diciannove.

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Molte persone non amano i viaggi in treno. Perché possono essere più lunghi rispetto a quelli in aereo, perché accanto può capitare un passeggero poco simpatico, perché è scomodo farsi spazio tra i propri bagagli e rimanere in una posizione strana per tutta la durata dello spostamento.
Namjoon, però, non era tra quelle persone. Al contrario, amava stare in treno. Gli piaceva sedersi dal lato del finestrino, guardare il mondo scorrergli accanto, i paesaggi più disparati succedersi in tutto il loro splendore.
In particolare in primavera, quando gli alberi erano in fiore e i prati rigogliosi, creando arcobaleni terreni.
Quel giorno pioveva e, in alcuni tratti, erano caduti anche dei fiocchi di neve. Il Sole era troppo coperto dalle nuvole per poter risplendere sulla natura, ma Namjoon fu comunque soddisfatto dalla vista e prese il cellulare per registrare un video alle gocce di pioggia che scorrevano sul vetro. Lo pubblicò sul suo profilo di Instagram, non prima di aver aggiunto una canzone d'atmosfera al mini filmato.
La coppia di vecchietti di fronte a lui stava beatamente dormendo e lui decise di riposarsi a sua volta, sfilando gli auricolari dallo zaino e usandoli per ascoltare della buona musica. Aveva una playlist apposita per i viaggi in treno. Non ricordava quando l'aveva fatta, però era perfetta per quelle occasioni.
Si appoggiò allo schienale del sedile, stringendosi nella sua felpa e la prima canzone partì, colorando immediatamente di musica quell'abitacolo, anche se solo lui poteva sentirlo.
Le note si succedevano e le voci si alternavano, armonizzavano, dipingevano la tela del silenzio, quando alla fine della terza canzone una notifica interruppe la musica, riportando un Namjoon mezzo addormentato alla realtà.
Sbloccò il cellulare per vedere di chi si trattasse e lesse un nome sullo schermo che inizialmente non gli parve familiare. Dopo pochi secondi, il tempo di premere sulla notifica, ricordò che era il nome usato da Miyeon, l'amica di Taehyung che aveva conosciuto poco tempo prima. Neanche Namjoon sapeva esattamente come lei lo avesse trovato, ma avendo molti amici in comune non era difficile suppore che fosse stata l'applicazione stessa a suggerirle il suo profilo.
Era un messaggio in risposta al video delle gocce di pioggia, in cui esprimeva la sua ammirazione per quei dettagli così piccoli e spesso dati per scontato, ma che avevano per lei un certo fascino per la loro leggerezza, la trasparenza e l'eleganza con cui scivolavano sulle superfici. Namjoon si illuminò a quelle parole, perché la pensava allo stesso modo. Anche lui era un grande ammiratore dei dettagli, quelli che alla maggior parte della popolazione mondiale risultavano insignificanti, per cui si stupiva quando qualcuno gli mostrava di essere fatto alla sua stessa maniera.
Il ragazzo le rispose e poco alla volta l'argomento iniziale portò ad una lunga serie di osservazioni, battute fugaci e scambi di messaggi tra i due, che si interruppero solo quando il treno arrivò nella stazione dove Namjoon doveva scendere, così prima che si aprissero le porte avvisò la ragazza di doverla lasciare, spiegandole brevemente la situazione. Dopodiché riposò il cellulare nello zaino e lasciò la stazione, rimettendo piede su quelle strade che tanto gli erano familiari, che lo avevano visto correre con gli amici e sbucciarsi fin troppo le ginocchia da bambino.
Aveva vissuto lì per tutta la sua vita, ad eccezione dei due anni e mezzo di università trascorsi nella capitale, quindi conosceva tutti, soprattutto le persone più anziane che abitavano il paese da prima ancora che lui nascesse e a loro volta, anche queste persone conoscevano Namjoon, così che quasi ad ogni metro percorso qualcuno lo salutava e gli chiedeva come stesse. Il ragazzo, cordiale, rispondeva a tutti, non potendo fare a meno di notare come al signor Kim Moon si fosse aggiunta qualche ruga in più sulla fronte o come la piccola Yoora fosse ormai diventata una ragazzina bella e matura.
Dopo pochi minuti di cammino giunse a casa. La sua vecchia e modesta casetta, semplice ma accogliente. Aprì il cancello spingendolo, aspettandosi già di trovarlo ancora rotto, poi si addentrò nel giardino curato e notò che alla famigliola si erano aggiunte altre piante e dei fiori colorati di almeno tre sfumature di viola. Giunse dinanzi la porta di casa e bussò al campanello, immaginando già di vedere dopo pochi secondi una mamma frenetica e stupita. Namjoon, infatti, aveva avvisato i genitori di arrivare in giornata, ma non aveva specificato l'orario, lasciando intendere che sarebbe arrivato per ora di cena, invece erano appena le undici del mattino, questo perché voleva fare una sorpresa ai suoi genitori, sperando fosse gradita.
