~ chapter 5 ~

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*Michael's pov*
sono ancora scosso da quel sogno, ma devo pensare fuga. mentre mangiucchio un biscotto, che per la cronaca non è nemmeno buono, entra un uomo abbastanza giovane.
"che vuoi?"
"Clifford. il tuo nome è famoso. ma non scapperai anche da qui" mi minaccia "devi rimanerci per tutta la vita, perciò vedi di fartelo amare." mi lancia dei vestiti, poi si volta:"sono il figlio del direttore, possiamo essere amici" scuote la testa, ed io sento il suo ghigno nonostante sia di spalle. "invece, se tenti ancora la fuga, saremo aspri nemici. e credimi Clifford, questa opzione non ti conviene. datti una regolata, mi sembri abbastanza lucido. o forse mi sbaglio, e sei un completo pazzo, stupido, fuori di testa,.."
"LA SMETTA! LA SMETTA DI USARE QUELLE PAROLE!" grido ad un tratto. non ne posso più, mi chiamano sempre così, con quei nomignoli orribili. ma l'uomo non sembra fare caso alle mie urla, così continua:"sappi solo che da qua non uscirai. mai. mi assicurerò di rendere quest'edificio impenetrabile, solo per te, Clifford." le ultime parole uscirono con freddezza dalle sue labbra. "sei qua ormai, dovevi pensarci prima" detto ciò, si avviò verso la porta e la chiuse alle sue spalle, facendo scattare la serratura. mi alzai dal letto ed andai a sciacquarmi la faccia, desiderando di dare un pugno in faccia a quell'uomo.
voleva rendere orgoglioso suo padre? bene, io gliel'avrei impedito. mi piacciono le sfide, e non volevo affatto essere suo amico.
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verso le tre del pomeriggio dei dottori mi scortarono fino alla sala comune. mi chiedono perché si chiamino dottori; non è un ospedale questo, e loro danno solo le medicine. mio malgrado avevo indossato gli abiti che mi aveva dato l'uomo: erano miei, erano i miei amati skinny neri e la mia maglia con le maniche lunghe e una stampa con delle stelle rosse. stavo molto più comodo così. fui felice di andare nella stanza comune, perché avevo fatto amicizia con due pazzi ricoverati in questo posto; avevamo anche tentato delle fughe insieme, e ci siamo ripromessi di fare un grande colpo, in modo che perdano del tutto le nostre tracce. ci stiamo lavorando. appena raggiungo il divano in cui sono seduti, loro mi salutano con un cenno del capo ed io mi siedo di fronte ad uno di loro, Calum. ama stare da solo e fissa il vuoto per ore. spesso gli parli e non sente, oppure non risponde. accanto a lui c'è il suo fidanzato Ashton, che gli cinge la spalle con il braccio. è molto protettivo nei suoi confronti; Ashton è il contrario di Calum, è isterico e passa velocemente dalle parole alle mani. spesso solo la voce di Calum riesce a calmare la sua rabbia. Ash non vuole far impaurire Calum con la sua ira, perciò pensa di non essere il ragazzo giusto; ma Cal gli ripete sempre che lo ama, e che non sa cosa farebbe senza di lui. così Ashton diventa dolcissimo e inizia a coccolare Cal.
io mi sento sempre di troppo tra di loro, ma andiamo molto d'accordo. siamo conosciuti come il trio delle fughe, anche se io spesso tento dei colpi da solo. abbiamo sempre un medico che ci sorveglia quando andiamo in sala comune, così non possiamo tramare niente; ma noi, durante l'ultima fuga, abbiamo inventato un linguaggio, così non ci capisce nessuno anche se ci ascolta. probabilmente pensano che sono discorsi da pazzi. usiamo la parola 'stanza bianca' come riferimento alla fuga. passiamo tutto il giorno in una stanza bianca di un manicomio, quindi è la prima parola che ci è venuta in mente. quindi, quando qualcuno la dice, gli altri scattano sempre all'ascolto.
"mi è venuta in mente una storia l'altro giorno. c'era una stanza bianca, dentro c'era un vecchio furgoncino" mi comunicò Ashton "però non era ancora pronto. per me sapeva volare. ma non era ancora pronto. non è facile farlo partire. vero, Cal?" diede una gomitata al moro, che stava fissando un punto impreciso della stanza. Calum non rispose, ma Ash sorrise lo stesso, mentre il dottore che ci sorvegliava non aveva capito un accidente, e ci guardava male. io annuii e commentai:"ci vuole pazienza per volare." quello che il ricciolino voleva dire era che aveva combinato di farci fuggire con un furgoncino, e stava cercando di farci venire a prendere. ma non era ancora riuscito a scendere ad un compromesso con il proprietario, un suo amico. ne avevamo comunque già parlato, volevamo uscire dalla città e quel suo amico ci avrebbe combinato anche dei documenti falsi. era tutto perfetto.
mentre pensavo al piano notai Luke, seduto da solo con un libro in mano e un espressione corrucciata. nascondeva i polsi nelle maniche della felpa e si stuzzicava il piercing con i denti. era dannatamente sexy.
"okay ragazzi, ci vediamo" li salutai, per poi avvicinarmi al biondo. "Luke" esordii; lui alzò il capo verso di me, ma lo riabbassò subito. "come stai? posso dirti una cosa?" lui annuì ed io mi guardai intorno: non c'erano dottori attenti a ciò che dicevo. "vedi quei due ragazzi laggiù, quelli abbracciati? stiamo progettando una fuga" sussurrai. "se vuoi puoi unirti a noi. abbiamo ancora tanto da lavorare, ma succederà. però non devi proferire parola con nessuno. a me fa piacere se vieni, ti farebbe bene uscire da qui". lui scrutò la mia espressione, per poi balbettare:"non saprei.. forse. non lo so.. ci penso". io sorrisi:"pensaci", ma il mio sorriso svanì quando spostai lo sguardo in direzione di Ashton: scuoteva la testa contrariato, e sapevo cosa voleva dire: aveva ragione, stavo dando troppa confidenza a Luke.
eppure non riuscivo a tenerlo lontano.
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SIGNORE E SIGNORI, UN BELL'APPLAUSO PER I CASHTONNNNNNN!
alloraalloraalloraaaa, ho fatto entrare un po' di personaggi. mi piace questo capitolo, a voi?
alla prossima 🌸

Psychopath Love. || MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora