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Sulla via del ritorno, Asinna rimase in silenzio a lungo, così come il suo compagno. Procedevano con passo lento, seguendo i sentieri battuti dai boscaioli, immersi nei loro pensieri, finché la mente della giovane smise di vagare e tornò a bearsi della natura attorno a lei. Flebili cinguettii e il frinire di piccoli insetti risuonavano in una melodia appena udibile, mentre fruscii di foglie e cespugli davano minuscoli indizi sui rapidi movimenti di creature che li seguivano curiose. Anche senza avere una percezione particolarmente acuta come quella degli elfi, la donna sentiva la vita fluire attorno a sé, ed era una sensazione meravigliosa.
A tratti ricordava l'alce maestoso che era apparso come d'incanto. Non riusciva ancora a credere che fosse successo davvero. Il modo in cui quella creatura imponente li aveva guardati, e in cui aveva reso omaggio all'elfo, la sbalordiva e la commuoveva al tempo stesso. Non molti umani potevano dire di aver vissuto la stessa esperienza magica, e lei si sentiva fortunata ad avervi assistito, anche perché c'era qualcosa di arcano, in quell'alce, che le aveva subito fatto intuire che fosse diverso dagli animali che popolavano la foresta.
Era rimasta stupefatta anche nel vedere la reazione dell'elfo. Certo, non si aspettava che rimanesse impassibile come sempre; ma nel vedere i suoi occhi lucidi di lacrime perlacee, e nel sentire la sua voce rotta da un'emozione profonda, era rimasta profondamente turbata.
Non si era sentita a suo agio, quando l'aveva ringraziata. Era stata quella creatura magica e antica a concedere loro quell'esperienza surreale, non lei.
Il silenzio fu rotto quando, intenta a sorpassare una radice particolarmente alta che tagliava in diagonale la via, il suo piede scivolò su una macchia di muschio e perse l'equilibrio, scivolando in avanti. L'elfo era balzato sulla parte superiore della radice senza alcuno sforzo, ma nel vedere il suo movimento improvviso con la coda dell'occhio si riebbe dai suoi pensieri e in un secondo Asinna si ritrovò la schiena premuta contro al suo petto, il braccio sano di lui che le circondava le spalle, la mano che stringeva il suo braccio e sorreggeva il suo peso, depositandola delicatamente a terra. Rimase immobile per un secondo, gli occhi sgranati e il cuore che batteva impazzito nel petto, incapace di muoversi, mentre l'elfo non lasciava la presa ma continuava a stringerla.
- State bene? - udì la sua voce melodiosa avvolgerla e si riscosse. Si allontanò bruscamente da lui, con un respiro spezzato, scostandosi con gesti nervosi le ciocche davanti al volto e schiarendosi la voce.
- Sì, sì - disse affannata, salvo poi ricordarsi che lui non poteva sentirla. Maledì la sua goffaggine e si voltò, solo per trovarsi davanti le braccia tese dell'elfo, sulle cui mani a coppa risaltavano i funghi dai colori accesi. Li aveva raccolti da terra con una velocità straordinaria, mentre lei era voltata.
Sospirò, guardandolo con un'espressione di stanchezza mista ad imbarazzo, mentre lui la esaminava con uno sguardo intenso.
- Sto bene. Grazie - mormorò, e tese il cestino verso di lui. L'elfo vi fece ricadere i funghi e indicò davanti a loro, iniziando a camminare senza dire altro.
Asinna lo seguì. Era così agitata perché era stata colta di sorpresa, nient'altro. E anche perché non le piaceva il contatto fisico, e trovarsi la schiena premuta contro il torace ampio dell'elfo, i suoi capelli d'oro pallido che le sfioravano il viso e le ricadevano sul petto in una profumata cascata, le sue mani ferme e gentili che affondavano nella sua pelle, e il piacevole tepore del suo corpo... si riscosse bruscamente, rimproverandosi. L'ultima cosa che le serviva era mettersi ancora di più in imbarazzo. Cestino contro al fianco, si posò una mano sulla guancia e si detestò, quando sentì che era bollente sotto alle dita.
Di fronte a lei, la figura maestosa ed elegante proseguiva leggiadra, saltando su sassi e radici come se il suo corpo fosse stato leggero come una piuma. La differenza tra loro era abissale: lui a suo agio come un pesce nel mare, con una grazia ed un'eleganza innaturali, e lei che procedeva sul terreno ben attenta a dove metteva i piedi per non cadere di nuovo.
- Perché sul soffitto della vostra camera avete appeso dei fiori?
La domanda la colse alla sprovvista e fissò l'elfo con un'espressione fin troppo spaesata, almeno finché lui voltò con un movimento elegante il capo e la guardò con intensità.
- Nessun motivo - rispose, lievemente sulla difensiva. - Mi piaceva il pensiero che fossero la prima cosa da vedere, al risveglio.
Lui saltò giù e le si affiancò. Era straordinariamente imponente, ora che Asinna ci faceva caso. La camicia gli calzava a pennello, evidenziando i fasci di muscoli delle braccia e il torace ampio. La sua voce era vibrante di curiosità, e i suoi occhi avevano una scintilla di interesse infantile, mentre mandava avanti la conversazione.
- Non ho mai visto questo tipo di funghi.
La donna annuì, gettandovi un'occhiata. Sorrise nel ricordare come avesse imparato a conoscerli. Mentre camminava impaurita lungo la via che attraversava la foresta, in fuga e nel disperato tentativo di arrivare all'estremità occidentale della selva, alla fine si era rassegnata alla fame e aveva mangiato alcuni di quei funghi velenosi senza sapere se fossero commestibili, affidando la sua vita al fato. Era stata ritrovata tra dolori lancinanti da un paio di boscaioli che si erano allontanati dal villaggio a caccia, e l'avevano portata lì, dove l'anziana guaritrice l'aveva presa a male parole per aver rischiato di morire in un modo così stupido. Dopo essere guarita, era rimasta lì finché la donna era stata in vita, imparandone il mestiere, per poi andare a vivere nella casetta sull'altopiano in cui si era imbattuta per caso durante una passeggiata.
- Nemmeno io li avevo visti, prima di arrivare qui. Credo non esistano altrove, e crescono solo in quelle pozze d'acqua. Alcuni sono commestibili, quelli che hanno il cappello arancione, per quanto possa sembrare improbabile. Quelli azzurri o rosa sono velenosi ma se trattati possono essere usati per due cose; la parte colorata per gli unguenti, mentre il gambo a puntini servirà per voi. Ha un potente effetto su corpi debilitati. Ho pensato che avrei potuto provare a fare qualcosa per il vostro udito, oltre all'infuso con la foglia di re.
Il re degli elfi scosse lievemente il capo, sorpreso dalla sua premura, ancora una volta. Doveva ancora abituarsi all'entusiasmo della giovane umana per la medicina, e la sua passione per aiutare i malati gli sembrava incredibile. Gli pareva ancora assurdo che l'avesse raccolto morente ai margini di una strada, ma aveva notato la scintilla che aveva illuminato i suoi occhi di giada mentre descriveva le capacità dei funghi, e la sua aria contenta gli ricordava quella che suo figlio aveva avuto quando aveva ricevuto dalle sue stesse mani il suo primo arco. Era il volto di qualcuno che gioiva nel praticare una passione, non un lavoro. Rammentava come il Legolas bambino l'avesse preso per mano e trascinato fuori, nei giardini, implorandolo di insegnargli a tirare. E ricordava come si fosse inginocchiato, avesse guidato le sue piccole braccia e sussurrato le istruzioni nelle sue orecchie, mentre sorrideva nel vedere la felicità di suo figlio nell'imparare a tirare con l'arco. Quella felicità era stata come una stella cadente, intensa e meravigliosa, che si era spenta in quello che era sembrato un istante.
- Vendete al villaggio i vostri unguenti? - le chiese, cercando di abbandonare quei ricordi dolorosi.
Lei annuì, scostando un ricciolo ribelle dalla guancia e ricacciandolo dietro all'orecchio. Thranduil lo osservò per un secondo. La sua estremità, tonda e non a punta, era buffa.
- La maggior parte. Altrimenti non saprei come usarli. Non mi capita spesso di trovare elfi feriti - scherzò, suscitando un sorriso lieve.
- Per vostra fortuna direi.
L'elfo però era curioso. Sapeva che non avrebbe dovuto insistere a porle domande personali, era parte del patto che la donna aveva imposto il primo giorno. Ma non era sua abitudine rinunciare a qualcosa che voleva. Rifletté su come ottenere quell'informazione, trovando un'unica soluzione.
- Asinna.
Lei si girò verso di lui, guardandola sospettosa. L'elfo fece del suo meglio per sorridere con grazia e usare un tono ammaliante -e dall'espressione incantata che balenò per un attimo sul suo volto, sortì l'effetto sperato.
- Se vi prometto di rispondere a una delle vostre domande, farete lo stesso?
Il passo della donna rallentò fino a fermarsi del tutto. Lui si voltò a guardarla, parandosi di fronte a lei, che lo guardava incerta. Si fissarono per una manciata di secondi, poi le ciglia dell'umana si abbassarono e Thranduil seppe di aver vinto.
- Va bene. Però giudicherò io se rispondere o meno. Se sarà troppo personale, potrete farmene un'altra.
L'elfo ridusse le labbra ad una linea sottile, evidentemente contrariato, provocando il sorrisetto della donna.
- Non vale.
- O così o nulla - ridacchiò Asinna. Dall'espressione crucciata di lui, e dal carattere testardo che aveva dimostrato in quei giorni, poteva intuire che non avrebbe rinunciato a soddisfare la sua curiosità. Era sicura che avrebbe accettato, anche se le condizioni non erano quelle che aveva posto lui. Difatti, l'elfo annuì con aria scontenta, le folte sopracciglia nere aggrottate.
- Forza allora - lo esortò lei.
Erano arrivati nei pressi di un'altra radice che sorgeva dal terreno e Thranduil balzò agile sulla sua sommità, senza alcuno sforzo. Asinna cominciò a chiedersi se non lo facesse apposta, per intimorirla con la sua forza elfica, ma mentre si allontanava di qualche passo per cercare un punto in cui fosse più facile arrampicarvisi sopra lui la seguì in perfetto equilibrio sulla corteccia, tendendole una mano. I suoi occhi grigi la fissavano con un'ombra di gentilezza nelle iridi chiare.
Allungò la mano e afferrò quella dell'elfo, che sostenne il suo peso mentre scalava con difficoltà la massa di corteccia ruvida. La aiutò anche a scendere, indicandole dove posare i piedi per non rischiare di scivolare, e poi proseguì tranquillo, come se quello non fosse stato il gesto più gentile e privo di astio che le avesse mai rivolto.
- Come siete arrivata in questa foresta?
Anticipò la sua smorfia infastidita con un cenno della mano, mitigando la sua rabbia con un'occhiata tranquilla.
- Non intendo perché: intendo come siete riuscita a non perdervi o a non farvi divorare dalle bestie. Presumo siate entrata in questa foresta da est, e non è una strada breve fino al villaggio.
- Non lo so nemmeno io - disse lei dopo una breve esitazione. - So che sembra strano, ma ho davvero avuto fortuna. Ci sono stati momenti in cui credevo di impazzire. Questa foresta è spaventosa, e spesso sentivo rumori orribili... fruscii spettrali, schiocchi di rami, sibili di ragni. Ma non mi sono mai fermata, e questo mi ha salvata. Ho continuato a camminare, anche quando ho perso la via, perché se non l'avessi fatto mi sarei lasciata andare alla disperazione. Era come se non riuscissi ad abbandonare la speranza di poter arrivare in un luogo sicuro, come se ci fosse una forza che mi guidasse. Me ne sono resa conto dopo, ma credo che la foresta mi abbia permesso di arrivare nei paraggi del villaggio sana e salva. Non so perché, non so se è stata tutta un'invenzione della mia mente, ma quando cadevo o mi lasciavo andare allo sconforto c'era sempre qualcosa a indurmi a riprendere a camminare. Il canto di un uccellino, uno spiraglio di luce in una direzione particolare, il gorgoglio di un ruscello svanito appena mi sono rimessa in piedi... è stata lei a proteggermi. Questo luogo si chiama Bosco Atro, ma è il simbolo della mia salvezza.
Thranduil assimilò in silenzio le sue parole, colpito suo malgrado da ciò che Asinna aveva rivelato. Ancora una volta, il bosco riusciva a sorprenderlo quando meno se lo aspettava. Non dubitava della veridicità del racconto, anzi era sicuro che la foresta e gli ultimi spiriti antichi che la dimoravano avessero tratto in salvo quell'umana. Se non ne avesse appena incontrato uno, non avrebbe mai creduto a ciò che la donna aveva detto. Avrebbe attribuito la sua salvezza alla fortuna e le sensazioni che aveva provato alla facilità con cui le menti umane sull'orlo del terrore potevano piegarsi all'immaginazione e ai vaneggiamenti. Ma dopo aver visto con i suoi stessi occhi l'alce, era certo che fosse stata la foresta; lo spirito non si sarebbe mai mostrato agli occhi della donna, altrimenti.
Ciò che però sfuggiva alla sua mente curiosa era il perché. Perché quella donna aveva colpito in quel modo il bosco? Perché aveva fatto sì che rimanesse in vita e arrivasse al villaggio?
Per quanto generosa e abile nel suo lavoro di guaritrice, Asinna era solamente una donna. Non c'era nulla di speciale in lei, ne era certo. Non conosceva la magia, non era predestinata a grandi imprese. Ma allora perché prendersi tanto disturbo per una donna comune?
- È il vostro turno - disse, interrompendo quei fili interminabili di pensieri.
La donna annuì. Rimase in silenzio per un po', e l'elfo la osservò mentre guardava le fronde color smeraldo, ornate d'oro e di marrone, sopra di loro. Aveva notato come, a differenza della maggior parte degli umani, lei fosse a suo agio nella natura, e non perdesse l'occasione per rimirarne la bellezza.
- Vorrei tanto chiedervi di rivelare il vostro nome - disse infine. Piantò gli occhi smeraldini nei suoi, abbozzando un sorriso obliquo mentre si stringeva nelle spalle. - Ma so che sarebbe chiedervi troppo. Capisco che vogliate tenere la vostra identità segreta. Nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto, sarebbe più sicuro per voi.
Thranduil avvertì una nota amara nella sua voce. Tese la mano ad afferrare il manico del cestino, notando come le sue spalle fossero incurvate per la fatica, e lei lo guardò sorpresa mentre glielo toglieva dalle mani. Ignorò il suo sguardo e osservò i colori sgargiati dei funghi.
- Non vorrei nemmeno farvi domande riguardo al vostro combattimento con gli Orchi e alla guerra, perché immagino siano informazioni che non potete rivelare a cuor leggero a chiunque. E se lo faceste, posto che non potrei comunque rivelarle a nessuno quindi non so come i vostri superiori potrebbero venirne a conoscenza, potreste finire nei guai. E non sia mai che finiate nei guai a causa di una donna umana. Non potrei sopportare la colpa.
Thranduil non riuscì a non sorridere alla tenera scena. La donna si preoccupava persino che finisse nei guai. Il pensiero lo divertiva molto, perché non avrebbe mai potuto verificarsi quell'occasione, essendo lui a capo dell'intero regno, libero da ogni ordine e responsabilità, ma lei ovviamente non poteva saperlo. Scosse la testa, divertito, rivolgendole un'occhiata penetrante.
- Allora non sapete cosa chiedermi? Pensavo aveste più fantasia - non riuscì a trattenersi dallo stuzzicarla, e l'espressione indignata di Asinna lo soddisfò più di quanto si aspettasse.
- Certo che ho fantasia! Più di voi, anche se avete undicimila anni più di me.
La risata cristallina dell'elfo la colse di sorpresa, ma un grande sorriso le illuminò le labbra nell'ascoltare quel suono melodioso, che sembrava risuonare in una perfetta armonia con la foresta stessa.
- Forza, allora - la esortò lui, guardandola con la testa inclinata.
- Qual è la prima cosa che farete, non appena sarà finita questa guerra?
Thranduil smise di sorridere, sentendo un'ombra calare sul cuore. La domanda della donna era innocente, e dal suo volto capì che la sua reazione cupa l'aveva spaesata, ma ancora una volta il pensiero della guerra riusciva ad avvelenare ogni istante di serenità che provava.
- Non volevo... - fermò le scuse con un gesto della mano.
- Non preoccupatevi.
- Non dovete rispondere.
- Un patto è un patto - mormorò il re con voce greve. Riportò le iridi chiare sul sentiero davanti a loro, riconoscendo il tratto che avevano percorso qualche ora prima. Erano vicini a casa.
- Spero di avere modo di rimediare ad alcuni torti che ho fatto. Vorrei... ricostruire il rapporto con mio figlio - aggiunse, a voce talmente bassa che si stupì nell'accorgersi che lei aveva sentito.
Il volto di Asinna non mascherava lo stupore cocente che stava provando in quel momento. Solo quando lui si voltò a guardarla cercò di riacquistare un'espressione neutra, rimproverandosi. Quell'elfo aveva undicimila anni, era ovvio che avesse una famiglia. Chi mai avrebbe potuto sopportare di vivere così a lungo senza di essa?
- Siete stupita che io abbia un figlio?
Asinna scosse la testa, ma evitò il suo sguardo. - No, in effetti, è piuttosto logico.
Thranduil era incerto su cosa dire. Non sapeva perché, ma gli dava fastidio che fossero passati da un'atmosfera così piacevole e scherzosa a quel silenzio imbarazzato. Non che gradisse particolarmente la compagnia dell'umana, ma non era nemmeno spiacevole intrattenere due parole con una persona diversa dai generali cui era abituato.
- E vostro figlio quanti anni ha?
- Duemilaottocentosettant'anni.
Asinna sbuffò, scuotendo la testa divertita. Thranduil non riuscì a capire cosa avesse mormorato, ma era piuttosto sicuro che fosse un'esclamazione stupita. Era esilarante come il pensiero dell'età di un elfo potesse sconvolgerla così intensamente.
Prima che potesse aggiungere altro, davanti a loro gli alberi cominciarono a farsi più radi e la luce più intensa. Il volto della donna si illuminò e tirò un sospiro di sollievo.
- Finalmente! - esclamò, accelerando il passo contenta. Avevano tardato abbastanza e il sole era alto in cielo, con l'unico risultato che il suo stomaco aveva continuato a borbottare per l'ultima parte del viaggio. In quel caso la sordità dell'elfo le era tornata comoda.

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