𝟱: 𝗧𝗘𝗠𝗣𝗘𝗦𝗧𝗔.

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Elsa si aspettava di tutto, ma non di certo quello che le si stava ponendo davanti agli occhi in quel momento: Maya teneva un ragazzo attaccato al terreno con la mano sinistra, mentre con la destra lo colpiva in viso con una serie di pugni secchi e molto più forti di quelli che aveva ricevuto Elsa un mese prima. Era sangue rosso intenso quello che ricopriva il volto del ragazzo, lo stesso che colorava le nocche della mano destra della ragazza.
La bionda non aspettò un istante di più, corse verso i due e mise una mano sulla spalla della corvina e l'altra attorno alla sua vita, raggiungendo la pancia con le dita e spostandola dal corpo della vittima.
Immediatamente il giovane strisciò via, pulendosi la faccia con la manica della veste e guardando la corvina spaventato. "Sei un mostro.. Una bestia.." riuscì a dire, respirando affannosamente e provocando una reazione in Maya, che però fu immediatamente fermata da Elsa. "Maya!"
La bionda era dietro di lei e con le mani che prima teneva sulla spalla e sulla vita, teneva ora fermi i suoi polsi. "Calmati." poi fece cenno al gruppo di ragazzi di aiutare il loro compagno e di andarsene al villaggio.
La ragazza abbassò le braccia, staccandosi dalla presa del quinto spirito e sedendosi per terra, appoggiando la schiena sullo stesso enorme albero di sempre. Quel luogo era familiare ad entrambe, dato che spesso era proprio lì che si mettevano a parlare, come quando lottarono.
Elsa si sedette dinanzi a lei. La corvina aveva le gambe incrociate, mentre la bionda era più composta, era seduta sulle proprie ginocchia.
"Allora." prese un respiro profondo. "Che è successo..?" si morse il labbro inferiore, guardandola preoccupata, mentre Maya aveva lo sguardo rivolto altrove.
"Niente."
"Dovrei crederti?"
"Sì. Non è successo niente. Mi sono incazzata per nulla."
"Le parole, Maya."
"Scusa. Non è successo un cazzo. Mi sono incazzata per una cagata."
La bionda sospirò, non potendo perdonarsi di aver lasciato andare un sorriso in un momento così serio.
Qualche foglia dai colori autunnali cadde a terra mentre il tempo passava lentamente e le parole tra le due sembravano finite. In realtà, quando le due rimanevano in silenzio, le parole circolavano più che mai.
"Devo essere sincera con te."

Maya portò lo sguardo verso Elsa, confusa dalla sua uscità così spontanea e priva di senso. La confusione aumentò quando vide la ragazza sedersi esattamente alla sua sinistra, appoggiandosi anche lei all'enorme tronco.
"Sono offesa." le intimò la bionda, guardando dinanzi a sé mentre invece gli occhi della corvina erano concentrati a guardarla.
"Sì, sono offesa. Non mi hai mai raccontato nemmeno una singola cosa riguardante la tua vita, mentre io ti ho detto praticamente tutto."
Silenzio totale. Gli occhi della corvina passarono dallo sguardo del quinto spirito, impegnato a guardare l'ambiente circostante come se fosse un luogo nuovo da esplorare, alle sue labbra soffici e rosse. Poi andarono sui suoi capelli biondo platino, quasi bianchi, che le cadevano dolcemente sulle spalle, sul petto e lungo la schiena. Dopo qualche secondo, anche lei cominciò a guardare dinanzi a sé, uno sguardo malinconico pitturato sul suo volto.
"Mia madre e mio padre non sono state brave persone."
Elsa si trattenne il più possibile per non immergersi in un sorriso a trentadue denti e prestare, piuttosto, attenzione alle parole della ragazza. Era felice che avesse cominciato a raccontare un po' di sé, ma quello non era certo il momento per saltellare di qua e di là.
"Per questo sono nata io. Non so chi abbia scagliato il maleficio sui miei genitori, mi dissero solo che furono stati avvisati che il loro primogenito avrebbe avuto poteri distruttivi."

"Tu sei una maledizione. Non ho intenzione di riconoscerti come mia figlia."
Una donna dai capelli neri come la pece guardava la figlia con sguardo severo e tagliente, tenendo i pugni stretti e le braccia lungo il corpo. La piccola la guardava impassibile, aveva grandi occhi verde smeraldo e capelli prevalentemente rossi come il fuoco, solo qualche centimetro iniziale era nero come quello della madre. La bambina era zitta e si teneva, con una mano, il livido che la figura dinanzi a lei le aveva appena procurato sul braccio sinistro.
"Quel mostro ha bruciato di nuovo tutto! A fuoco! Perché proprio a noi è dovuta capitare una disgrazia simile?" si disperò il padre, tenendosi le mani tra i capelli esasperato.
Il villaggio in cui abitavano era molto più simile ad Arendelle che a quello del Popolo del Sole. Era molto più moderno, molto più articolato, organizzato, popolato.

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