*Luke's pov*
mi piaceva la proposta di Michael. davvero, avevo voglia di scappare. d'un tratto tutta la sua euforia per le fughe mi aveva contagiato.
ma perché proprio a me?
non fa altro che tormentarmi.
non mi da fastidio. cioé, all'inizio si. odio quando qualcuno si preoccupa per me. ma lui non sembra farlo apposta. è come.. è nella sua natura. lo fa spontaneamente, ma ciò lo rende bello; in fondo non è antipatico, ha solo bisogno di qualcuno che lo capisca.
e anche io ho bisogno di qualcuno che mi capisca.
però a volte è irritante, davvero irritante. sembra voglia sapere tutto di me, anzi, a volte crede di sapere delle cose, ma in realtà non mi conosce affatto.
comunque potrei provare. a fuggire, dico.
con lui.
scuoto la testa per allontanare i pensieri e osservo il piatto di minestra che si trova di fronte a me; lo metto da parte e dò un morso al pane che c'è accanto, dopodiché non tocco nient'altro e mi distendo sul letto. alzo le maniche della felpa per osservare i profondi tagli che mi sono inflitto ieri sera con un pezzo di ferro. sono riuscito a spezzare un filo della rete del letto, ed ora custodisco gelosamente l'oggetto appuntito. quanto mi vergogno di quei tagli, ma quanto mi fanno stare bene. afferro l'oggetto metallico che nascondevo in tasca, per poi premerlo sulla pelle bianca, fino a percorrere tutto il braccio. creo altre linee, sempre più calcate e profonde. all'inizio appaiono solo dei graffi, ma dopo pochi secondi diventano rossi ed il sangue inizia a sgorgare, rigando la cute. crea un contrasto di colori: il rosa pallido e freddo con il rosso scuro e tiepido; chiudo gli occhi buttando la testa all'indietro: è una sensazione impagabile; mi tolgo in fretta i pantaloni, iniziando a lesionarmi con l'unico oggetto che ho a disposizione. ad un tratto ogni cosa scivola via: il posto in cui mi trovo, il modo in cui mi etichetta la gente, Michael e anche me stesso. sto benissimo, il dolore ricopre ogni cosa.
passo con ripetutamente il ferro appuntito sui punti già toccati, con forza. amo il sangue, mi fa sentire.. umano. come tutti gli altri. perché di solito mi sento un mostro.
non avverto i rumori della serratura finché non vedo una figura in piedi di fronte a me; realizzo in un attimo di essere stato scoperto, e sono pure senza pantaloni. ho la vista offuscata dal pianto che mi sono lasciato sfuggire, mentre cerco di afferrare gli skinny:"merda."
Michael mi tocca la spalla insanguinata:"ehi, tutto bene?" mi volto verso il ragazzo che mi guarda preoccupato e faccio una smorfia "si, sto bene. stavo solo.. non devi entrare. non sono affari tuoi". lui sposta lo sguardo verso il basso e tossicchia, sistemandosi il ciuffo colorato:"mi dispiace.. volevo parlare.." socchiudo gli occhi, irritato:"abbiamo già parlato troppo" ribatto con amarezza. mi infilo i pantaloni e caccio di nuovo l'oggetto di ferro in tasca, per poi andare a lavarmi la faccia. "dov'è quella cazzo di felpa?" Michael la afferra e me la porge; io gliela strappo dalle mani, infilandomela. "uhm.." sospira grattandosi il capo "perché fai quelle cose?" sembra seriamente preoccupato. "non sono affari tuoi" annuisce, ma non accenna ad andarsene. "non dirlo a nessuno, per favore" aggiungo in tono supplicante. muove di nuovo la testa in segno affermativo, ma non si muove. "ora vuoi andartene? ho tremendamente sonno" lo congedo. Michael si muove a passi lenti e silenziosi verso la porta, risultando irritante. deve smetterla di entrare quando gli pare. "so che non dormirai" incalza ad un tratto; per tutta risposta inarco un sopracciglio.
da un angolo della sua bocca spunta un sorriso, poi esce e se ne va.
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la mattina dopo la testa mi gira tutta, perciò decido di rimanere a letto. i miei indumenti puzzano di sangue e spero che nessuno se ne accorga. un medico entra a darmi la colazione, ma la rifiuto, poi mi fa prendere quelle maledette medicine, quindi mi riaddormento di nuovo.
verso le due del pomeriggio, dopo aver rifiutato anche il pranzo, mi avvio accompagnato verso la sala comune. odio quel posto, ma d'altro canto sono felice di evadere dalla mia stanza per un po'. mi siedo al solito divano, prendo in mano un libro che trovo sul tavolino e comincio a sfogliarlo; una volta mi piaceva molto leggere, ora non ne sento più il bisogno. sono insensibile a tutto, tranne al dolore. non ho bisogno di nulla, tranne che del dolore: per me è come una droga.
scorgo Michael avvicinarsi cautamente a me, per poi sedersi al mio fianco. il tessuto del divano scricchiola un po'. "Luke" esclama. "che vuoi?" grugnisco per risposta. "stai meglio di ieri?" allarmato mi guardo intorno, poi lui aggiunge:"tranquillo, non ci sente nessuno" a quel punto sospiro pesantemente, per poi fissare le sue iridi, dello stesso colore dei suoi capelli spettinati.
"sto bene, non preoccuparti"
"okay. ci hai pensato?"
"a cosa?"
"al mio invito"
"al tuo.. oh, si"
il suo sguardo si illumina:"quindi?"
"non so" rispondo con una scrollata di spalle.
sembra deluso, ma decido di rimanere indifferente. "hai un bel po' di tempo per pensarci" mi fa l'occhiolino "fai la scelta giusta".
all'ora di cena dei dottori mi fanno ingoiare con la forza mezzo piatto di minestra, poi se ne vanno. mi viene da vomitare, ma mi trattengo, perché so che dopo starei peggio. mi distendo sul mio letto scricchiolante e ripenso alle parole di Michael:'fai la scelta giusta'.
forse qualcosa può ancora migliorare, devo solo capire qual é la scelta giusta.
e forse lo so già.
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hola!
scusate i cinque giorni di attesa ;___;
sapete, leggo certe storie e mi viene voglia di cancellare tutte le mie, perché in confronto sono 'na schifezza. so che mi lamento sempre, ma la mia autostima è inferiore allo zero.
che dire, ci metto impegno, ma non sono quel granché.
..buona domenica a tutti c:
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Psychopath Love. || Muke
FanfictionNiente è noioso se riguarda Michael Clifford, e niente è stupido se riguarda Luke Hemmings. "Quindi ti hanno rinchiuso qui dentro perché esigevi a tutti i costi di possedere qualsiasi cosa pensavi potesse aiutarti a costruire la tua astronave?" chie...