Un'altra volta da rischiare

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Ci guardammo negli occhi: i miei turchesi sfidarono quelli smeraldo della bionda che negli anni aveva visto cambiarmi di volto e di abitudini almeno un migliaio di volte. Il cuore mi batteva con tanta forza da farmi male; avrei voluto sentire la sua mancanza in questi mesi d'assenza ma non ne avevo più avuto motivo per la pienezza delle giornate che affrontavo. Emilie aveva ricevuto una sorpresa bellissima, forse qualcosa che non potrò mai avere né proteggere, per questo quando ho visto quel qualcosa brillare nei suoi occhi verdi i miei si sono subito riempiti di lacrime. Ero felice... perché le era capitato il più grande e meraviglioso regalo che potesse ricevere dalla vita: aveva trovato l'amore che meritava.
Ero un pò sulle mie a riguardo: era ancora molto giovane per sposarsi, aveva tutto il tempo necessario per aspettare, ma se lo aveva scelto doveva essere il meglio per lei e io dovevo essere felice, anche se, da quello che Emi raccontava sembrava troppo perfetto e, in qualche modo, questa sua decisione e mi turbava. Non conoscevo affatto il fortunato, mai visto, ma molti sembravano conoscere il suo nome e portargli un certo rispetto. 

Per la strada vedevo la gente accalcarsi davanti ai manifesti col suo nome e sui giornali non si parlava d'altro... questa faccenda mi sembrava non solo una scelleratezza ma anche pesante da gestire, troppo pesante... amavo vivere nascosta proprio per quello, il fiato sul collo impediva la realizzazione e la gioia di un momento.
In quel periodo io ed Emilie non ci vedevamo tanto spesso, è vero, e in un certo senso mi ero persa gran parte di ciò che era stata negli ultimi tempi, eravamo troppo impegnate a dare i primi esami della Magistrale e nonostante il peso dello stress riuscivamo appena a congegnare qualche serata solo io e lei in quella vecchia cioccolateria vicino al negozio dove giaceva ormai abbandonato quel pianoforte.
È stato proprio alla festa di laurea di Emilie dove avrei dovuto conoscere questo famoso Gabriel Agreste: la gente parlava molto di lui, era un continuo scoop e di salti tra celebrità messe in fila come gente comune ad attendere un suo giudizio; gli atelier si riempivano di vestiti con la sua firma, le vetrine pullulavano delle sue imprese a favore della Regina della Moda Audrey Bourgeois... ma nelle ricerche che sapevo fare io non riuscii a trovare assolutamente niente. Chi era veramente Gabriel Agreste? Era visto in giro come un figlio d'arte, un prodigio pieno di soldi e la gallinella d'oro dei critici emergenti, descritto come profondo e intenso, capace di creare capi intrisi di passioni, ma queste belle parole da rivista non erano sufficienti e tantomeno lo era lavorare temporalmente per quelle aziende piene di giovani donne come me che sapevano perdere la testa per così poco, chiedendomi talvolta di fare un articolo su di lui per poi osservarmi meglio e denotare che non vestivo "Agreste". 

Emilie sapeva quanto fossi scettica e che non sarei stata da meno fino al vederla camminare su quell'altare. Potrei risultare protettiva nei suoi confronti ma penso che l'amore non sia così tempestivo, piuttosto un qualcosa capace di trasformarsi negli anni e non morire mai. Avete presente i fantasmi? Tutti ne parlano ma solo pochi dicono di averli visti davvero... l'amore non si trova dal niente e non può basarsi sul niente... e sì, credo nella storia del "Sapevo ciò che volevo e me lo sono preso senza esitare" ma attorno a me non posso che vedere falsità e pregiudizio. Come posso mantenermi cordiale con un'idea che non condivido affatto?
E questa bolla di pregiudizio andò ingrandendosi quando non si fece vedere per un inconveniente al lavoro... le mandò a casa una cascata di rose rosse con una lettera d'amore molto romantica, di certo era un ragazzo per bene ma non bastava a convincermi del tutto di quella decisione avventata. Dentro di me, non so perché ma nutrivo un brutto presagio; cercai di reprimerlo ma continuava a presentarsi la notte tramite incubi dove vedevo due siluette: un uomo e una donna, di spalle, ne vedevo solo il busto sommerso nell'oscurità, parlavano a bassa voce... lei di blu come la notte parigina, lui di un viola scuro. No, non capivo più niente. 

Dopo la festa di laurea rimanemmo a dormire da Emilie, passando la nottata come due adolescenti che dovevano aggiornarsi su tutti i fatti recenti: i nostri rispettivi esami, di quanto fosse cambiato tutto in così poco tempo, gli anni passati in fretta, al fatto che molti dei nostri sogni erano andati in frantumi ma che molti altri stavano per realizzarsi. Lo avevamo saputo fin dal principio che sarebbe andata così e niente ci impediva adesso di continuare su una strada ancora da asfaltare con le nostre aspirazioni per il futuro... avevamo appena ventuno anni e sembrava che fossimo già adulte da tempo immemore e con una vera esperienza sulle spalle. Ma cosa conoscevamo veramente?
Parlammo anche del matrimonio: non ne avevamo parlato molto finora, specialmente per i miei continui viaggi e le sue tournée... avevano appena due anni di fidanzamento alle spalle e una casa già comprata che li attendeva. Sapevo il minimo indispensabile: si erano conosciuti in corridoio un pomeriggio all'università... lei lo aveva sempre incoraggiato perché vedeva del talento in lui, nei suoi disegni, nel suo sogno di diventare stilista; Sembrava avesse ricevuto un contratto recentemente, era vantaggioso per entrambi e per festeggiare e coronare la loro felicità le aveva fatto la proposta.
Mancavano pochi mesi ormai e i sogni continuavano, ogni notte, sempre più confusi e agitati: mi svegliavo sulla scrivania dell'azienda mentre scalavo quella lenta e tortuosa graduatoria: guardavo l'orologio contando le ore per andarmene e smettere di essere una mera impiegata precaria, ma sembrava che quelle lancette si fossero in qualche modo incastrate nel congegno senza sosta e la mia vita fluiva in circolo, in attesa che quello si spezzasse... ma non accadeva. E mentre recuperavo i rapporti con la mia amica e mi rendevo conto che da quel momento avrebbero costruito tutto insieme, una famiglia, un loro posto speciale, una vita, sentii un blocco alla bocca dello stomaco; mi mancava qualcosa. Notavo come le brillassero gli occhi solo a parlare di lui e mi dava una grande gioia, non l'avevo mai vista così felice ma non volevo che soffrisse mai più, come sempre era accaduto per la sua fretta e per il suo assurdo desiderio di farsi guidare dalle passioni momentanee.

E Quando sulla schiena trovi cicatrici, è lì che ci attacchi le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora