OTTO

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Camilla


Dovevo ammettere che lo stratagemma usato da mia madre e da Matteo non era stato dei migliori, tuttavia avevo deciso di utilizzare questa opportunità al meglio.

 Per questo avevo deciso di indossare una tutina nera talmente corta da lasciare poco spazio all'immaginazione. Il pantaloncino metteva in risalto le mie gambe, slanciate grazie agli stivali con il tacco molto alto. Avevo fatto una coda altissima che terminava al centro della schiena e mi ero truccata gli occhi delle sfumature dell'oro, in tinta con la fibbia che avevo in vita. Indossai il bomber leopardato e scesi le scale.

«Eccomi», dissi e, appena notai l'espressione di Cesare, dentro di me esultai.

«Ok, noi andiamo», disse quest'ultimo salutando in quel modo freddo suo padre.

Mi sedetti dietro a Cesare, per dimostrargli quanto poco gradissi la sua presenza. In realtà, stargli così accanto mi avrebbe fottuto il cervello.

Per tutto il tragitto mi limitai ad osservare le case che scorrevano sotto il mio sguardo senza focalizzarmi sul profumo della sua pelle che giungeva fino alle mie narici.

Accidenti!

Mi sarei dovuta sedere dall'altro lato, non dietro a lui.

Parcheggiò la macchina sottocasa di Ottavio.

«Pensi che farai conversazione stasera o resterai nel tuo mutismo cronico?», chiese mentre scriveva al cugino del suo arrivo.

«Dipende, se è con te che devo farlo allora preferisco perdere l'uso della parola», replicai senza spostare lo sguardo da fuori il finestrino.

Proprio in quel momento davanti a me si materializzò Ottavio che, vedendomi, sgranò gli occhi confuso. «Cami, ciao, ma... che bella sorpresa», mentì e io gli feci il più finto dei sorrisi.

Guardò verso Cesare. «Dobbiamo passare a prendere Vanessa. Stasera una sua amica dorme da lei e le ho detto che le avremmo dato un passaggio.»

Cesare mise in moto. «Va bene! Dammi l'indirizzo. E comunque me l'avevi già detto, ricordi?»

Che bastardo! Stava per fare un'uscita a quattro!


Dopo circa dieci minuti iniziai a domandarmi cosa avessi fatto di male nella vita.

Dal momento che avevo solo 17 anni, sicuramente il mio karma doveva essere stato marchiato in una vita precedente. Ero schiacciata tra le veline di serie b, la mora e la bionda, le quali non facevano altro che agitarsi per ogni scemenza detta da Ottavio, con l'unico risultato di schiacciarmi di più.

Era chiaro che Vanessa avesse un debole per Ottavio, mentre l'amica, quella mora, sembrava essere più interessata a Cesare.

Presi il telefono e scrissi a Filippo.

- Incastrata in una serata con Cesare...

- ...aspetta in che senso "serata con Cesare?"

- Opera dei nostri genitori... stasera quando torno ti racconto...

- Va bene! Ci conto... ehi, aspetta un attimo, "quando torni?"

- Sì, sono tornata a casa!

- Non hai la più pallida idea di quello che questo può significare per me, grazie!!!


Riposi il telefono nella pochette e ripresi a respirare.



La prima cosa che feci dopo essere entrata nel locale, fu fiondarmi al bar. Tentai di farmi largo tra le persone che mi schiacciavano da ogni parte e, rischiando di cadere più volte, raggiunsi finalmente la meta!

«Cosa ti do, tesoro?», chiese il barman con fare viscido.

«Qualcosa di forte, ma senza rum», precisai.

Aspettai con ansia il mio drink. Quando me lo porse lo guardai dubbiosa. «Sicuro che è forte? Ha un colore ridicolo», domandai a causa della gradazione improbabile di azzurro nel bicchiere.

«Fidati, si chiama Angelo Azzurro. Ti piacerà.»

Decisi di non dirgli che anche il nome del cocktail era idiota oltreché il colore.

 Facendomi spazio tra la gente, di nuovo, raggiunsi il tavolo dove trovai Cesare impegnato in una conversazione con la morettina. Uno dei suoi compagni di classe, un certo Sergio, si avvicinò a me sperando di rimorchiare. Decisi di dare una possibilità al ragazzo ma era tanto carino quanto logorroico. Spostai lo sguardo sulla folla, cercando di contare in dieci secondi quante volte riuscivo a vedere la luce verde e quella rosa dei neon colorati. Notai i capelli rossi del mio migliore amico e, dopo essermi resa conto che si trattava proprio di lui, mi scusai con Sergio e mi precipitai a raggiungerlo.

«Camilla, ciao! Cosa ci fai qui?», chiese abbracciandomi stretta appena si accorse di me.

Ricambiai. «E' una lunga storia... bene, sono felice che sei venuto anche tu coi tuoi compagni!»

Leo aggrottò la fronte. «Ma di cosa stai parlando? Quali compagni?»

In quel momento realizzai che Leonardo non era stato invitato.

Scossi la testa. «Nulla di importante, devo aver capito male.»

«Sono qui con...», stava dicendo Leo quando dal bar vidi avanzare Christian.

 Era veramente bellissimo coi jeans strappati e la tshirt nera che metteva in risalto le braccia muscolose e tatuate.

«Cami, ti ricordi di Christian, mio cugino?»

Sorrisi. «Assolutamente!»

«Ehi, dolcezza ci fai compagnia oppure devi scappare da qualche fidanzato geloso?», chiese Chris con un sorriso.

Scossi la testa.

«Bene, la festa è appena iniziata!»

E' sempre bello averti intorno (THE ROSSI'S SERIES 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora