VIII

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I tre giorni successivi passarono lentamente. Asinna e l'elfo si ritrovarono assorbiti in una routine familiare. L'elfo aveva insistito perché la donna continuasse a dormire nella sua stanza, e all'alba lei lo trovava assopito sulla poltrona, il volto elegantemente illuminato dai chiari raggi del sole. Non appena posava lo sguardo su di lui, l'elfo sembrava avvertire la sua presenza e apriva gli occhi.
Dopo aver mangiato, la donna si dedicava alle sue faccende. Preparava altri unguenti, metteva in ordine la stanza, andava a controllare Mirtilla e le galline portando indietro qualche uovo. Il secondo giorno Thranduil le tenne il broncio l'intera giornata perché lo costrinse a lavare i loro vestiti in un punto dove il ruscello si immergeva nella foresta, di modo che l'acqua dietro alla loro capanna non si contaminasse con il sapone.
Destreggiandosi tra le bolle bianche e i tessuti macchiati, i capelli d'oro legati in una treccia che gli scendeva lungo la schiena e la fronte aggrottata tanto che le sue sopracciglia sfioravano le lunghe ciglia, Thranduil ribolliva di rabbia, strofinando con forza le setole della spazzola sul tessuto azzurro della sua camicia. Lui, un re, anzi il re, costretto a lavare dei vestiti da un'umana.
Era grato di essere solo, perché se qualcuno l'avesse visto -il volto arrossato dal caldo, la camicia inzaccherata di acqua e sapone- sarebbe morto dalla vergogna.
Dopo una decina di minuti, spostò lo sguardo sulla pila di indumenti che giaceva accanto a lui e fu preso per un attimo dallo sconforto. Quel lavoro era faticoso, snervante e noioso, e non avrebbe mai perdonato l'umana per un affronto simile.
Asinna aveva finito di trattare i funghi per creare l'unguento miracoloso per le ferite del re quando l'ombra imponente dell'elfo oscurò il pavimento. La donna alzò lo sguardo e scoppiò a ridere alla vista del guerriero sommerso da una catasta di vestiti appena lavati che barcollava verso la poltrona, visibilmente indignato. Le gettò un'occhiata di fuoco e lei abbassò la testa, senza riuscire a far scomparire il sorriso.
Lui le si parò davanti, le iridi grigie che dardeggiavano rabbiose.
- Per oggi ho finito.
La mano calda della donna gli afferrò il polso mentre si voltava per andarsene, e Thranduil si voltò sdegnato solo per trovarsi davanti un ghigno di sfida.
- Lì ci sono le patate da pelare.
Thranduil esalò un respiro tremante quando posò lo sguardo sul mucchio di almeno venti patate che aspettava sul piano della cucina. Asinna richiamò la sua attenzione con uno schiocco di dita, sorreggendo il suo sguardo rabbioso.
- O niente unguento.
Thranduil emise un sordo ringhio tra le labbra, si avvicinò alla cesta e afferrò bruscamente un coltello, sedendosi sulla poltrona dandole le spalle.
Dovrebbe inchinarsi ai miei piedi, e invece mi fa lavorare come uno schiavo.

Durante il pranzo, Thranduil ignorò ogni tentativo di conversazione, fissando ostinato un punto indistinto alla destra dell'umana. Erano seduti fuori, a mangiare la focaccia di ceci e patate, con l'aria che accarezzava i volti e uno splendido cielo a decorare la foresta.
- Non potete tenermi il muso a lungo. Tra pochi giorni ve ne andrete.
La realtà di quell'affermazione riportò l'attenzione del re di Bosco Atro sulle guance rosse della donna. Dopo l'incidente nel bosco, il suo comportamento nervoso si era pian piano acquietato ed era tornata ad avere la solita parlantina. Le gettò un'occhiata altezzosa.
- Mi rincresce privarvi di un tale prezioso aiuto. Chissà che sofferenza sarà lavare i vestiti senza di me.
Lei gli sorrise dolcemente.
- Davvero, è un peccato. State diventando un'ottima massaia.
La bocca di Thranduil rimase aperta per qualche secondo più del necessario mentre si portava un boccone alle labbra. L'elfo sbuffò, afferrò il piatto e andò a sedersi sull'erba qualche passo più in là, arrabbiato.
Asinna rise fino ad avere il mal di pancia quando Mirtilla andò a sdraiarsi contro la gamba dell'elfo e lui le lanciò un'occhiata furibonda.

Dopo quello spettacolo, Thranduil rimase all'aperto a pulire le sue spade gemelle, strofinando il metallo elfico finché iniziò a brillare. I residui di sangue nero erano ormai incrostati al metallo, dato che era passato fin troppo tempo da quando erano stati puliti grossolanamente dalla donna mentre lui era in preda alla febbre.
Si avvicinava sempre di più il momento in cui Thranduil avrebbe dovuto rimettersi in marcia.
Era ansioso e preoccupato. Non sapeva quale fosse la situazione che avrebbe trovato una volta raggiunto il suo esercito. Forse i suoi sudditi avevano già cominciato la battaglia contro gli orchi, forse no. Forse gruppi di esploratori erano ancora intenti a cercarlo nella foresta, molto più a nord di quanto si trovasse realmente.
Da una parte voleva arrivare il prima possibile a destinazione. Ma dall'altra non voleva lasciare quel luogo. Tralasciando la rabbia che provava in quel momento, il sovrano di Bosco Atro si sentiva in pace con se stesso in quella radura, mentre osservava le folte chiome scure che si dipanavano sotto di lui. Sapeva che abbandonare quel luogo l'avrebbe portato solo a guerra, ferite e sangue.
Era lacerato in due, ma non era l'unico.
Vedeva come l'umana si comportasse normalmente, ma i suoi occhi celassero una vena malinconica che si rafforzava la notte, quando gli augurava la buonanotte e indugiava un momento di troppo sulla soglia.
Erano entrambi rimasti soli al mondo, e si erano trovati in una sorta di equilibrio che aveva lenito la loro sofferenza per un lasso di tempo che nella sua lunga vita non corrispondeva nemmeno a un istante. Ma Thranduil era sicuro che quell'istante non sarebbe mai svanito dalla sua memoria.
Percepì un movimento e vide lo stivale della donna apparire alla sua sinistra. Alzò lo sguardo e trovò il suo volto serio a guardarlo dall'alto. Aveva in mano una ciotola.
Thranduil ripose le spade nel drappo bianco, posandole davanti a sé. Asinna si sedette accanto a lui, incrociando le gambe e posando il contenitore a terra. Conteneva una crema densa dal colore del fiordaliso.
- Dovete spalmarla sulle ferite. Stasera vi toglierò i punti. Vi direi di rimanere anche domani, poi potrete partire quando volete - lesse sulle labbra della donna. I suoi occhi di giada sfuggivano i suoi, intenti ad osservare i batuffoli di nuvole davanti a loro.
Asinna era lieta che l'elfo non sentisse. Non aveva potuto accorgersi della sua voce incrinata.
- Mi dispiace per il vostro udito. Ho cercato di fare quello che potevo.
Il re di Bosco Atro annuì. Si sbottonò la camicia, lasciando cadere la stoffa a terra. Il calore del sole baciò la sua pelle mentre svolgeva le bende che gli fasciavano il ventre e toglieva delicatamente l'ultimo strato che copriva le due ferite. Scoccò un'occhiata rapida alla donna, che continuava a guardare davanti a sé, le guance rosse come dei piccoli tulipani.
- Asinna - la richiamò. Lei si voltò e tenne gli occhi ben alti sul suo volto. Thranduil indicò con un gesto del capo in basso, e lei fece scorrere lo sguardo giù, lentamente, dalla sua clavicola al petto definito, dallo sterno fino al suo basso ventre tagliato dalla linea sottile intervallata dai punti. Il re degli elfi sentì una strana morsa al ventre mentre gli occhi di lei lo esaminavano.
Si maledisse. Non poteva agitarsi così solo perché la donna lo stava guardando.
- Dovete solo spalmare la crema - lesse sulle sue labbra rosate. Asinna si morse quello inferiore e la stretta al ventre di Thranduil si rafforzò.
- Fate voi.
Lei evitava il suo sguardo. Lentamente, immerse le dita nell'unguento fiordaliso e si protese verso di lui, i ricci che le scivolavano ai lati del viso. Thranduil trasalì quando sentì le sue dita posarsi delicate e tracciare una scia morbida sopra alla ferita, incendiando la sua pelle.
- Grazie - mormorò.
Lei sorrise, si alzò e rientrò in casa.

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