Capitolo sei - Oasi nel deserto

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Era già passato un anno.

Altheon si fermò completamente mentre il pensiero lo colpiva, incapace di muovere anche solo un passo sulla sabbia calda e dorata di fronte a sé.

Aveva contato tutti i giorni che erano passati da quando la sua vita era andata in pezzi. La Luna aveva compiuto il proprio ciclo dodici volte da allora. Un anno. Un anno esatto da quando Nox era morto. Da quando aveva portato la sua anima con sé.

Gli pareva che fosse passata una vita intera. E al tempo stesso, era come se non fossero trascorsi che pochi minuti da allora.

Era passato un anno da quando aveva smesso di essere se stesso, e sarebbe stato solo il primo.

"Altheon?" Si girò di scatto, verso Phunsud e i suoi occhi fissi su di lui. Il centauro parve sul punto di dire qualcosa, ma abbassò subito lo sguardo. Doveva avere avuto lo stesso pensiero, all'inizio di quel giorno, perché c'era un'ombra scura attorno ai suoi occhi.

Altheon si voltò nuovamente. Non aveva intenzione di parlargli.

Quell'anno era stato un susseguirsi di giornate tutte uguali, popolato da volti nuovi e dimenticabili, le cui storie non potevano più consolarlo, e dalle facce dei suoi compagni, tinte di normalità. Avevano scordato ogni cosa. Non poteva perdonarli per questo.

Come potevano comportarsi come se non fosse cambiato nulla?

Strinse i pugni, cercando di ricacciare il gelo che sentiva nella parte più profonda della propria anima. Come poteva permettere che quei visi attorno a lui continuassero a essere illuminati da occhi tranquilli e sorrisi lievi, quando Nox non c'era più?

"Dovremmo andare..." cominciò Phunsud, ma tacque. Lo sguardo che suo figlio gli aveva rivolto pareva avergli ghiacciato il sangue nelle vene. Non sarebbe riuscito a parlargli. Non ci era riuscito nemmeno una volta in tutto quel tempo.

Altheon rimase immobile a fissare l'orizzonte, poi annuì lentamente. Cominciò a muoversi con quello che pareva uno sforzo insopportabile verso l'oasi che costituiva la loro nuova casa. Per un momento sperò di cadere e soffocare nella sabbia.

Ma sapeva che non sarebbe mai accaduto, e che invece avrebbe dovuto sopravvivere fino alla fine di quel giorno, come sempre.

Forse sarebbe bastato ripetere meccanicamente gli stessi gesti di sempre per convincere il suo corpo ad arrivare vivo fino al tramonto. Non doveva neanche sforzarsi particolarmente. Era diventato un raccoglitore, in quell'anno. Non sarebbe riuscito a sopportare di andare di nuovo a caccia, non con un compagno diverso da suo fratello.

L'oasi era grande, ancora ricca. Dalla folta distesa di arbusti sorgevano numerosi alberi dal tronco sottile, i cui rami gettavano macchie d'ombra sulle orme. In lontananza, riusciva a scorgere l'ombra di qualche animale, ma non era interessato a cacciarli e non si preoccupò di nascondere il proprio odore. Percepiva i riflessi del sole sull'acqua della grande pozza che aveva consentito a quel posto di sopravvivere.

Odiava le oasi. Loro erano riuscite a salvarsi dal deserto, come se la vita delle piante e degli animali che custodivano valesse più di quella di Nox.

Chiuse gli occhi, avvicinandovisi e rivelando l'imboccatura dell'otre. La pozza era disabitata, se non per pochi uccelli che saltellavano vicino al bordo. Era una fortuna. Non aveva intenzione di perdere tempo a scacciare qualche antilope imbizzarrita. Voleva solo andarsene il prima possibile.

Cercò di non guardarsi mentre riempiva il recipiente. Non riusciva più a osservare il proprio riflesso.

Un basso ruggito poco distante da lui lo costrinse ad alzare lo sguardo verso l'altro capo della pozza.

Il leopardo e la panteraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora