VI

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Dopo pranzo, Asinna decise che era arrivato il momento di controllare le ferite. Ebbe modo di constatare che quella sul ventre dell'elfo stava guarendo bene, e il gonfiore era diminuito grazie all'unguento che l'elfo applicava mattina e sera sui punti. Anche le altre procedevano bene, nonostante quella mattina Thranduil avesse avuto uno spasmo al braccio.
Mentre, alzandosi dalla poltrona, l'elfo indossava di nuovo la camicia, lei si avvicinò al suo volto con aria inquisitoria, facendolo indietreggiare. Era più alto di lei, sì, ma la donna era fin troppo vicina e non sembrava importarle che la camicia azzurra fosse ancora aperta sul suo petto.
- Cosa state facendo esattamente? – chiese inarcando un sopracciglio, diffidente.
- Sto controllando il vostro graffio – rispose lei, ignorando il suo disagio ben percepibile e analizzando il suo volto imbronciato. – State mettendo la crema che vi ho dato, sì o no?
Thranduil serrò le labbra. Si era dimenticato di applicarla, sia la sera prima che quella mattina, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo. Bofonchiò qualcosa, mentre lei gli lanciava un'occhiata provocatoria e tornava verso il camino.
- Poi non date la colpa a me se il vostro bel visino non torna come prima.
Il re degli elfi provò una cocente ondata di irritazione, ma rimase zitto, per evitare di ammettere di avere torto. Invece incrociò le braccia e la fissò con le sopracciglia aggrottate.
- Non dovreste darmi il vostro miracoloso infuso, invece?
Asinna ridacchiò, indicando con un dito il paiolo che aveva messo a scaldare sopra al fuoco.
- Tra poco sarà pronto.
- Bene, perché ho intenzione di allenarmi.
Asinna si voltò di scatto, fulminandolo con un'occhiata che impressionò persino il sovrano di Bosco Atro. Si mise le mani sui fianchi.
- Non se ne parla.
Thranduil inclinò la testa con un sorriso mellifluo.
- Non posso permettermi di rimanere nell'ozio. E nonostante tenga in conto il vostro parere di guaritrice, ho deciso che non è sufficiente per fermarmi.
L'umana si portò una mano a massaggiarsi la tempia, esasperata. I suoi occhi verdi baluginavano di sdegno, e le sue guance erano diventate di nuovo rosse.
- Fate come volete. Se vi fate cogliere da qualche spasmo e finite nel fango, io non ho intenzione di lavarvi i vestiti. Se i punti saltano, ve li ricucite da solo. Se vi fate male in qualche modo, rimarrò a guardare gioiosamente lo spettacolo– sottolineò velenosamente.
L'elfo sorrise dolcemente, la voce ombrosa come nubi temporalesche.
- Non ve ne darò occasione.

Thranduil si era posto al centro del prato, poco distante dal recinto. Si era tolto la camicia, giusto per evitare di sporcarla, appoggiata poco distante dal punto in cui Mirtilla aveva infilato il muso tra le assi di legno e lo fissava curiosa. Il sole baciava delicato la sua pelle morbida, oscurata solo dalle fasciature che gli avvolgevano il ventre e il braccio.
Per iniziare, aveva deciso di non usare entrambe le spade, ma solo quella che riusciva ad impugnare con il braccio sano. Per quanto fosse sicuro di non aver perso troppa resistenza, sarebbe stato incosciente da parte sua sforzare troppo il suo corpo dopo quattro giorni in cui si era grandemente debilitato.
La donna aveva tenuto il broncio, disapprovando in silenzio la sua decisione di allenarsi. Thranduil capiva il motivo per cui era così avversa all'idea, ma non poteva permettersi di perdere la forma fisica che gli serviva per rafforzare la sua agilità, ora che era privo dell'udito. Doveva capire come fare a gestire un eventuale combattimento, senza poter sentire alcun rumore.
Chiuse gli occhi, privandosi della vista dei fiori che decoravano allegri l'erba color smeraldo. Lentamente, cominciò a roteare la spada tra le dita, mentre immaginava di essere immerso in uno scenario completamente diverso. Circondato da orchi, il re degli elfi fece scattare il braccio all'indietro e roteò la lama che sibilò nel tranciare le teste di due nemici immaginari alle sue spalle. Voltandosi con un movimento leggiadro, ne infilzò un altro e parò una lama, disarmando l'avversario con un colpo deciso e trapassandogli il cranio mostruoso. La spada affilata mozzò un arto, per poi recidere la gola del mostro, e l'elfo si girò di scatto per parare un colpo diretto alla sua schiena, lanciare in alto la lama del nemico con una rotazione del braccio e trapassare facilmente il suo petto.
Mentre Thranduil si addentrava in una complicata mossa di affondi e parate, il suo corpo cominciò a reagire. Il cuore iniziò a battere forte in petto, il respiro divenne affannoso mentre i muscoli si tendevano e contraevano a velocità sovrumana, e il re degli elfi si immergeva in un combattimento all'ultimo sangue, spingendo il suo corpo al limite. I capelli biondi fluttuavano attorno a lui mentre ondeggiava, si chinava e piegava massacrando nemici immaginari, gli occhi pieni di una rabbia antica e ardente, con un'eleganza e una fluidità impressionanti.
Asinna era rimasta in cucina a pulire ed essiccare i funghi che aveva intenzione di usare per accelerare la guarigione dell'elfo, contrariata. Non sopportava che lui avesse deciso di fare di testa sua, soprattutto perché era sicura che non fosse ancora abbastanza forte da reggere un allenamento che avrebbe sforzato troppo il suo corpo. Ma dopo un po', aveva gettato un'occhiata curiosa alla finestra e aveva visto l'elfo muoversi in una danza letale, colpendo e ferendo avversari inesistenti. Suo malgrado, si era alzata ed era uscita, affascinata dallo spettacolo davanti a lei. Era andata a sedersi sul bordo del recinto, accanto a dove era posata la camicia celeste, dondolando le gambe nel vuoto. Vicino a lei Mirtilla era sdraiata al sole, e i loro occhi curiosi avevano iniziato a seguire i movimenti fluidi ed esperti dell'elfo, inarrestabile e terrificante.
Thranduil continuò a combattere per lunghi minuti, immerso nello scenario immaginario che aveva creato nella sua mente. Senza udito, si rese conto che era più difficile mantenere l'equilibrio, ma sperava che in un combattimento reale gli sarebbe bastato percepire le vibrazioni del terreno per anticipare le mosse dei nemici.
Continuò a danzare mortale finché la sua pelle nuda si ricoprì di sudore, i muscoli cominciarono a bruciare e la gola gli diventò secca. Mentre eseguiva una parata finale, fu colto da un dolore paralizzante al fianco e le gambe gli cedettero. Cadde carponi a terra, lasciando la presa sull'elsa della spada, e si ritrovò a fissare con il respiro affannoso e il cuore che gli rimbombava in gola i verdi fili d'erba sotto di lui, oscurati dalla sua ombra.
Maledizione.
All'ultimo, il suo corpo lo aveva tradito. La rabbia che provava era immensa.
Sentì una mano sfiorargli la spalla e reagì senza pensarci. Si voltò di scatto, puntando la lama alla gola di Asinna, per poi rendersi conto di chi avesse effettivamente davanti. Gli occhi color giada della donna lo fissavano impauriti, grandi come non mai, mentre il suo viso diventava pallido come un bucaneve.
Thranduil rimase immobile per un secondo, mentre la lama graffiava la pelle candida della donna. I suoi occhi grigi si fusero con quelli della donna, e notò come il petto di lei fosse immobile. Non osava nemmeno respirare.
Abbassò la lama, lentamente, un'espressione neutra sul volto, mentre lei si rialzava da terra, gli voltava le spalle e se ne andava.
Il re degli elfi cadde seduto sull'erba, il petto che si sollevava e abbassava ad un ritmo rapido.
Rimase fermo a recuperare il fiato, la spada abbandonata sulle gambe incrociate, gli occhi perlacei feriti dal sole che cercavano un vago sollievo nella tela variopinta dei fiori attorno a lui.
Dopo molto tempo, l'elfo si rialzò, avvicinandosi a passi lenti al recinto dove la capra dal manto candido lo guardava.
- Cosa vuoi? – mormorò stizzito, e Mirtilla aprì la bocca in un suono muto che agli occhi del re sembrò alquanto derisorio. Sbuffò e appoggiò l'elsa della spada al recinto, afferrando la camicia e dirigendosi verso il ruscello poco distante, sentendo ogni muscolo bruciare ad ogni passo.
Si spogliò e si immerse a lungo nell'acqua, lasciando che la debole corrente portasse via ogni traccia di sudore e fatica, mentre osservava il celeste del cielo e le macchie di soffici nuvole bianche che nascondevano le vette delle montagne sopra di lui.
Lasciò liberi di correre i suoi pensieri, nonostante avessero preso una direzione che non gradiva.
Aveva visto quanto il suo gesto di difesa involontaria avesse ferito la donna. L'aveva visto nei suoi occhi, che lo fissato guardato in un modo in cui i suoi stessi sudditi lo avevano spesso guardato. In cui suo figlio l'aveva spesso guardato. Senza dar voce alle parole, i suoi occhi azzurri avevano espresso tutta la delusione e il muto rimprovero che serbava in petto. Thranduil lo odiava, quando Legolas lo guardava così. Aveva sempre fatto ciò che credeva fosse la cosa migliore per proteggere il suo popolo, eppure suo figlio non era mai stato d'accordo. Suo figlio aveva ancora un cuore puro, intaccato dall'odio e dall'abisso di oscurità che ormai corrodeva il petto di suo padre. Suo figlio credeva che fosse giusto e doveroso combattere non solo per il suo popolo, ma per il mondo intero. E se era da poco che Thranduil aveva imparato a conoscere e apprezzare il punto di vista di Legolas, non aveva ancora accettato come quella divergenza ormai appianata li avesse separati, a causa di una colpa che era unicamente sua. Non aveva saputo trattenere tra le dita l'amore di suo figlio, e l'aveva lasciato andare senza riuscire a esprimere ciò che veramente provava. Senza riuscire a dirgli che era ciò di più prezioso che aveva al mondo, e che era unicamente per lui, per garantirgli un futuro sereno e una tranquillità d'animo che lui non aveva mai avuto, che aveva deciso di combattere.
Thranduil chiuse gli occhi, un sospiro lasciò le sue labbra rosate.
Da quanto aveva intuito del carattere di Asinna, era piuttosto certo di trovarla in cucina a maneggiare erbe e unguenti. Probabilmente era arrabbiata con lui, perché non aveva ascoltato i suoi suggerimenti -che si erano rivelati esatti, dato che alla fine il suo corpo l'aveva tradito ed era finito a terra tra dolori lancinanti- e perché aveva rischiato di ferirla. Non solo aveva prima messo in chiaro che se si fosse fatto male sarebbe rimasta a guardare con piacere; appena aveva visto che era caduto a terra, era anche corsa al suo fianco per assicurarsi che stesse bene, dimostrando ancora una volta quanto, sotto al carattere autoritario, ci fosse in realtà un cuore gentile. Thranduil non avrebbe mai colpito prima di vedere chi avesse davanti, aveva reagito solo per istinto e perché non era abituato a essere avvicinato da qualcuno che non volesse ucciderlo, ma questo lei non poteva saperlo. Lei non era abituata alla crudezza della guerra, ai sensi resi iperacuti dal terrore e dal panico, dalla sensazione di pericolo costante che stringeva le viscere in una morsa crudele, agli scatti istintivi ad ogni minimo movimento e rumore inaspettato. Lei non conosceva nulla di tutto ciò, perciò avrebbe dovuto scusarsi.
Mentre si alzava, e l'acqua scorreva in rivoli vorticosi lungo il suo corpo nudo, l'elfo sorrise con amarezza. Mai avrebbe pensato di dover porre delle scuse a una donna umana, e mai avrebbe pensato che si sarebbe sentito in dovere di farlo. L'orgoglio e la testardaggine che lo avevano accompagnato fin da piccolo si stavano ammorbidendo, e il sovrano di Bosco Atro era ben consapevole che questo sarebbe durato ben poco. Solo finché sarebbe stato al fianco di quell'umana, perché poi non avrebbe potuto permettersi alcuna debolezza, e tutto avrebbe dovuto tornare come prima.
Si asciugò con i tiepidi raggi del sole, sicuro che lei non si sarebbe mossa di casa prima di qualche tempo. Intrecciò i lunghi capelli d'oro bianco in una treccia, nonostante non li legasse quasi mai, per poi indossare i pantaloni neri e la camicia che giacevano a terra accanto a lui. I tessuti si erano scaldati grazie al sole, ed era piacevole la sensazione del tepore sulla pelle.
Tornato presso il recinto, raccolse la spada, rimirando il sangue rappreso che ancora ne oscurava la lucentezza. Avrebbe dovuto pulirla, dopo aver parlato con la donna.
L'elfo fece il giro della casa, ma quando entrò i suoi occhi videro solo il vuoto. Asinna non era da nessuna parte: né seduta sulla poltrona, né impegnata a impiastricciarsi con le erbe e i funghi, né intenta a camminare avanti e indietro in preda alla rabbia. Thranduil esitò, mentre i suoi occhi si soffermavano sulla porta di legno scuro che non aveva mai oltrepassato. Si avvicinò, bussando piano sulla superficie.
- Asinna?
La porta rimase chiusa. L'elfo sospirò.
- Asinna, sto per entrare.
Aspettò una decina di secondi, poi sospinse la porta lentamente. Quando si aprì, Thranduil si trovò di fronte a una piccola stanza vuota, tranne che per un baule dai rinforzi in metallo sulla parete davanti a lui. Sopra, la sua stessa spada avvolta in un drappo bianco che la donna aveva rimesso a posto quella mattina.
L'elfo fu tentato per un attimo di aprire il forziere e vedere cosa contenesse, ma si trattenne.
Afferrata la spada, tornò nella sala principale e si guardò attorno, confuso.
Era rimasto solo.

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