Lettera D'amore

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Palazzo Orsini
1 giugno 1468

Quella mattina si era alzata presto. Il cinguettio degli uccellini che si erano posati sul balcone della sua finestra l'aveva risvegliata all'improvviso. Non appena aveva aperto gli occhi , subito un fascio di luce aveva inondato il letto in cui dormiva, colorando le sue coperte bianche come la neve di un colore giallo intenso.

La mattinata prometteva bene. Aveva bisogno di camminare all'aria fresca, dopo il sogno turbolento che aveva avuto quella notte. L'incontro avvenuto con Lorenzo de Medici un mese prima l'aveva profondamente turbata e il viso così bello e scolpito del giovane continuava a tornarle sempre in mente. Quei profondi occhi blu che si incastonavano perfettamente con i suoi sembravano aver vita propria nei suoi sogni.

Immaginava di danzare con lui, in un'ampia sala da ballo, illuminata solo dalla debole fiamma di qualche candela. Lei la dama, lui il valoroso cavaliere. Proprio come aveva letto in uno di quei romanzi della letteratura cortese in cui la fanciulla si innamorava del suo valente guerriero e da lui veniva protetta e salvata . Lorenzo vestiva di blu, mentre lei di rosso. Un rosso vivo e acceso, così abbagliante da farle ricordare il colore del sangue. Lo stesso sangue che fuoriusciva dalle ferite del Cristo dipinto da Beato Angelico in uno degli affreschi della parete centrale del palazzo. Lo stesso dipinto che messer Medici aveva ammirato lodandone la bellezza.

Clarice sapeva di star peccando. I suoi sogni, i suoi pensieri, le sue speranze.. Erano tutte cose impure, che mal si addicevano ad una donna come lei. Suo padre non le aveva forse insegnato che si peccava di più con la mente che con le azioni?

Eppure, mentre si guardava allo specchio quella mattina, aspettando che la sua dama di compagnia preferita giungesse per spazzolarle i lunghi capelli rossi, si sentì diversa. Si guardò più attentamente e rimase sorpresa. I suoi occhi brillavano e le sue guance erano leggermente rosee. Si, i segni c'erano tutti. Anche una povera ragazza come lei, poco avvezza ai sentimenti e al confronto con gli uomini, poteva riconoscere i sintomi della malattia d'amore.

Non c'era alcun dubbio, si stava innamorando. Quel ragazzo così affascinante e carismatico era riuscita a conquistarla con le sue parole soffuse. Era riuscito ad ammaliarla. Del resto era bastato così poco. Sapeva di averne bisogno, non le era mai stato permesso di stare nella stessa stanza con un uomo e quando le era stato concesso di camminare da sola con Lorenzo, senza dame di compagnia o soldati a sorvegliarla, si era sentita finalmente libera. Forse il suo futuro sposo l'avrebbe davvero resa felice, le avrebbe permesso di condurre una vita serena e molto più indipendente di quella che aveva vissuto fino a quel momento. Del resto, come sposa di Lorenzo de Medici, sarebbe stata anche lei a capo della banca, della famiglia, della città. Della bellissima Firenze, di cui tutti ne parlavano dipingendola come il paese delle meraviglie.

I suoi pensieri vennero però interrotti bruscamente da un rumore sordo alla porta. Finalmente la sua dama di compagnia ,Sara, era giunta. Era in ritardo quella mattina.

< Avanti, vieni pure Sara. Ti stavo aspettando. Pettinami i capelli, sai quanto mi piace!>.

Non appena voltò lo sguardo verso la porta però non incontrò gli occhi dolci e sorridenti della sua domestica, bensì quelli freddi e scuri come la pece di suo fratello Rinaldo Orsini. Cosa ci faceva a Monterotondo? Perché non era nella Curia papale a rappresentare gli interessi della loro famiglia presso il Pontefice?

< Rinaldo, sei proprio tu? Perché hai lasciato Roma? Ti mancavo davvero così tanto?.>

L'uomo, camminando lentamente e strascinando per terra la porpora cardinalizia, si diresse verso l'amata sorella.

< Oh Clarice, come potevo rimanere a Roma, dopo aver saputo del tuo futuro matrimonio con messer Medici! Perchè non mi era stato detto nulla?>

La moglie del MagnificoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora