chapter sixteen

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Charlotte's pov
Interruppi l'abbraccio. Andai da Eddie e lo abbracciai. Volevo un abbraccio dal mio migliore amico. Poi, osservai tutti i sopravvissuti. Vidi ragazzi che venivano aiutati a camminare dai soccorritori. Andai dentro la struttura e i miei amici preoccupati mi seguirono. Osservai attentamente mentre alcune lacrime scendevano sul mio viso ormai sporco di macerie e detriti. Poi lo vidi, vidi Mark. Era seduto e fissava il vuoto mentre un soccorritore gli medicava una ferita. Quando mi vide, sorrise. Io corsi da lui, meglio che potevo, e lo abbracciai. Lui era sorpreso, ma felice. Di sfuggita vidi Alex in lacrime. Stava piangendo silenziosamente e, nel frattempo, Eddie ed As lo consolavano.
Domi rimaneva sempre il quinto in comodo.
A quella scena, mi staccai da Mark, feci un piccolo sorriso e raggiunsi Alex.
"Sai che amo solo te, vero?" Sussurai.
"Ma...tu come lo sai?" Chiese stupito il ragazzo dalle lentiggini
"Sono una brava osservatrice" gli dissi sorridendo e lui ricambiò. Gli asciugò le lacrime. La scuola doveva essere ricostruita e quindi siamo stati costretti a strasferirci nella scuola del mio ragazzo.
Mentre guardavo gli occhi di Alex e mentre mi perdevo in essi, ebbi un attacco di panico. Alex mi guardava preoccupato e cercava di calmarmi mentre As, Eddie e Domi cercavano di capire cosa stava succedendo. Mark si alzò e si avvicinò a me. Era come se non respirassi. E mentre le mie lacrime scendevano, e mentre i miei amici mi guardavano con aria preoccupata, un soccorritore mi punse con una siringa. Non sapevo cosa c'era dentro, ma mi tranquillizzò.
E mentre Alex fece appoggiare la mia testa sul suo petto io mi addormentai. Sentì poi delle mani fredde che mi prendevano dalle braccia.
Vidi l'inferno: il ragazzo ucciso nel bombardamento, Mark ucciso. Io che non riesco a salvare As e Domi. Poi vedo Alex, un attimo prima che mi guardava nei miei occhi, e un attimo dopo ucciso. Vidi la guerra, il sangue. Osservai la brutalità della scena. Cercai di urlare, cercai di chiedere aiuto, ma era impossibile.
Aprì gli occhi. Un altro incubo. Un altro fottuto incubo. Cercai di muovermi, ma non ci riuscivo. Ero bloccata. I miei polsi erano legati. Sentì delle voci. Una non la riconoscevo. Diceva che avevo qualcosa. Non capivo. Ho sentito delle voci familiari che gli urlavano contro. Non riuscivo a comprendere.
Poi la porta si aprì e vidi i miei amici, in lacrime.

Quella strana comitivaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora