Quella mattina Thranduil si riscosse dal suo sonno leggero con un brivido. Ancora una volta, la sua mente era sprofondata in cupi abissi e aveva dato vita ai suoi incubi più profondi. Osservò i fiori intrecciati sopra alla sua testa, con un sospiro, prima di mettersi seduto.
Le ferite dolevano ancora, e procedette a svolgere le bende e pulire con acqua tiepida quella al ventre, applicando di nuovo l'unguento. Il gonfiore era diminuito, ma aveva l'impressione che il fastidio non gli avrebbe dato tregua, nelle lunghe giornate a seguire.
Il re degli elfi si riavvolse nella fasciatura e osservò i vestiti che la donna gli aveva procurato il giorno prima. I due pantaloni erano neri, una camicia era bianca e l'altra di un azzurro pallido; c'era anche una tunica di un grigio molto più rozzo rispetto a quello cui era più abituato, ma pazienza. Sarebbe tornato presto a vestirsi sfarzosamente.
Indossò i pantaloni e la camicia azzurra, intrecciando alcune ciocche di capelli in una pettinatura simile a quella che vedeva sempre addosso a Legolas. Gli mancava, gli mancava come l'aria a un naufrago trascinato sott'acqua dalla corrente, ma non poteva fare altro che rivolgergli il suo pensiero sperando che non incontrasse ostacoli sul suo cammino e che le stelle illuminassero la sua via.
Uscì dalla stanza, mentre la luce fioca cominciava a rischiarare la casa. Si fermò nel vedere la donna appisolata sulla poltrona davanti al camino, stupito. Pensava che ci fosse un'altra stanza, oltre la seconda porta accanto al camino, e che lei dormisse lì. Non si era di certo immaginato che lei riposasse su quella scomoda poltrona ogni notte perché lui stava occupando il suo letto. Di certo lui non l'avrebbe mai fatto.
Scosse lievemente la testa, sbuffando.
Il re degli elfi non provava mai tenerezza. E soprattutto non era intenerito dal vederla rannicchiata contro i cuscini rossi, il collo piegato sulla spalla in cerca di un inesistente appoggio e le braccia incrociate sul petto, una coperta buttata addosso a coprirla malamente. Si avvicinò, lentamente, e le aggiustò i lembi della stoffa di lana per coprirle anche le spalle, giusto perché si sentiva in debito per aver dormito nella sua stanza. Ma la sua gratitudine terminava lì. Del resto era stata lei a scegliere di ospitarlo, non era colpa sua se la donna era altruista. Avrebbe anche potuto farlo dormire per terra, anche se in quel caso si sarebbe attirata la sua ira eterna.
Thranduil si avvicinò silenziosamente al piano dove afferrò una pentola. La riempì d'acqua e l'appese al gancio sopra al fuoco, dopo aver mormorato una parola in elfico per esortare le fiamme ormai spente a ravvivarsi. Non usava la magia, ma talvolta riusciva a incanalare l'energia degli elementi naturali e a fare piccoli incantesimi di quel tipo, sfruttando la sua sintonia con la foresta.
I ciocchi nel camino presero fuoco e l'elfo mise in infusione le erbe del tè.
Quando si voltò, dopo essere rimasto a lungo immobile ad osservare il sole che saliva in cielo dalla finestra, si accorse che Asinna era sveglia e lo fissava, avvolta dalla coperta.
- Buongiorno - disse, coprendosi la bocca per nascondere uno sbadiglio. Si alzò con una smorfia, massaggiandosi il collo dolorante.
- Buongiorno - rispose lui.
- Cosa state facendo? - chiese curiosa lei. Lui si strinse nelle spalle, con indifferenza.
- Ero sveglio e volevo del tè.
Asinna guardò le fiamme che scoppiettavano nel camino, corrugando la fronte.
- Come avete fatto ad accendere il fuoco senza fare rumore?
Thranduil inclinò le labbra in un accenno di sorriso, incrociando le braccia con aria di superiorità.
- Questo è un segreto.
Asinna si imbronciò e gli si avvicinò, posando la mano sul suo braccio per spingerlo via così da poter aprire la credenza e afferrare due tazze. Thranduil fu rapido ad anticipare il suo movimento e scostarsi, così che le dita della ragazza riuscissero a sfiorarlo appena. Gli uomini basavano le loro interazioni sul contatto fisico, ma per gli elfi non era lo stesso, e constatare che lei aveva lo stesso istinto anche nei suoi confronti, anche se estraneo, lo sbalordì.
Se uno dei suoi sudditi si fosse permesso di toccarlo, si sarebbe ritrovato in cella in meno di un minuto. Però quell'umana non era un suo suddito e non conosceva le abitudini elfiche, e solo per quel motivo Thranduil non si arrabbiò, dopo un iniziale fastidio.
Asinna non notò nulla, ma controllò a che punto era il tè, mentre il sovrano di Bosco Atro individuava il cassetto dove l'aveva vista posare il pane il giorno prima e lo tirava fuori, per poi prendere due piatti. La mensola era talmente alta che lei doveva allungarsi in punta di piedi per arrivarci, ma lui riuscì a raggiungerla facilmente. Mentre stava abbassando il braccio uno spasmo gli attraversò i muscoli, partendo dalla ferita, e le sue dita si aprirono d'istinto, lasciando andare i piatti, che si schiantarono sul pavimento. Thranduil imprecò in elfico, mentre con la coda dell'occhio vide Asinna rischiare di bruciarsi con l'acqua bollente per lo spavento.
Non sentì l'urlo che uscì dalle sue labbra, ma la vide spostarsi di scatto mentre rovesciava il tè per terra e alzava lo sguardo spaventata, come un cerbiatto colto dal panico alla vista di un lupo affamato.
