One Last Time

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~ Robin Hood ~

Chi almeno una volta, non ha sognato di vivere una vita, come quella di una favola.
Ero molto piccola, ma ho ancora dei frammenti di quella casa sudicia, che giorno dopo giorno cadeva a pezzi. Non ricordo molto, solo il freddo che ogni sera portava via il mio sorriso. Un giorno però, la mia vita cambiò radicalmente. Una casa nuova, una stanza tutta mia, una famiglia o quella che da quel giorno, lo sarebbe stata. No fu per niente semplice, andare avanti dimenticando il mio passato. I giorni sembravano non trascorrere, ma ciò che mi faceva più paura era la notte. Quando il sole scompariva, privando il cielo della sua luce e ogni mio segreto, ogni mia debolezza prendeva vita; distruggendomi lentamente. Vivere in una casa dove nessuno mi voleva, non era facile. Non lo era per nessuno, ma ognuno aveva un modo diverso per dimostrarlo. Io tendevo a rimanere in silenzio, sola con i miei pensieri. Non mangiavo, non riuscivo a mettere il piede fuori da quella stanza. Cassandra passava la maggior parte del tempo fuori casa e quando tornava, faceva il possibile per non parlarmi. La vedevo abbracciare Ethan, darle un amore che io non avevo mai ricevuto; allora mordevo forte le mie labbra per non piangere, al ricordo di mia madre. Mio padre non riusciva nemmeno a guardarmi nei occhi. Ricordo che non faceva altro che litigare al telefono. Pronunciava con rabbia il nome di mia madre, finché smise anche di chiamarla e la mia speranza di rivederla, sparì come sale nella sabbia. In quel momento Ethan fu uno spiraglio di luce, alla fine di un tunnel che credevo interminabile. Mi diede la forza, il coraggio di andare avanti, ma nel momento in cui avevo bisogno di lui, non c'era. Andando avanti le cose non migliorarono, almeno non con tutti. Mio padre cominciò a parlarmi e conoscermi, mentre Cassandra rimaneva nella sua ombra. Ethan crescendo, cambiò completamente atteggiamento e quelle volte che entrava in stanza per distrarmi dalle urla di mio padre, cessarono. Imparai a convivere con tutto, con la solitudine e la continua paura di essere abbandonata. Mi fingo forte, ma è bastato un po' di affetto per buttare tutte le mura che avevo costruito. Le parole di Jonathan non hanno intenzione di lasciarmi, continuano a tornare, colpendomi come proiettili. Sono arrabbiata con lui per avermi usata, ma il calore delle sue mani si è impresso dentro di me, come i suoi occhi e i suoi baci. Mi chiedo se qualcuno mi amerà veramente, senza secondi fini. Mi chiedo se Ethan mi perdonerà mai, mi chiedo se mia madre ci pensa mai a me. Mi chiedo se smetteró mai di avere paura di amare.

~ Arya non hai chiuso occhio per tutta la notte, che ti prende? ~

Domanda Faith con la voce impastata dal sonno.

~ ho solo troppi pensieri per la testa, torna a dormire è ancora presto ~

Sussurro e lei non se lo fa ripetere. Cercando di fare il minimo rumore, mi cambio, indossando un costume nero a due pezzi e dei semplici shorts neri con una maglietta corta bianca. Esco dalla tenda notando il cielo ancora scuro, non so con precisione che ore sono, ma non penso manchi molto all'alba. Mi allontano dalla base, stando attenta a non svegliare nessuno e mi immergo nel verde della foresta. L'unico suono udibile è quello delle mie scarpe, che calpestano le foglie secche e i rami caduti. Continuo a camminare finché non arrivo in spiaggia, dove la sera precedente abbiamo trascorso più della nostra serata. Le onde si infrangono sulla riva, emettendo un suono simile al fruscio delle foglie, mentre il sole sta lentamente sorgendo, illuminando l'acqua. Mi siedo sulla sabbia, ormai fredda e mi accendo una sigaretta, lasciando che il fumo mi riempia i polmoni. Un leggero vento scompiglia I miei capelli, portando con sé l'odore di salsedine. Mi tolgono le scarpe, lasciando che la sabbia si insinui,
lentamente tra le dite dei miei piedi; provocado così una serie di brividi su tutto il mio corpo, a causa del freddo. Le immagini della sera precedente tornano prepotenti nella mia mente. Lo sguardo di Jonathan durante il ballo con Logan e la voglia che ci  fosse lui al suo posto. Sono sempre stata la seconda scelta, ormai ci avevo fatto l'abitudine, ma Jonathan inconsapevole ha scosso ogni cosa di me. Si è insinuato dentro di me come una tempesta. È entrato dentro di me, distruggendo ogni mia convinzione. Non ha lasciato niente, non ha pensato a niente. Ha solo agito.
È bastato solo un suo sguardo. Mi chiedo cosa ha lei, che io non ho. Mi chiedo cosa ha fatto per avere il suo cuore e possederlo ancora, nonostante la loro lontananza. Il sole è ormai in alto, l'acqua è di un colore incantevole, indescrivibile. Mi avvicino, lasciando che essa bagni le mie caviglie. È fredda ma non ho voglia di allontanarmi. Mi privo velocemente dei vestiti e resistendo l'acqua ancora fredda mi immergo. Comincio a nuotare, allontanandomi sempre di più dalla riva e da tutti i pensieri. Mi fermo prima di non riuscire più a toccare il fondo e guardo verso il cielo. Il sole illumina il mio volto, mostrando tutte le mie debolezze. Le mie lentiggini che mi ricordano, chi non mi ha mai voluto; i miei occhi colmi di lacrime che non cadono da anni ormai. Abbandono il mio corpo, lasciandomi sprofondare nell'acqua, finché non riemergo pronta a urlare, ma la mano di Jonathan è più veloce e mi ferma. Riconoscerei il suo corpo ovunque, il suo respiro e il suo profumo sono la mia condanna. Mi dimeno tra le sue braccia, ma è inutile non mi lascia andare.

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