nove.

158 20 0
                                    





Se Namjoon avesse saputo prima che Seul-Gi sarebbe sparita ancora dalla circolazione, allora quella mattina avrebbe trascorso più tempo con lei. L'unica differenza rispetto alla scorsa volta era che almeno Taehyung non era a sua volta scomparso.
Come se nulla fosse mai successo, il ragazzo aveva ripreso a frequentare Jungkook e Namjoon. Nessuno di questi ultimi due si era posto troppi problemi, anche perché oramai i tre avevano cominciato a legare.

Taehyung era meno teso e riservato, sembrava come se quella piccola pausa trascorsa con i suoi gli avesse fatto bene perché era più sereno. Finalmente Namjoon ebbe l'occasione di conoscere il vero Tae, l'anima della festa e l'eterno bambino che c'erano in lui.

Così avevano un nuovo membro in quel bilaterale studio di gruppo, una testa in più a riempire quelle noiosissime serate passate tra i libri, con il cellulare che continuava a squillare perché Jackson voleva davvero troppo uscire con il suo migliore amico.
Di Seul-Gi non se ne parlava mai, neanche un accenno, e Namjoon sapeva benissimo di poter ricavare da Taehyung tutte le informazioni di cui aveva bisogno per soddisfare la sua curiosità nei confronti della ragazza, però aveva capito che se l'altro non la nominava mai, probabilmente era perché preferisse così. 
Che a Taehyung piacesse la ragazza, ne era più che certo, anche se non c'era alcun dato o prova che lo dimostrasse, si trattava di semplice istinto.

«Non ne posso più di questa roba. Sinceramente non credo che il mio cervello assorbirà qualche altra nozione oggi» esclamò Taehyung chiudendo il libro dinanzi a sé.
Avevano studiato tutto il pomeriggio dalla fine dei corsi, senza distrarsi neanche una volta da bravi ragazzi che erano, ed era forse arrivato il momento di mettere tutto da parte e rilassarsi un po'.
«Idem. Se provo a ripetere qualche altra formula mi si brucia il cervello. Meglio finire qui» convenne Namjoon, mettendo anche i suoi di libri da parte e poi i due si misero a guardare Jungkook, che intanto continuava a leggere concentrato il suo manuale, seduto a capotavola in mezzo ai suoi due amici.
Sentendosi osservato, sollevò il capo accorgendosi solo in quel momento delle attenzioni che gli stavano rivolgendo quei due, poi spostò lo sguardo sul tavolo vedendo libri e quaderni chiusi. Sospirò pesantemente, passandosi una mano tra i capelli.
«Voi due mi porterete sulla cattiva strada.»
Namjoon lo guardò indignato.
«Sei serio? Ti pare che io sia mai stato bocciato ad un esame?»
Jungkook rise, tirandogli un pugnetto sulla spalla.
«Solo merito del tuo charm, hyung.»

Dopo cena si rifugiarono nella stanza di Jungkook, per una buona giocata alla play. Ed erano nel bel mezzo di una partita intensa di motocross quando un cellulare cominciò a squillare. Taehyung subito si alzò per andare a recuperarlo, dato che lo aveva lasciato senza curarsene sul letto, passando davanti ai propri amici che non si lasciarono distrarre e continuarono agguerriti la loro corsa.
«Vi dispiace?» Chiese indicando l'oggetto che suonava, ma i due erano troppo concentrati a guardare il televisore per cui, senza neanche degnargli uno sguardo, semplicemente scossero la testa come a dargli il via libera. Solo quando il ragazzo aprí la porta e fece per uscire dalla stanza, il capo di Namjoon scattò verso di lui, un po' perplesso.
«Non rispondi?» Gli chiese.
«Sì, stavo per farlo. È una chiamata un po' personale.» Provò a scusarsi con lo sguardo e Namjoon semplicemente annuì, anche se incuriosito.
Taehyung uscì definitivamente dalla stanza e dopo un po' la suoneria martellante si stoppò, segno che il ragazzo avesse accettato la chiamata. Solo a quel punto Jungkook ritornò nel mondo degli esseri umani, esultando a braccia alzate quando la partita terminò con lui al primo posto!
«Vi ho seminato!» Esultò entusiasta e solo allora si rese conto che Namjoon e l'altro avevano abbandonato la gara, i joystick sul pavimento.
«Ma dov'è Tae?» A quella domanda il più grande scoppiò a ridere, perché Jungkook non aveva notato che l'altro avesse ricevuto una chiamata e fosse uscito, pur avendogli dato inconsciamente il permesso per farlo.
«Aveva da rispondere,» semplicemente gli rispose Namjoon, facendo spallucce.
«Non poteva rispondere qui?» Con un sorriso spensierato il ragazzo si alzò, sgranchendo le gambe che erano state per troppo tempo ferme nella stessa posizione e rimise a posto la consolle, scollegando tutto e spegnendo la tv.
«Ha detto che era personale.» Namjoon si alzò a sua volta, sentendo le gambe di gelatina perché si erano addormentate e subito si gettò sul letto perché altrimenti sarebbe caduto a terra. Sdraiato com'era, il soffitto era ciò che vedeva. Un puntino nero, fosse un ragnetto, spezzava quella distesa di bianco, illuminata dalla luce calda della lampadina.
Non sapeva per quale motivo, ma aveva come l'impressione che Taehyung stesse parlando con Seul-Gi in quel momento. Si trattava di istinto e il suo istinto non sbagliava quasi mai.

