Capitolo quattro - Orchi

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La prima cosa che Nox percepì quando tornò cosciente non fu né la luce né il calore per cui aveva resistito fino alla fine. Fu un suono, inizialmente indistinguibile.

Cercò di aprire gli occhi. Doveva svegliarsi. Il dolore era svanito. Se era morto, non aveva sofferto e sarebbe stato al sicuro tra gli Spiriti. Se era vivo, significava che ancora nessuno lo aveva trovato.

Gli ci vollero diversi tentativi prima che riuscisse a sollevare le palpebre. Sopra di lui, la luce del sole filtrava attraverso il tessuto di una tenda.

Restò a fissarlo per quelle che parvero ore. Il suo corpo si era teso involontariamente, ma presto si rilassò, ricadendo sulla stuoia sotto di lui. Stava respirando ed era al riparo. Le ombre che aveva visto non erano solo frutto della sua immaginazione, altrimenti sarebbe ancora stato perso nel deserto.

Forse era davvero a casa. Forse adesso Mhidarr sarebbe entrato per salutarlo, come faceva tutte le mattine. Forse voltando la testa avrebbe visto Altheon.

Ma il suono restava anomalo. Erano voci, ma non quelle dei suoi compagni. E quella non era la sua lingua. Non era morbida come la lingua dei centauri, non aveva le successioni di vocali del kurjt.

L'illusione cominciò a spezzarsi.

Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi sulle voci. Per quanto si sforzasse, non riusciva a capire che lingua stessero parlando. Forse erano dei naryn.

Chiunque fosse, lo aveva salvato. Non appena fosse riuscito a reggersi in piedi, avrebbe trovato il modo di ripagarli e avrebbe cercato di capire dove fosse finito. Se erano davvero naryn, doveva trovarsi nel deserto esterno. Da lì avrebbe potuto ritrovare la strada di casa, ora che era lucido.

La stanchezza ebbe il sopravvento sui suoi pensieri. Si sentiva debole e aveva sete, ma il suo cuore ora batteva regolare. Voleva solo dormire ancora un po'. Si sarebbe svegliato e avrebbe trovato una soluzione a tutto. Forse poteva lasciarsi alle spalle tutto quello che era successo...

Smise di respirare mentre ricordava.

Le urla attorno a lui. La sensazione della vita che fuggiva. La mano sul suo viso, pronta a strappargli gli occhi.

No, si ripeté, inspirando a fondo. No, è tutto finito. Sono salvo.

Riaprì gli occhi e abbassò lo sguardo sulla sabbia sotto di lui. Era nera.

Quello non era il deserto esterno. Noncera neanche il territorio kamry. Quello poteva essere solo il deserto interno.

Scosse la testa, provando a svegliarsi di nuovo. Doveva per forza essere un sogno. Nessuno era mai arrivato fino al deserto interno, nessuno era in grado di sopravvivere lì. Se anche fosse davvero giunto fino a lì, non sarebbe stato ancora vivo. Non ci sarebbe stato nessuno ad aiutarlo, nel deserto interno.

Prima che potesse capire cosa fosse successo, un lembo della tenda si scostò e una figura si stagliò contro la luce.

"Vedo che sei finalmente sveglio."

Aveva parlato in kurjt, ma la voce era bassa e gutturale, troppo per appartenere a un centauro o a un nary. Assomigliava al ringhio di un animale.

Si costrinse a mettere a fuoco quello che si trovava davanti a lui. Una creatura alta almeno un braccio più di lui, con il capo coperto da ispidi capelli scuri, la pelle color ocra e due lunghe zanne candide, simili a quelle di un facocero.

Non sarebbe dovuto essere possibile, ma certamente quello era un orco.

L'istinto lo salvò, facendogli erigere una barriera attorno a sé. Non sapeva come quell'essere fosse arrivato fino a lì, come avesse fatto a materializzarsi in un mondo in cui non avrebbe dovuto esistere, ma non poteva permettergli di avvicinarsi.

Il leopardo e la panteraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora