dieci.

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L'ultima settimana di scuola per un liceale, per quanto possa essere dura, è un momento tanto atteso e quando arriva, la mente è già da un'altra parte, a festeggiare con i propri amici e familiari, a casa al sicuro o in qualche meta lontana.
Per gli universitari, però, le cose cambiano. Gli ultimi giorni di corsi anticipano quella che sarà una lunga e noiosissima e stressante sessione di esami.
Namjoon non era particolarmente preoccupato, sapeva che in un modo o nell'altro sarebbe filato tutto liscio, anzi, la sessione significava per lui più tempo libero.
Jungkook, al contrario, era terrorizzato. Si trattava del suo primo anno, quindi dei primi esami, i primi colloqui faccia a faccia con i professori, estenuanti questionari da completare con numeri e nozioni varie. Beh, non il momento migliore della sua vita.

«Quindi oggi da me come al solito?» Chiese retorico Namjoon, consumando tranquillo la sua insalata su un tavolo della mensa. Quel giorno pioveva, quindi di mangiare al solito posto all'aperto non se ne parlava.
«In realtà dovrei incontrarmi con Tae,» rispose il più piccolo, prima di addentare la sua fetta di pizza surgelata.
Namjoon semplicemente annuì guardando il ragazzo, mentre portava alla bocca un altro pezzo di verdura. Gli sembrava strano che i due si fossero organizzati da soli, ma sapeva che Jungkook gli avrebbe dato a momenti delle spiegazioni.
«Dobbiamo lavorare ad un progetto. Se viene bene, parte dell'esame è andata, sai.» E infatti, come predetto, gli chiarì la situazione.
Il ragazzo gli sorrise come a dirgli di non preoccuparsi e prese a scorrere con il dito sullo schermo del cellulare, controllando le notifiche. Tra i vari messaggi inutili e poco interessanti, ve n'era uno di Jimin, il suo amico del liceo. In quel messaggio gli chiedeva se avesse del tempo per un caffè e, nonostante Namjoon avesse declinato ogni invito di Jackson ad uscire per via dello studio, decise comunque di accettare quello appena ricevuto perché era davvero troppo tempo che non stava un po' con Jimin. Così tanto tempo che non sapeva neanche della sua ragazza. Un lieve senso di colpa si fece sentire, per aver tralasciato la maggior parte dei suoi amici, in particolare proprio quelli conosciuti al liceo, ed essersi chiuso in quella sua bolla a causa dell'università. Non gli prendeva poi così tanto tempo e non gli era difficile studiare, sapeva che fosse solo una scusa per isolarsi. Ma che senso aveva? A Namjoon era sempre piaciuto stare in compagnia, quella che stava prendendo era davvero una cattiva abitudine.

La sera dopo era di nuovo seduto ad un tavolo, in compagnia di un ragazzo, in un tutt'altro luogo però. Quella in cui si trovavano era la seconda caffetteria più frequentata nella zona; la prima l'avevano scartata perché era davvero sempre troppo affollata.
Jimin indossava un cardigan grigio che gli copriva il corpo ormai adulto e definito, anche se il suo sorriso e i suoi occhi erano ancora quelli di un ragazzino.
«Allora, come l'hai conosciuta?» Chiese Namjoon, senza aver bisogno di specificare a chi si stesse riferendo, prima di sorseggiare il suo caffè dalla tazza beige.
Jimin sorrise, un sorriso imbarazzato da innamorato, mentre con le dita paffute giocherellava con la bustina di zucchero di Namjoon inutilizzata.
«Ad una festa a scuola. Era con un'amica, che però l'ha abbandonata pochi minuti dopo perché troppo ubriaca,» ridacchiò al pensiero, guardando un punto nel vuoto, come se stesse rivivendo di nuovo i momenti narrati, «la vidi un po' spaesata e, conoscendo l'amica e sapendo che non sarebbe tornata presto, decisi di farle compagnia e sai, una chiacchiera tira l'altra, ci scambiammo i numeri e dopo un po' iniziammo ad uscire.»
Namjoon in silenzio lo ascoltò. Era la cosa che gli riusciva meglio. E poi gli piaceva tanto quando le persone gli raccontavano di coloro di cui erano innamorate.
«È bellissima e intelligente e diversa da chiunque altro. Sono davvero fortunato.» Detto ciò tornò finalmente a guardare Namjoon, prima di lasciarsi sfuggire una risata.
«Scusami, sembro un idiota.»
«Ma no, sei troppo carino,» lo rassicurò il ragazzo, nascondendosi poi di nuovo dietro la sua tazza di caffè. «E come si chiama? Non ricordo se me ne accennasti già o meno.»
«Jennie.»
«Straniera?»
«Nah, suo padre è un gran fan di Jennifer Aniston.»
A quel punto anche a Namjoon scappò una risata.
«Beh, come biasimarlo.»

L'aria in quella caffetteria era fin troppo gaia. Sarà perché pioveva e, in una giornata piovosa, un bel posto caldo dove ripararsi è il massimo. Da considerare anche la qualità dei prodotti serviti. I dolci erano sempre freschi di giornata, le brioche calde erano colme delle creme più deliziose ed anche le bibite non scherzavano. Lì facevano il miglior caffè che Namjoon avesse mai assaggiato, dolce al punto giusto, non troppo acquoso, non troppo pesante. Non a caso il posto si chiamava Paradise. Certe volte un luogo del genere, tranquillo e accogliente, era preferibile ad uno di quei locali dove pompano musica ad alto volume e servono miscugli di chissà cosa.
Namjoon si guardò intorno, le luci erano calde ed esercitavano un certo effetto soporifero su di lui, mentre di solito quelle bianche lo innervosivano e lo rendevano teso.

«E tu invece, che mi dici, nessuna ragazza?» Ammiccò l'altro verso di lui, con la sua tisana calda ormai quasi finita, ma ancora fumante.
«No Minie, l'amore non è tra le mie proprietà al momento.» Sorrise sarcasticamente Namjoon, perché più che una sua scelta, quella di non innamorarsi sembrava essere una scelta del destino.
«Che peccato, bello e intelligente come sei, sicuramente qualche ragazza da qualche parte del globo ti sta cercando,» ammise spontaneamente Jimin, perché le cose per sé, belle o brutte che fossero, proprio non sapeva tenersele.
Namjoon nascose l'imbarazzo dietro una risata, stringendosi poi nelle spalle.
«Chissà, forse arriverà nel momento in cui meno me lo aspetto.»

«Tutti questi discorsi sull'amore mi stanno facendo sentire come uno stupido ragazzino innamorato. Che ne dici se usciamo di qui ora che la pioggia si è fermata e andiamo a fare qualcosa?»
Jimin annuì tirando indietro la sedia ed alzandosi, così Namjoon lo imitò ed indossò il suo trench, recuperarono i loro ombrelli ed uscirono dalla caffetteria.
Jimin gli aveva parlato di una nuova sala di videogiochi inaugurata pochi giorni prima, dove erano installati i videogame più recenti e lo stile complessivo della sala era come di quelle giapponesi, tutte colorate con luci ad effetto.
Così si diressero proprio in quel posto, anche perché era abbastanza vicino e conveniva rientrare al chiuso prima che cominciasse a piovere di nuovo. Namjoon da piccolo non era un grande amante dei videogame, sua madre gli aveva mostrato come un libro potesse essere più interessante, e tra una passeggiata e l'altra nel verde o nel centro della città in famiglia, gli restava poco tempo per gli schermi.
Da quando aveva conosciuto Jungkook le cose erano cambiate. Quest'ultimo, infatti, amava giocare ai videogiochi, e cercava sempre di coinvolgere l'amico più grande, quindi oramai Namjoon si stava abituando a quel genere di svago e doveva ammettere che una partita di tanto in tanto non gli dispiacesse.
Si era seduto su una delle poltroncine davanti ad uno schermo, Jimin accanto a lui che smanettava con il telecomando per modificare le impostazioni a suo piacimento, quando il cellulare di Namjoon cominciò a squillare per l'arrivo di troppi messaggi uno dietro l'altro.
Decise di dare un'occhiata e si trattava di Jungkook. Il primo messaggio diceva Seul-Gi è qui con noi in aula studio. È venuta a far compagnia a Taehyung e devo ammettere che è più simpatica di quello che sembri!.
I messaggi successivi erano solo lettere inviate a caso per far squillare il telefono e fare in modo che Namjoon lo prendesse per leggere il primo, più importante.
Provò una strana sensazione nel guardare quelle parole, un leggero fastidio allo stomaco. Che bisogno c'era di dirgli che anche la ragazza era con loro? Poteva parlargliene il giorno successivo, adesso era inutile farlo perché comunque Namjoon non poteva raggiungerli, non poteva presentarsi con una scusa a caso e si sentì escluso, lasciato in disparte. Sapeva perfettamente che non era così, che Jungkook non aveva cattive intenzioni, al contrario. Però l'idea di aver perso un'occasione per stare con quella ragazza, mentre gli altri due potevano tranquillamente godere della sua compagnia, lo faceva innervosire.
Spense il cellulare perché non aveva voglia di rovinarsi la serata con Jimin, non sarebbe stato neanche giusto. Il ragazzo in questione gli passò l'attrezzatura necessaria, con un gran sorriso che quasi gli faceva sparire gli occhi, ed insieme si tuffarono in un'avventura spaziale per salvare il pianeta Marte da una strana razza di alieni.

Red cover; k.njDove le storie prendono vita. Scoprilo ora