Voleva anche lui il suo numero di telefono. Infondo stavano diventando quasi amici, no? Certo, Seul-Gi aveva richiesto tempo, voleva fiducia, sincerità e quant'altro, ma Namjoon era certo che sarebbe stato capace di darle tutto ciò. Quindi si poteva passare all'ufficializzazione di quel rapporto, no?
Non sapeva neanche perché ci stesse pensando così tanto, cos'avesse di tanto magnetico quella ragazza e perché dovesse sfiorare i suoi pensieri almeno una volta al giorno, tutti i santi giorni da quando si erano parlati per la prima volta. E anche prima di allora occupava la sua mente di tanto in tanto, anche se non sapeva com'era la sua voce e non conosceva il suo caratteraccio. Era come un dannato enigma che non riesci a risolvere, ma che vuoi risolvere ad ogni costo e il solo sforzo di volerlo scacciare dalla tua mente significa che ci stai pensando.
Namjoon odiava come un essere umano potesse mandargli in tilt il cervello, si sentiva manipolato in un certo senso.
Ma se il sentirsi manipolato fosse segno che qualcosa stesse succedendo nella sua testa? Lui che credeva di essere passivo a tutto e tutti, adesso stava provando qualcosa, anche se era solo frustrazione.
Forse essere vivo non gli piaceva poi così tanto, forse era meglio lo stato di torpore a cui era abituato.
Intanto Taehyung era tornato in stanza, con un velo di preoccupazione sul viso, che però nessuno sembrò notare, e una leggera pioggia musicò il resto di quella serata.

Se i tre ragazzi erano indifferenti alle gocce d'acqua che cadevano dal cielo, dall'altro lato della città c'era qualcuno che le stava maledicendo.
La ragazza correva e correva e il suo correre la portava spesso a scivolare in piccole pozzanghere di acqua. Passava sotto ogni tipo di edificio che potesse ripararla per qualche istante dalla pioggia, per poi riprendere la sua corsa. Era buio pesto, non c'era nessuno in strada, perché quale altro idiota sarebbe uscito di casa a quell'ora e con quel tempo?
Taehyung glielo aveva sempre detto che non sarebbe dovuta restare in quel posto fino a tardi, soprattutto adesso che il quasi terminato autunno portava via la luce del Sole fin troppo presto. Avrebbe voluto chiedergli di venirla a prendere, ma poco prima lo aveva sentito per telefono e lui gli aveva detto di stare con i ragazzi, non voleva disturbarlo. Lo faceva già troppo spesso.
Si strinse nella felpa nera più grande di chissà quante taglie, il cappuccio che le copriva parte del viso e la frangia bagnata appiccata sulla fronte. Forse nello zaino avrebbe dovuto tenerci un ombrello di quelli che si chiudono e si fanno piccoli piccoli.
Dopo essersi maledetta più volte giunse finalmente a casa sua, aprì velocemente la porta e si rintanò dentro, spogliandosi finalmente dei vestiti bagnati e di tutte le paure che l'avevano accompagnata in quel tortuoso ritorno. Raggiunse il bagno per rilassare i nervi con l'acqua calda nella sua vasca, sentendo già la febbre cominciare a salire.
Quando si guardò allo specchio, il trucco era colato sulle sue guance, un po' per la pioggia e un po' per le lacrime. Anche quella volta aveva fallito.
Si chiedeva se prima o poi sarebbe riuscita a non cedere all'emozione. Si inginocchiò sul pavimento ed aprì lo zaino che aveva trascinato con sé nella stanza, tirando fuori il suo quaderno. Tirò un sospiro di sollievo quando appurò che per fortuna non si era bagnato, quindi ciò che aveva scritto era salvo.
Con questa unica consolazione, si concesse infine il suo bagno caldo che tanto l'aspettava.

Red cover; k.njDove le storie prendono vita. Scoprilo ora