"Jung"

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Nathalie quella notte non dormì.
Erano i primi giorni d'ottobre, il 6 per l'esattezza... una data importante per la donna dai capelli neri.
Si alzò con pesantezza dal letto dopo aver riordinato per l'ennesima volta l'agenda degli Agreste:
l'orologio marcava le tre.
Aprì la finestra, l'unica che dava sul balcone della grande abitazione, indossò lo scialle di seta bianco e poggiò i gomiti guardando da lì la città dell'amore dormiente.
Era stanca ma, il dolore nel petto nel ricordare questo giorno era più forte e le lacrime iniziarono a farsi strada tra i suoi occhi turchesi:
"Sono passati 10 anni Nathalie...
Resisti ancora un pò. Tieni dentro e poi dimentica."
Errore.
Era tanto avvolta dai suoi pensieri da non notare che un certo supercattivo la stava guardando da vicino con curiosità...
E lì stava Hawk Moth, il più temuto mostro di Parigi, seduto sul cornicione con una coppa di cristallo tra le mani, l'odore inconfondibile del vino rosso a intingergli le labbra.
La contemplò in silenzio provando una fitta al cuore e allo stomaco nel vederla piangere...
Distrattamente ritornò a quell'azione come se si trovasse in una sorta di trance malonconico dove vedi tutto e non vedi niente.
La chiamò... inutile.
Era così bella senza trucco, senza occhiali, spettinata, con i capelli sciolti e quella camicetta appena sopra il ginocchio.
Così tanto informale, così tanto... sé stessa.
Gli sovvenne una mezza idea... qualcosa che non faceva da tanto, ci provò lo stesso.
Iniziò a caticchiare sottovoce, perso, nessuno lo aveebbe mai detto, ma la seconda passione di Gabriel era sempre stata proprio il canto e da quando Emilie era scomparsa si privò anche di questo.
Il timbro della sua voce era soave, così sereno, dolce... sospirò cantando le prime strofe con timidezza, poi continuò sempre sussurrando, fin quando una certa mora non se ne accorse.
-"Quando torniamo alle sei mi guardi e ti dico che vorrei... un'altra sigaretta, una vita perfetta... vorrei la tua bellezza... vorrei la tua bellezza..."
Nemmeno lui sapeva perché stava cantando quei versi, sapeva solo che gli erano passati per la mente e aveva avuto il bisogno di liberarli, con Nathalie Gabriel aveva capito che poteva aprirsi, essere sé stesso senza rimorsi:  col tempo uno strano calore aveva iniziato a invadergli lo stomaco e ad andare d'istinto, Hawk moth in questo lo aiutava, certo, anche se quel calore a volte lo avvolgeva a tal punto dal fargli dimenticare ogni cosa. E poi quelle volte dove non si capivano, dove erano tanto lontani: lì si sentiva cadere dal picco di un vuoto gelido e senza fuga.
La loro indifferenza reciproca era diventato un bisogno, un qualcosa di sentito ed apprezzato da entrambi.
Nathalie si voltò lentamente; ma non era la Nathalie di sempre, almeno non agli occhi di Gabriel: lo guardò tristemente con fare inquisitorio e allo stesso tempo indifferente, ma non era la solita indifferenza che lo accoglieva nella sua vita. Si soffermò non su di lui, bensì sulle movenze del vino rosso all'interno di quella coppa di cristallo: si sentiva come quello, un mare di emozioni che non riusciva a controllare.
-"Ho bisogno di perderti, per venirti a cercare..." Nathalie chiuse gli occhi stanchi alla melodia lasciandosi trasportare dalla calma che emanava:
-"...Altre duemila volte..."
E senza pensarci si ritrovò anche lei catturata in quella melodia, sussurrando le parole:
-"Anche se ora sei distante..."
Sorrise appena unendosi ad Hawk moth.
Gabriel continuò a canticchiare alzandosi in piedi per fare qualche passo verso di lei.
La donna dai capelli scuri aprì gli occhi per incontrarsi a poche decine di centimetri da quelli dell'uomo che terrorizzava Parigi da un anno ormai e represse un brivido, dettato anche da quella specie di trance che la chiudeva in uno spazio capace di renderla più spettatrice che protagonista della propria vita e del proprio agire.
-"Ho bisogno di perdonarti, per poterti toccare..."
Hawk moth con un agile salto scavalcò il balcone sorreggendosi ad esso accanto a lei:
-"Anche una sola notte..."
Si avvicinarono sussurrando le ultime strofe:
-"...Anche se siamo soli come l'acqua su Marte."
Hawk moth si era avvicinato ancora a lei e le aveva sfiorato la guancia con i polpastrelli, catturato adesso dalle sue labbra, che sembrava andassero chiamando il suo nome.
La maschera dell'uomo brillava sotto il bagliore lunare: la segretaria la sfiorò come per volerla lucidare e, occasionalmente sfiorare la pelle appena sottostante agli angoli del labbro inferiore.
Acquistarono centimetri tra loro e Hawk moth passò una mano per il fianco della sua Nathalie in un vano tentativo di avvicinarsi a lei; era un impulso, era un istinto.
Lasciò la coppa sul cornicione lì vicino, noncurante; la mora sentiva come l'odore dell'alcol fosse quasi impercettibile... se non aveva bevuto, cosa stava succedendo?
Cercò di chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare ma a pochi millimetri dalla sua bocca strinse forte gli occhi.
No, non poteva.
Una serie di lampi iniziarono ad invaderle la mente.
Scosse la testa decisa.
Due occhi verdi.
Un altro lampo.
Degli occhi marroni stavolta.
-"L-Leo!"
Gridò quasi come se questa parola fosse stata soffocata per tanto tempo e che, solo pronunciandola l'avesse potuta liberare da qualche demone interiore.
Allontanò bruscamente Hawk moth cadendo al suolo, sulle proprie ginocchia, e iniziò a piangere di nuovo. Gabriel poteva attenuare quel dolore che portava dentro fino a farlo sparire, era sempre così, in un modo o nell'altro lui sapeva sempre come portarla via dal mondo, ma stavolta, era diverso persino per lui.
-"Nathalie?"
Abbatté la barriera d'insicurezza che aveva fatto tremare le sue parole tante volte e s'inginocchiò al suo fianco.
Solo nel toccarla realizzò cosa stava per fare. Scosse la testa con rabbia.
Com'èra possibile?
Non lo era, che assurdità!
Maledisse il momento, l'ora, la leggera ebbrezza e quel qualcosa che li legava inesorabilmente.
Doveva andar via da lì, doveva scappare dall'epicentro della sua tentazione... Ma non poteva lasciarla così.
Hawk moth si sedette al suo fianco mettendole una mano sulla spalla e Nathalie rispose gettandosi sul suo petto in un abbraccio stretto e bisognoso d'affetto, come se non lo volesse lasciar andare, come se avesse paura di perdere anche lui.
Hawk moth eseguì il primo istinto dettatogli dalla coscienza: le carezzò flebilmente i capelli quasi temesse una reazione indesiderata, mantenendo quella stretta, insicuro di cosa fare. Continuò a canticchiare in un sussurro quella canzone, stavolta quasi si trattasse di una ninna nanna abbracciando la donna che singhiozzava sul suo petto:
Stavolta però, la segretaria tra le sue braccia tradì un gesto, accoccolandosi più vicino allo spazio tra la spalla e il collo del suo capo, come una bambina in cerca di conforto.
-"...Potremmo anche restare un po' in silenzio
Mentre brucia lento e non pensarci più...
Potremmo anche lasciare la paura
Chiuderemo gli occhi per saltare giù..."
Sentì come i singhiozzi e i fremiti di Nathalie iniziavano a calmarsi e semplicemente rimasero lì, nel buio, tacendo su quanto accaduto e apprezzando quel calore reciproco che li aiutava a superare ogni difficoltà da qualche settimana a questa parte.
Gabriel stava quasi per essere vinto dal sonno in mezzo a tutta quella calma: Nathalie aveva smesso di piangere e adesso riposava sulla sua spalla, gli occhi chiusi, le dita che ai cernivano sul colletto nero a forma d'ala di falena.
Allora Hawk moth la prese tra le braccia e la distese nel letto prendendo posto accanto a lei, o almeno sufficientemente vicino per continuare a massaggiarle le spalle in circoli e poggiare il mento sulla sua testa.
Regnava il bellissimo silenzio che avevano voluto e creato, ed entrambi, seppur uniti da un minimo contatto, volgevano lo sguardo in direzioni opposte, con intimismo.
Improvvisamente, l'attenzione della donna fu richiamata da un fatto curioso, girò così la testa verso l'uomo che segretamente amava: il supercattivo, come se si trattasse di un bambino, giocava con i suoi lunghi capelli neri cobalto sparsi sul cuscino, iniziando a ricorrere l'intera ciocca con le dita, contemplando dentro di sé il loro dolce aroma.
Nathalie lo guardò con curiosità, i suoi occhioni erano come fanali in mezzo all'oceano più profondo: Hawk moth ebbe un sussulto per quell'azione inconscia che l'aveva richiamata a lui e abbassò lo sguardo quasi come se non se ne stesse accorgendo.
-"Ti faccio paura?" Borbottò spontaneamente l'uomo dalla mascera argentea in un vago intento di far cambiare direzione a quel momento.
Nathalie si fece sfuggire una risata leggera e lo guardò.
-"Perché questa domanda?"
-"Perché ti è preso un mezzo attacco di panico quando io-" Si zittì guardando al suolo e chiuse gli occhi, scuotendo la testa come se volesse cancellarlo e zittire il senso di colpa che gli divorava la mente in quel momento.

E Quando sulla schiena trovi cicatrici, è lì che ci attacchi le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora