Fango

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Monterotondo
Palazzo Orsini
5 agosto 1468

Quel giorno il sole brillava alto in cielo. I vari giardinieri lavoravano senza sosta all'interno dell'immenso labirinto, sistemando le foglie degli arbusti e raccogliendo i fiori maturi che pendevano dai rami degli alberi. I peschi emanavano un profumo dolce ed accogliente, mentre le rose appena sbocciate vibravano leggere nell'aria, sospinte da una leggera brezza che muoveva i numerosi petali colorati.

Clarice camminava lentamente tra i vari corridoi del labirinto. Con una mano sfiorava le foglie dei rami che si protendevano verso di lei , mentre con l'altra teneva stretto tra le dita un cesto di vimini. Vi aveva raccolto le varie ciliegie appena cadute dai vari alberi disposti in fila nel giardino. I suoi dolci boccoli rossi le ricadevano sulla schiena, mentre il lungo strascico del vestito scorreva sul terreno, noncurante dei piccoli sassolini che incontrava per la sua via.

Clarice si fermò al centro del cortile del Palazzo e cominciò a contemplare la statua del dio greco Nettuno. La divinità maschile era stata scolpita nel marmo vivo, poi modellata dagli artigiani migliori della città. Suo padre aveva speso tanto denaro per vederla completata nel giro di poche settimane, richiedendo poi l'aiuto di numerosi architetti per porla all'interno dell'enorme fontana che aveva intenzione di far costruire nel proprio giardino.

La ragazza rimase incantata dalla bellezza di quella statua, gli occhi vivi e prepotenti sembravano sfidarla. Seguivano ogni suo movimento, non la lasciavano mai in pace. Ricordava la paura che aveva provato da bambina ogni volta che correndo nel labirinto all'improvviso si era ritrovata di fronte quel dio greco dalle braccia possenti e dalla chioma fluente.

Clarice chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal suono dolce e rilassante che l'acqua provocava non appena fuoriusciva dalla bocca di uno dei pesci che ornavano la figura di Nettuno. Per un attimo rimase completamente immobile, persa nel tempo e nello spazio.

Ad un tratto alcuni passi in lontananza cominciarono a farsi sempre più forti. Il rumore che le scarpe provocavano non appena raggiungevano il terriccio del terreno turbò la quiete in cui la fanciulla aveva scelto di rifugiarsi.

Clarice aprì gli occhi e si trovò di fronte suo fratello Rinaldo.

< Sorella, devo parlarti urgentemente. Hai la minima idea di cosa Lorenzo de Medici abbia proposto al pontefice ieri pomeriggio quando si è recato alla curia papale?>. Rinaldo, con la fronte sudata e i capelli scomposti sul capo, guardò sconvolto la sorella, aspettando una risposta da quest'ultima.

La ragazza fece un lungo respiro e cominciò ad incamminarsi verso il frutteto che si stendeva dietro l'immensa fontana di marmo.

< Fratello, è sempre un piacere parlare con te. Quand'è che verrai a trovarmi per darmi buone notizie?>.

Rinaldo accelerò il passo e cominciò ad aprire e chiudere freneticamente le mani.

<Clarice non è tempo di scherzare. Ho saputo solo ieri di quello che ti era capitato. Tu e lo zio Latino mi avete tenuto all'oscuro di tutto, avrei potuto difenderti io. Il papa mi vuole bene, mi fa continuamente dei favori. Avrei potuto persuaderlo io a chiederti scusa e a perdonare il tuo comportamento poco rispettoso nei suoi confronti. Non c'era bisogno di scomodare i Medici>.

Clarice si bloccò all'improvviso e si girò di scatto verso il fratello.

< L'uomo che tu tanto veneri, Rinaldo, mi ha picchiato ed umiliato davanti al nostro stesso zio. Non sono io ad essere stata irrispettosa nei suoi confronti. Io posso sposare chi desidero, non è compito del pontefice essere a conoscenza dei pettegolezzi della città>.

La moglie del MagnificoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora