che Gabriel stava diventando troppo importante, in un modo che non potevo permettere di dare assolutamente un minimo sfogo a ciò che vedevo e sentivo. Dovevo aiutarlo, era diventato l'ordinario che desideravo quasi con ansia e con tutta me stessa; anche solo essendoci, anche solo con una mano sulla spalla.
Ho usato le mie amok facendo il possibile, ho esaurito le mie forze per ricadere sempre accanto a lui ed essere riportata in camera da lui, tra le sue braccia, perché non riuscivo a rialzarmi.
-"Sto bene."
-"Smettila di ripeterlo per un momento Nathalie." Chiuse gli occhi sospirando pesantemente, per un momento, era iracondo ma questo si sostituiva alla tristezza che provava: quando li riaprí notai che si erano cristallizzati... perché non accettava il semplice fatto che cercavo di non buttarlo giù insieme a tutto il resto? Perché non mi capiva? Riuscii a mettergli una mano sulla guarcia, mi guardò e per la prima volta mi fece un sorriso caldo, tenero, quasi affettuoso?
Provai a sorridere per quanto controllo avessi persino sulle mie espressioni facciali ma iniziai a tossire terribilmente.
Stavo giocando con il fuoco, la stavo perdendo lentamente e avevo smesso di avere paura, perché stavo cambiando, stavo diventando più forte... Dentro di me era come se sapessi che niente poteva più abbattermi, che se fossi stata forte nella testa lo sarei stata anche nel corpo. Questo mi ha permesso di prolungare i tempi in seguito e di non esaurire l'energia proprio come ha fatto Emilie.
Emilie... Con quanto distacco pensavo a quel nome.
Arrivata in stanza mi depositò nel letto e cercai di nascondere da lui il fatto che avevo iniziato a tossire sangue; invano dato che mi afferrò il polso per poi guardarmi nel terrore a bocca aperta.
Gli strappai il polso dalla mano che iniziava a macchiarsi di un bel cremisi amaro e mi nascosi sotto le lenzuola... ero tanto irriconocibile? Ero diventata una bestia malata che allontanava il mondo?
Parole e atti duri che in quel momento servivano: ero cambiata e lui non aveva che macchiarsi di ciò che mi spettava e di ciò che ero.
Prediligevo l'essere lasciata in pace con me stessa ormai... Perché non riuscivo a guardarlo negli occhi senza sentire le palpitazioni impazzire o lo stomaco comprimersi come se ci stessero volando delle farfalle al suo interno.
Sentii una carezza sul mio fianco, coperto dal lenzuolo bianco e lo guardai con gli occhi pieni di lacrime dal dolore che mi premeva sul petto.
Era notte fonda, avevamo finito di lottare da poche ore contro Ladynoire e Mister bug;
sentii delle labbra calde sulla mia fronte e chiusi gli occhi rilassandomi.
Mi tolse gli occhiali e sostenne solennemente:
-"Hai la febbre alta."
Abbassai lo sguardo in silenzio, strinsi i denti ed emisi un gemito di dolore:
-"Nath, cos'hai?"
Ancora quel diminutivo, ancora quel calore nel petto e quella sensazione assurda, insopportabile, che mi fa balbettare come una ragazzina di 14 anni...
no.
Non può essere...
Mi dicevo rinnegando l'inevitabile.
-"Io-non..."
Non sapevo cosa dire, che fare...
-"Da quanto stai così?"
Arrossii tremendamente per la vergogna e la vicinanza del suo volto al mio.
-"Una settimana... C-credo."
Chiusi gli occhi aspettando una sgridata pesante o che m'ignorasse sbuffando, il tutto seguito da una nottata passata al computer per i documenti arretrati dal tempo passato al letto o come Mayura.
Strinsi i pugni sulle cosce e lui appoggiò le sue mani sulle mie sorridendomi preoccupato prima di lasciare la stanza.
Indugió sulla porta, voltandosi a guardarmi per l'ultima volta:
-"Riposa: non voglio sentire discussioni. Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi."
E stavolta scomparve nell'oscurità.
No, non mi piaceva affatto la piega che stavano assumendo le cose.
•°

E Quando sulla schiena trovi cicatrici, è lì che ci attacchi le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora