DOWNFALL

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Non so quando le cose siano veramente iniziate a precipitare, so solo che non c'è più, che non lo vedo più

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Non so quando le cose siano veramente iniziate a precipitare, so solo che non c'è più, che non lo vedo più.

Sono sola, le pareti di questa casa sembrano volermi collassare addosso.

La cosa peggiore da ricevere è l'indifferenza; non c'è amore ma non c'è neanche odio.
Non sei niente.

Da quando è andato via la prima volta per una settimana, senza dare spiegazioni e senza fare avere sue notizie, Nicklaus è strano.
Va e viene senza dire niente a nessuno.
Senza dire niente a me.

Esce come se non volesse essere visto, come se non volesse essere seguito, come se dovesse nascondere qualcosa da tutti.

Mi manca, mi manca da morire.
Ho sacrificato tutto per lui, per noi.
Ho fatto cose orribili, cose che non avrei mai pensato di fare.

A quanto pare non mi ama, non ne valgo la pena; come potrebbe mai qualcuno amarmi.

Anche stamattina mi sveglio senza alcuna energia; è come se la vita avesse abbandonato il mio corpo.
Non riesco a sentire niente, nient'altro che dolore.

Scosto le coperte del letto dal mio corpo e mi metto seduta prima di alzarmi definitivamente per vivere quella che sarà un'altra giornata senza di lui; per vivere un'altra giornata che sarà esattamente il mio inferno personale.

Le dita scivolano sugli angoli delle coperte che ho appena spostato e si fermano sulle sue iniziali ricamate.

Il mio sguardo rimane fisso su quest'ultime.
I ricordi iniziano ad investirmi e dopo pochi secondi le lacrime li seguono inevitabilmente.
La rabbia prende il sopravvento e tiro le coperte via dal materasso con un irruenza che non sapevo neanche di possedere.
Le lancio per terra insieme a qualsiasi altro oggetto che si trovi davanti ai miei occhi, finché un urlo strozzato lascia le mie labbra facendomi cadere a terra, a pezzi.

Sono scossa da vari singhiozzi mentre le lacrime cadono dal viso andando a bagnare il lenzuolo, ancora fra le mie mani, su cui ci sono quelle due piccole lettere che mi causano tanto dolore.

La porta della camera viene aperta leggermente; il giusto per far sì che Elena riesca ad entrare.

È venuta qui come ogni giorno a chiamarmi per andare a fare colazione.
Non voglio causarle sofferenza o preoccupazione facendomi vedere in questo stato, così mi alzo senza dire una parola e lascio che il tessuto del lenzuolo mi scivoli dalle mani.

— • — • — • — • — • — • — • — • — • —

È già sera inoltrata ed ho fra le braccia il corpicino di Elena ormai dormiente.
Spengo la televisione e con cura, senza svegliarla, mi alzo dal divano.

Niklaus cammina, o meglio barcolla, per casa.
Mi accorgo dopo poco della bottiglia di vodka che porta alla bocca un sorso dopo l'altro.

Mi avvicino e provo in vano a strappargli dalle mani l'alcolico ma prontamente lo alza fin sopra la testa, ad un'altezza che mi è impossibile raggiungere.

Il pavimento inevitabilmente si bagna di alcuni schizzi di vodka causati dal movimento improvviso.

Si ferma a guardarmi ridendo amaramente, gli occhi che prima mi scrutavano pieni di vita sono morti, inespressivi.

Gli do le spalle e prima che possa salire le scale per la nostra camera mi blocca.

"Cosa c'è, non hai più niente da dirmi?"

Chiudo gli occhi, la sua sola vista mi fa male.

"Non mi dici più che mi ami?"
Continua quasi canzonante.

Decido di rispondere alle sue provocazioni.
"Quando?
Quando siamo diventati così, quando hai smesso di amarmi?"

Questa volta è lui a non rispondere.

"Quando Niklaus?"
Mi spazientisco.

"Mai"- esclama tutto d'un fiato -"non ho mai smesso"

Le lacrime crescono copiose nei nostri occhi.

Ci giriamo entrambi appena sentiamo il rumore di uno scricchiolio vicino.
La testa di Elena spunta dalla cornice della porta accanto a noi.

Nel momento in cui la bottiglia si scontra con il suolo la bambina scappa via.
La seguo lasciando Klaus con i piedi nei cocci del suo sfortunato liquore e del nostro amore.

— • — • — • — • — • — • — • — • — • —

Esausta, dopo aver sopportato il peso di questa giornata ed aver messo a dormire Elena, mi infilo una camicia da notte.
Sono stanca ma sono speranzosa, lui mi ama ancora.

Trascino il corpo fino al letto, ma prima che io possa lasciarmi cadere su questo la porta della camera viene spalancata.
Aleksandr mi abbraccia.
Lo respingo subito, non capisco cosa stia accadendo.
La prima cosa che noto sono i suoi occhi lucidi.
Il cipiglio interrogativo dipinto sul mio viso lo esorta a parlare.

"Mi dispiace, lui era uscito in auto"- inizia- "Mi hanno appena chiamato"

Le mani tremano e gli occhi bruciano.

"Ha perso il controllo, non c'è stato niente da fare"

Prova ad abbracciarmi ma prima che lo possa fare mi lasciò cadere per terra.
Le lacrime avevano iniziato a sgorgare dagli occhi.

Aleksandr si china di fronte a me e mi stringe fra le braccia.
Tenta di tirarmi su ma il mio corpo non lo permette, è paralizzato, non riesco più a comandarlo.

"Non è vero si sono sbagliati"

Scuoto la testa continuando a ripeterlo sia a lui che a me stessa.

"Si, si sono sbagliati"
Alzo la testa per cercare un segno da Alek; l'unico che ricevo è un cenno di negazione.

"Noi ci amiamo, io lo amo.
Si sono sbagliati, ti prego dimmelo"

Continua a rimanere in silenzio.

"Non è vero.
Niklaus ti prego, ti prego.
Niklaus"

Non ho più voce, ogni parola mi muore in gola fa troppo male.

P.S.
La storia non è finita, c'è ancora qualche possibilità per Nik e Bianca di rimanere assieme.
Non mancano tantissimi capitoli alla fine e spero di riuscire a pubblicarli al più presto.
Grazie a tutti quelli che stanno ancora leggendo.

TUTTO IN UN ISTANTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora