8.

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A pranzo, non osai guardare Andres nemmeno per sbaglio.
Quel gesto che avevo fatto prima... Era stato insensato.
Di certo non ci avevo ragionato su.
Non avevo pensato al fatto che non è un umano, che è un principe e che tra un mese si sposerà.
Non ci avevo minimamente pensato.
Avevo fatto la prima cosa che mi era passata nella testa.
Lui aveva avvicinato ancora di più il suo viso al mio e i nostri nasi si sfioravano, i nostri respiri si confondevano.
Il mio cuore batteva così forte che ho avuto paura che potesse sentirlo.
Bofonchiai una scusa e mi staccai da lui, in modo da mettere un freno a quello che stava succedendo tra di noi.
Ma anche lui... Perché non mi aveva respinta?
<< Tesoro non mangi niente? >> Ernesta mi fissava vedendo che non portavo la pasta alla bocca.
<< Ehm, no ecco io... Ero sovrappensiero. Adesso mangio >> e con la testa bassa iniziai.
Alla fine del pasto mi alzai, tentando di filare diritta in camera mia, ma dopo qualche passo Shulby mi chiamò.
<< Signorina Arinda! Ha un momento per me? >>.
Lui in fondo non c'entrava nulla con tutta questa storia e quando ne avevo bisogno, c'era per me.
<< Certo >> risposi girandomi verso di lui.
Mi sorrise e mi seguì in camera mia.
<< Prego >> feci e si sedette all'altro capo del letto.
<< Allora... Ehm... Se non sbaglio lei aveva detto di essere arrivata qui attraversando un giardino >> rammentò.
<< Si >> perché quest'argomento?
<< Ecco... Se non sono troppo indiscreto... Come mai è entrata in quel labirinto ? >> Mi guardò negli occhi.
<< Vedi Shulby, mia madre me lo aveva sempre negato, ed io le avevo sempre obbedito.
Il giorno prima che arrivassi qui lei è partita per questioni di lavoro, ed io sono entrata nel giardino >> spiegai.
Lui sembrò riflettere sulle mie parole.
<< Quindi aveva già in mente di entrarci? Stava aspettando il momento proficuo? >>.
<< No! Io non volevo andarle contro... Solo che quel giorno vidi la luce... E l'indomani udii quel canto e... >>.
<< Aspetta cosa? Quale luce? Quale canto? >>.
Tentai di trovare le parole giuste, non era facile spiegare quella situazione.
Gli parlai della luce, del fatto che tornai indietro e del giorno dopo, del canto che aumentava sempre di più.
Alla fine del racconto Shulby mi guardava leggermente perplesso.
<< Quella luce - mi disse serio - è un richiamo che viene dal nostro mondo.
In genere arriva a chi deve venire qui per uno specifico motivo, per una missione.
E quella voce che hai sentito, era il canto di una fata, il che vuol dire che è stata una fata a chiamarti >>.
Ero sbalordita.
<< E come posso rintracciarla? >>.
<< Non puoi. Sarà lei a rintracciare te, quando avrà intenzione di dirti perché ti ha chiamata >>.
Ah.
<< Ho capito... Grazie Shulby >>.
<< Di niente >> e detto ciò si alzò e se ne andò, lasciandomi ai miei pensieri.

...

Nel pomeriggio tornai nella sartoria.
Passai il tempo a completare la mia collezione e a riprodurre la mia taglia su ogni vestito.
Tanto andava bene per le statistiche.
Una volta terminati i carta modelli ero soddisfatta del mio lavoro.
Scelsi i tessuti da utilizzare e iniziai a cucire.
Nel mentre pensavo a quello che mi aveva detto Shulby.
Perché mai una fata avrebbe dovuto convocarmi?
Non ero mai stata qui... Perciò come faceva a conoscermi?
Si era sbagliata?
Evitai di soffermarmici troppo.
Se una fata voleva parlarmi, sarebbe venuta.
Sentii bussare.
Pensai che fosse Ernesta.
<< Avanti >> sentii dei passi dietro di me.
<< Hai visto come ho proseguito il lavoro? Ti piacciono i miei vest... >>.
<< Wow, non sapevo fossi così brava >> la voce di Andres mi fece impallidire.
Mi voltai lentamente verso di lui.
<< C-Cosa ci fai qui? >>.
<< Anche io sono contento di vederti >> ironizzò.
Si sedette accanto a me, io mi allontanai un po', cercando di mettere distanza tra di noi.
Purtroppo mi sembrò inutile appena mi guardò negli occhi.
<< Mi dici che cos'hai? Ti ho offesa in qualche modo? >> Il suo sguardo era carico di... Preoccupazione.
Abbassai lo sguardo.
Lui si sporse verso di me e con due dita mi sollevò il mento.
Incontrai di nuovo i suoi occhi.
<< Arinda... Per favore, non posso vederti così >> mi si scaldò il cuore a queste parole.
<< Tu... Non hai fatto niente, cioè si, ma... Uff! Perché non mi stai alla larga? Non voglio problemi con la regina >>.
Lui aggrottò la fronte: << perché dovresti averne? >>.
Le mie guance andarono a fuoco.
Solo con mia madre mi era capitato di sentirmi così... Vulnerabile.
<< Beh, perché... Non fare finta di niente! Ieri eravamo tanto vicini e... >>.
<< E quindi? >>.
<< Come e quindi?! - sbottai - quindi non possiamo, perché tu tra un mese ti sposi e poi io sono un'umana e... >>.
<< Aspetta - mi interruppe - pensi che tra noi due ci sia qualcosa? >>.
Rimasi senza parole.
<< Io credevo... >>.
<< Credevo cosa? Che mi fossi innamorato di te? Di... Un'umana? >>.
<< Lo dici come fosse un difetto >>.
Lui rise aspramente.
<< Scusami ma perché sei così bipolare?! Prima mi accogli male, poi mi chiedi scusa. Poi fai il carino con me, facendomi credere che tra noi ci sia qualcosa e poi mi umili >> Le lacrime minacciavano di uscire, ma non avrei pianto davanti a lui, non gli avrei dato questa soddisfazione.
Mi alzai lasciando il lavoro incompleto.
Corsi via e mi rifugiai nella mia camera.
Piansi.
Piansi la mia casa, la mia famiglia, mia madre e in un certo senso anche la mia libertà.
E piansi, non andandone fiera, il rifiuto di Andres.
Si era preso gioco di me, dei miei sentimenti?
Mi ero immaginata il modo in cui sembrava baciarmi con gli occhi?
Forse mi ero soltanto illusa di tutto.
E adesso, più di prima, desideravo soltanto tornarmene a casa e dimenticare questo regno e ciò che contiene.

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