clicca nell'immagine per qualcosa di belloSi era fatto abbastanza tardi quando uscirono da quella sala. Per fortuna aveva smesso di piovere, il cielo era quasi del tutto libero ad eccezione di qualche nuvola passeggera. Il cielo è bello. Quando è giorno ed è azzurro, quando è l'ora del tramonto e si tinge delle tonalità più calde dell'arancione e quando è notte e quasi non si nota più la sua presenza. È ancora più bello quando è costellato di nuvole. Namjoon era quasi sicuro che quelle a bassa quota si chiamassero cumuli, lo aveva letto in un libro quando era bambino e non lo aveva più dimenticato. Quelle nuvole sembrano assorbire i colori del cielo, sono l'ultima pennellata di un pittore che completa il quadro. Namjoon le vedeva come le macchie sul viso di una ragazza, vecchie cicatrici dell'adolescenza. Considerate spesso brutte perché possono presagire pioggia in un caso o difetti nel secondo, quando in realtà non fanno altro che completare il quadro del pittore e rendere il tutto più animato, particolare, vissuto. Sono i dettagli, la maggior parte delle volte, a fare la differenza e Namjoon, dei dettagli, ne era stato sempre innamorato.
Come le pagine dei libri bagnate, che poi si seccano e tu le sfiori per sentirne l'effetto sotto i polpastrelli. Le gocce di cera che formano strane composizioni su una candela. La cicatrice sul ginocchio per quella caduta di quando eri bambino. Segni di esistenza, di vita.
Per questo Namjoon era frustrato a causa di quelle nuvole, anzi, erano prova che la natura è in continuo movimento e che anche se qualcosa al momento non va, la vita va avanti. Non aveva senso pensare al fatto di aver perso l'occasione di stare con Seul-Gi, perché il suo tempo era continuato a scorrere, colmato dall'ottima compagnia di Jimin che era un raggio di Sole in una giornata piovosa, letteralmente.
«Mi era mancato parlare con te,» ammise il ragazzo, timidamente, per rompere quel silenzio apparente. Apparente perché le macchine continuavano a camminare e i ragazzi a schiamazzare nella sala giochi.
«Era mancato anche a me,» sospirò Namjoon, come immerso nel passato in quel momento, sentendosi il ragazzo che era stato una volta.
«Ti ricordi quando ti dissi che, dopo i miei genitori e mio fratello, tu eri la persona più importante della mia vita?» Jimin lo guardò, con i suoi occhioni color cioccolato, dello stesso colore di quelle ciocche di capelli che si appoggiavano gentili sulla sua fronte.
A quella domanda Namjoon sentì il cuore fermarsi per un momento. Nostalgia e sensi di colpa, per lo più questi. Certo che lo ricordava, la sera in cui Jimin gli aveva fatto quella confessione. A dire il vero, Namjoon non aveva una bella memoria, eppure del rapporto che aveva avuto con Jimin non aveva dimenticato assolutamente nulla. Lo aveva sempre custodito in un angolo nascosto del suo cuore.
Ricordava del giorno in cui si erano parlati per la prima volta, seduti su delle sporche scale di ferro sul retro della scuola. Non c'era confidenza tra i due, si conoscevano solo di vista, eppure Jimin gli sorrise come se fosse il suo più grande amico. Di nuovo si incontrarono, ascoltarono musica insieme condividendo le cuffiette e Namjoon era preoccupato perché sul suo cellulare aveva scaricato solo cinque canzoni, ma Jimin gli disse che non era un problema, così ascoltarono le stesse cinque canzoni a ripetizione per fin troppe volte, senza lamentarsi, e il più piccolo sempre con il sorriso. E poi una notte d'estate, un caldo afoso a tormentare i nervi delle persone, Jimin si aprì, forse data anche l'ora o per il calore asfissiante che gli aveva fatto andare in tilt il cervello. E gli parlò della sua famiglia, dei continui litigi, della propria salute mentale che stava cedendo e di una ragazza bellissima che gli aveva spezzato il cuore. Il suo primo amore. Fragile com'era Namjoon temeva che Jimin potesse togliersi la vita da un momento all'altro. E allora si fecero una promessa: se ti fai male tu, mi faccio male anch'io, perché così nessuno dei due si sarebbe fatto del male per proteggere l'altro. Questo era il bene che si volevano. Erano due ragazzini, eppure lottavano contro una vita che a volte sa essere troppo dura.
Sempre di notte Jimin gli disse quelle parole. Dopo i miei genitori e mio fratello, tu sei la persona più importante della mia vita. Namjoon non la dimenticò più quella cosa, perché era la frase più dolce che avesse sentito in vita sua.
Mai avrebbero immaginato di perdersi di vista fino a non sentirsi più.
Namjoon si sentiva in colpa. Aveva cominciato l'università e aveva lasciato il passato alle spalle, con tutto ciò che comprendeva, anche le persone. Così concentrato a diventare una persona migliore, a raggiungere un certo equilibrio nella propria vita, ad assaggiare la tanto bramita serenità, che aveva perso di vista ciò che di bello già aveva attorno.
«Sì Jimin, me lo ricordo. Ogni tanto ci ho pensato ed ogni volta mi si è riempito il cuore di gioia. Come potrei dimenticare una frase che per un momento mi ha fatto sentire meno inutile nella vita?»
Jimin, che da come ormai si è capito, era un pezzo di pane, si gettò senza esitazioni tra le braccia di Namjoon e lo strinse forte forte, come un bambino stringe il proprio genitore in un momento di paura. Il ragazzo più grande e più alto ricambiò la stretta, perché sapeva che quell'abbraccio stava dicendo qualcosa e lui voleva mostrargli di aver recepito il messaggio.
Il giorno dopo Namjoon si sentiva meno nervoso. Aveva seguito le lezioni, in particolare una del suo prof preferito, aveva trascorso del tempo con Jungkook il quale gli aveva spiegato nei minimi dettagli il progetto con Taehyung tanto che ne andava fiero, ed il meglio doveva ancora venire.
Il suo amico aveva finito le lezioni prima così, dopo aver scambiato due chiacchiere con i compagni di corso, Namjoon era rimasto solo a girovagare nel cortile, perché di andare a casa a studiare proprio non ne aveva voglia in quel momento. Dopo un paio di canzoni del suo rapper preferito alle orecchie, avvistò Seul-Gi in lontananza. Sorrise alla figura, anche se ancora non poteva vederlo, e con una corsetta veloce la raggiunse.
«'Sera.»
La ragazza si accorse della sua presenza solo quando lo sentì parlare e si voltò a guardarlo sorpresa, prima di sbuffare una volta resasi conto di chi si trattasse.
«E' così che accogli un amico?» Le chiese Namjoon tirandosi su lo zaino in spalla con un movimento secco, mentre regolarizzava il suo passo per camminare di fianco alla ragazza.
«E tu saresti mio amico?» Lo guardò di sbieco lei, senza protestare però al fatto che lui, in un certo senso, la stesse seguendo. Namjoon fece finta di non notarlo, ma in realtà stava festeggiando dentro di sé per non essere ancora stato cacciato via.
«E tutta quella storia delle regole era solo una messa in scena?» Il tono di ilarità nascondeva un certo disappunto, ma Namjoon era ormai deciso a smussare le mura di quella ragazza ed instaurare un rapporto con lei.
«Tra quelle regole ce n'era anche una riguardante il tempo che necessitavo prima di considerare una persona mia amica. O forse non ascolti le persone quando parlano?»
«Sono una persona molto attenta. Per questo motivo, mi permetto di farti notare una cosa: se non cominci a frequentare una persona, non puoi conoscerla né arrivare a considerarla tua amica.»
A quel punto Seul-Gi si arrestò e si voltò verso il ragazzo per guardarlo negli occhi. Questi compì gli stessi movimenti, osservandola in silenzio in attesa della prossima mossa.
«Si può sapere cosa vuoi da me e perché?» Gli chiese esasperata. Eppure non sembrava frustrata in particolare dalla presenza di Namjoon, se gli avesse dato davvero fastidio sarebbe stata capace di mandarlo via in un istante. C'era qualcosa di più profondo che la turbava e non capiva di cosa si trattasse.
«Voglio conoscerti. Perché sembri una persona interessante e dalle persone interessanti si possono imparare tante cose,» ammise Namjoon, con tono chiaro e pacato, rivolgendole un sorriso che fece spuntare una delle sue due adorabili fossette, prima di aggiungere, «puoi stare tranquilla che non ho alcun secondo fine. Mi pare ovvio che non ci sia e mai potrà esserci qualcosa di romantico tra di noi, puoi fidarti.»
Seul-Gi rise. Fidarsi. Bella parola. Non si fidava affatto, eppure non seppe dirgli di no.
«Devo andare in un posto, mi accompagni?» Chiese semplicemente, riprendendo a camminare con lo scopo di nascondere il proprio viso dallo sguardo del ragazzo, per non mostrargli alcun tipo di emozione. Dentro di sé sapeva di star commettendo un grosso errore e che prima o poi se ne sarebbe pentita amaramente.
«Certo. Non avevo comunque voglia di tornare a casa.»

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Red cover; k.nj
Fanfiction"E come ultima cosa, non per importanza, non devi assolutamente innamorarti di me."