Dopo un paio di minuti, infatti, si creò la scena che si era aspettato: sua madre venne ad aprire la porta, con l'espressione sorpresa di chi non aspetta visite per quell'ora; il suo viso poi si illuminò quando vide quello di suo figlio e lasciò cadere sbadatamente a terra lo strofinaccio che stava utilizzando per spolverare prima che sentisse il campanello suonare.
«Nam... oh che sbadata, è cad...» si abbassò per recuperare lo strofinaccio, ma poi realizzò di nuovo che Namjoon era lì, quindi si risollevò e gli andò incontro per abbracciarlo, ma prima ancora che potesse stringere le braccia attorno al busto del ragazzo, si accigliò e posò i pugni chiusi sui fianchi. «Quando avevi intenzione di dirmelo che saresti arrivato in anticipo?» Lo rimproverò, recuperando infine quel povero strofinaccio che giaceva ancora sul pavimento ed invitando il figlio ad entrare, così da poter chiudere la porta dato che faceva ancora freddo.
Namjoon sogghignò, trovando la madre piuttosto buffa, e continuò a guardarla con un sorrisetto e un sopracciglio leggermente sollevato, aspettando che lei si calmasse per poterla finalmente salutare per bene. Mentre la madre gironzolava per la cucina, lamentandosi di come non avesse avuto abbastanza tempo per preparare il pranzo, il ragazzo la lasciò fare, sfilandosi l'enorme felpa che usava a mo' di cappotto e sistemando lo zainetto sopra la sua piccola valigia, liberandosi così finalmente di un peso.
Dopo pochi minuti li raggiunse anche il signor Kim, scendendo dalle scale che portavano al piano superiore. Indossava un maglioncino blu e dei pantaloni di un grigio scuro. Anche lui, come la moglie, portava dei piccoli occhiali da vista appoggiati sulla punta del naso.
«Namjoon? Sei già qui? Non ti aspettavamo così presto.» L'uomo raggiunse il ragazzo, per salutarlo calorosamente con una mano sulla spalla.
«Ho pensato di farvi una piccola sorpresa,»
rispose il ragazzo, che fino a quel momento non aveva detto ancora mezza parola. Intanto la madre continuava ad armeggiare indaffarata tra i fornelli.
«Mamma?» La chiamò Namjoon, «mamma?»riprovò ancora, notando che l'altra non l'aveva sentito. Al secondo richiamo, però, ritornò alla realtà e Namjoon allargò le braccia con un dolce sorriso in viso, aspettando che la madre andasse a riempire quel vuoto. La donna si voltò verso di lui, i lineamenti le si addolcirono e, senza farselo ripetere ancora una volta, andò ad abbracciare il figlio che non vedeva da fin troppi mesi.
«Quanto mi sei mancato.» La sua voce risultò soffocata, attutita dal tessuto della maglia in cui aveva sprofondato il viso.
«Ho una cosa per te. Che dici se te la faccio prima vedere e poi cuciniamo insieme?»Propose Namjoon, ritornando verso l'ingresso dove aveva lasciato le sue cose. Aprì lo zainetto e recuperò i due libri che le aveva appositamente comprato in compagnia di Seul-Gi.
«E da quando sai cucinare?»
«Da quando non c'è più la mia mamma a prepararmi il pranzo tutti i giorni.»
Gli occhi della donna brillarono come stelle alla vista dei due libri, in particolare quando lèsse la dolce frase che Namjoon aveva scritto, al contrario di quelli del padre che li sollevò al cielo, non potendone più di tutti quei libri che ormai erano infilati in ogni angolo della casa, addirittura in bagno!
«E questi ora dove li metteremo?»
«Zitto tu,» lo ammonì la moglie, stringendo il libri al petto, poi ritornò a rivolgersi a Namjoon, «non dovevi, davvero.»
«È stato un piacere per me.»
La madre di Namjoon non si lasciò distrarre ulteriormente, così dopo aver riposto i libri su una delle tante mensole sulla parete, ritornò in cucina e, con l'aiuto del figlio, preparò i suoi piatti preferiti, aggiungendo verdure, filetti di manzo e tante altre cose che aveva già preparato la sera prima in modo che fossero pronte in tempo.
Il cuore di Namjoon era pieno di gioia in quel momento, gli era mancato avere qualcuno con cui condividere la cucina e scambiare due chiacchiere durante attività così intime e quotidiane. Certo, spesso era in compagnia del suo migliore amico Jungkook, a volte anche Jackson e gli altri andavano a trovarlo a cena e dormivano con lui, ma le sensazioni che provoca lo stare in famiglia sono difficilmente sostituibili.
«Allora, non hai conosciuto ancora nessuna ragazza?» Si impicciò affettuosamente la mamma, scatenando un sorrisetto sul volto di Namjoon.
«No mamma, sono troppo impegnato con lo studio e le lezioni private di inglese, non ho tempo per pensare alle ragazze,» rispose, mentre apriva delle uova in una ciotola.
La madre lo guardò sospettosa, scrutandolo bene in viso, perché non le sembrava possibile che un ragazzo, anzi uomo, disponibile, cordiale ed intelligente, tralasciando la sua bellezza, come il figlio non avesse ancora attirato nessuna ragazza.
La realtà era che sì, Namjoon di ragazze ne attirava tante, anche loro belle ed intelligenti come lui, eppure non riusciva neanche a notarle, le trattava ingenuamente da amiche, al massimo ci usciva un paio di volte, ma poi finiva lì. Nessuna di loro aveva catturato la sua attenzione al punto di voler instaurare un rapporto più profondo.
Solo una ragazza lo aveva colpito dal primo momento in cui l'aveva vista, però non c'era nulla da fare con lei, Seul-Gi voleva limitarsi ad un rapporto di amicizia e Namjoon se l'era fatta andare bene.
«Non so perché, ma mi viene difficile crederti,» confessò la donna, facendo ridere suo figlio in risposta.
A mezzogiorno erano tutti e tre seduti al tavolo,  gustando le prelibatezze cucinate insieme e chiacchierando del più e del meno.
Il signor Kim aggiornò il figlio sugli ultimi avvenimenti nel paese, parlarono di sport, dei suoi esami, mentre la madre gli parlò dei loro parenti e del viaggio che sua sorella, cioè la zia di Namjoon, aveva fatto in Europa, da cui le aveva portato delle opere di letteratura francese ed italiana.
Alla fine del pranzo, che durò abbastanza così che tutti potessero godersi dei buoni piatti in compagnia, recuperando un po' di tempo perduto, Namjoon fu lasciato libero e così poté portare le proprie cose nella sua vecchia camera e riposarsi un po' dopo il viaggio in treno.
Trascinò la valigia sul pavimento di legno, lo zainetto in spalla, poi si chiuse la porta dietro e rimase per un attimo fermo, ad osservare la sua stanza che non sembrava essere cambiata nemmeno di una virgola in quei tre anni. C'erano ancora i vecchi poster che aveva affisso alle pareti, delle pile di cd che non ascoltava spesso e che quindi non aveva portato con sé a Seul, i libri di quando era ragazzino e il vecchio armadio che conteneva ormai solo alcuni vestiti e la biancheria del letto. Tuttavia la madre puliva quella stanza tutti i giorni e la teneva in ordine come se il figlio abitasse ancora in quella casa.

Svuotò lo zaino e ripose le cose che conteneva sulla scrivania, poi tirò fuori dalla valigia quei pochi vestiti che aveva portato con sé. Chiuse bene le finestre e tirò davanti ad esse le tende bianche, così da avere un po' di privacy.
Avrebbe fatto con piacere una doccia calda, ma si sentiva stanco, quindi decise di stendersi sul letto ed accese il cellulare. Controllò le notifiche, scrisse a Jungkook per dirgli che era arrivato sano e salvo (sotto sua richiesta), poi rispose a Miyeon.
I due si stavano ancora scambiando dei messaggi, adesso parlavano di musica e dei vari concerti a cui la ragazza aveva assistito. Gli aveva confessato di amare la musica, in particolare il violino, che suonava ormai da dieci anni.
Era piacevole parlare con Miyeon. Era il tipo di persona che non teneva nulla per sé, non teneva di dire la propria o di parlare troppo e aveva sempre qualcosa da raccontare. I suoi gusti e i suoi hobby erano diversi da quelli di Namjoon, eppure quest'ultimo non si stancava di sentirla parlare perché era travolgente ed interessante il suo modo di conversare.
Poneva anche molte domande e Namjoon, non parlando molto spesso di sé alle persone, non fece fatica a risponderle, senza mai sentirsi in imbarazzo.
Parlarono così fino a quando il ragazzo, infastidito dalla luce dello schermo del cellulare e bisognoso di riposo, non si appisolò stretto al suo cuscino, nella stanza silenzisa e ormai buia dopo il tramonto.

aaaah chiedo scusa se ci sono errori, ma ho troppo sonno e non riesco a rileggere per correggere

Red cover; k.njDove le storie prendono vita. Scoprilo ora