La donna si portò una mano al petto, dopo aver posato tutto ciò che aveva in mano, e si inginocchiò per afferrare i cocci nello stesso istante in cui lui faceva altrettanto.
- Lasciate fare a me - disse l'elfo, mentre lei esclamava di lasciar stare. Nello stesso momento, la vide sussultare e ritrarre di scatto la mano dai cocci. L'elfo le guardò la mano e vide comparire sulla pelle morbida del suo palmo una mezzaluna rossa.
- Maledizione - esclamò Asinna, agitata.
Il sonno che prima le annebbiava ancora la mente se ne era definitivamente andato. Lo spavento le aveva fatto accelerare i battiti del cuore, che le martellava in petto come un tamburo, e aveva il sospetto che le sue guance fossero del colore delle ciliegie mature.
Fu colta da un brivido quando l'elfo le afferrò la mano tra le sue, con una presa decisa ma delicata.
- Ferma - disse, guardandola con intensità. Le sue mani erano grandi il doppio di quelle della donna, e le sue dita erano fredde contro la sua pelle.
Asinna si alzò, turbata, mentre l'elfo andava a prendere una delle boccette disposte sulle mensole e apriva il cassetto dove teneva le bende. Il sangue si era raccolto in una piccola pozza sulla sua pelle decorata da lentiggini, e Asinna la sciacquò velocemente. L'elfo tornò da lei e le afferrò il polso, tenendole ferma la mano mentre rovesciava la soluzione disinfettante sul suo palmo. Lei fece una smorfia nel sentire un bruciore improvviso divorarle la pelle, e Thranduil la guardò di sottecchi.
- Mi dispiace. È stata la ferita.
Lei annuì e aspettò con pazienza che lui finisse di avvolgerle la garza attorno alla mano e ne annodasse l'estremità, fissando le sue lunghe dita inanellate lavorare precise e metodiche.
Thranduil avvertì che c'era qualcosa che non andava. Non perché lei sembrasse arrabbiata o sofferente; gli occhi verdi della donna erano fissi sulle sue mani, ma in realtà sembravano guardare un punto lontano nel tempo, nel suo passato. La sua espressione era vitrea, immobile, come se si fosse persa in un ricordo.
- Asinna? - il suo richiamo non servì a riscuoterla. Thranduil inclinò la testa, incerto.
- Asinna - ripeté più forte. Lei sobbalzò e tornò a fissarlo, ritraendo di scatto la mano e stringendola al petto.
- Sì - mormorò in un soffio. Sembrava turbata, e distolse lo sguardo, allontanandosi da lui. - Sì, scusate.
Gli dava le spalle, e il re degli elfi ebbe l'impressione che dicesse qualcosa, ma ovviamente non poteva sentire. Rimase a fissarla, odiando sentirsi così incerto e impotente, finché lei scosse la testa e uscì dalla casa, lasciandolo da solo.
Thranduil sospirò. Non capiva cosa fosse successo, ma forse l'episodio l'aveva fatta sprofondare in alcuni ricordi spiacevoli. Era successo più volte anche a lui, quando nel palazzo risuonavano i canti e le risate dei suoi sudditi durante i festeggiamenti per la luna piena, e lui era rinchiuso nelle sue stanze, a guardare le stelle immobili e lontane e ad annebbiare la mente con il vino per allontanare il dolore, ricordando quando millenni prima era solito danzare tra quelle risate, sorridere durante la festa, stringendo tra le braccia la compagna della sua vita. Si chinò a raccogliere i cocci per terra, posandoli sul piano, per poi asciugare il pavimento con uno straccio. Versò in due tazze il tè rimasto, che era comunque abbondante, e uscì.
La donna era seduta sul prato davanti alla casa, vicino a dove esso sprofondava verso il basso e si trasformava in un sentiero che scendeva al villaggio. Fissava il bosco davanti a loro, rannicchiata su se stessa. Thranduil la raggiunse, fermandosi qualche passo indietro, e rimase immobile ad aspettare finché lei girò il capo verso di lui e gli fece un piccolo cenno.
Il sovrano di Bosco Atro si sedette di fianco a lei, allungandole una delle tazze senza parlare. Lei avvolse la mano bendata attorno alla ceramica e appoggiò la fronte sul suo bordo.
- Scusate - mormorò.
Lui scosse impercettibilmente la testa. Le sue iridi vertevano al grigio, nella luce del mattino presto. Erano incantate, mentre osservavano le folte chiome verdi e ammiravano la maestosità della natura.
- Non siamo svegli nemmeno da un'ora e già questa mattinata si è rivelata un disastro - commentò asciutto. Si girò stupito quando vide che le spalle di lei sussultavano. Con il volto coperto dai ricci, all'inizio Thranduil fu preso dall'incertezza -e dall'orrore- pensando che stesse piangendo. Poi lei gettò la testa all'indietro, rivelando un sorriso ampio e due occhi lucidi sì di lacrime, ma per le risate.
- Non è un disastro per niente, anzi - disse tra sé e sé. Si asciugò le lacrime e tirò su col naso.
Il re degli elfi riportò lo sguardo sulla foresta davanti a sé, con una sorta di strana rassegnazione. Di certo aveva più probabilità di comprendere quella, che non la donna accanto a lui.

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Kairos
Fiksi PenggemarLa sua vista si schiarì, e riuscì a vedere un volto umano davanti a lui, dai grandi occhi verdi che lo fissavano preoccupati. Le labbra dell'umana si mossero veloci, di nuovo, ma di nuovo Thranduil non riuscì a comprendere cosa stesse dicendo e fece...