.Capitolo 16

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.Capitolo 16
Appena vedo mia madre con una faccia disgustata e terrorizzata, mi sposto da sopra di Justin e mi sistemo la camicia da notte per andarle incontro e cercare di spiegarle.
“Mamma non è come sembra! Non è successo niente.” Cercai di avvicinarmi a lei, piano e zoppicando, ma mi fulminò con lo sguardo facendomi avere paura.
“Ti rendi conto di cosa stavate per fare? In uno ospedale dopo tutto! Sei appena uscita dal coma e tu cerchi di fare sesso con lui! Sei pazza! Se lo saprebbe tuo padre..”
Appena sentii il nome di mio padre le andai vicino e la supplicai di non dirgli niente perché avrebbe complicato tutto.
“Mamma non stavamo per fare quello che hai appena detto! Io… Io… non so cosa mi sia preso!” Presa dal panico mi getto a terra con le ginocchia e comincio a piangere, immergendo il mio viso fra le mani.
Ad un tratto sento delle mani dietro di me che mi toccano e mi alzano lentamente. Appoggiò le sue labbra al mio orecchio, sentendo il suo respiro caldo come per farmi capire che lui ci sarebbe stato per me, infatti sarebbe stato così. Lui mi sosteneva..
Tolsi le mani dal viso e mi guardai intorno per vedere il nulla davanti a me, eppure cinque secondi fa c’era mia madre, sapevo che era andata via.
Mi girai verso di Justin e cominciai a piangere sulla spalla pensando di aver deluso mia madre e che non ero una figlia perfetta come tutti si aspettavano. Ero una ciarlatana che non si rispettava.
“Stai piangendo per niente.” Justin mi allontana da lui non sentendo più il suo calore che emana dal corpo tatuato. Mi asciuga le lacrime sotto gli occhi e si avvicina a me, lasciando un bacio morbido sulle mie labbra.
“L’ho delusa.” La mia voce è ancora tremante per l’agitazione e la pressione in quel momento. Mi sarei aspettata di tutto ma non mia madre che sarebbe entrata nella camera trovandoci in quella posizione, il bello è che non era successo niente.
“E’ solo un po’ arrabbiata e imbarazzata. Non abbiamo fatto niente. E’ questo quello che conta.” Mi sorride e, prendendomi per la mano, mi accompagna verso il mio letto.
“Andrà tutto bene” Mi afferra da entrambe le parti della testa e mi bacia sulla fronte facendo svanire tutti i miei pensieri e le mie preoccupazioni.
Quando mi lascia sola e seduta sul letto ospedaliero, la mia mente comincia a vagare e a porsi milioni di domande. Dove starà andando? Perché si è allontanato da me?
“Prima che tu te lo chiedi, mi hanno dimesso e devo uscire.” Si avvicina al suo armadietto per prendere un borsone e dirigersi verso il bagno.
Aveva detto che avrebbe cercato di restare in questo ospedale fino a quando lei non sarebbe stata dimessa. Ora sì che ero veramente confusa!
Quello che prima era felicità ora era diventata amarezza.
 
 
Justin POV 
Dopo essermi fatto una doccia, comincio a vestirmi per l’occasione a cui dovevo partecipare  e che sarebbe stata molto stressante e penosa. Giacca e cravatta mi stanno sempre a pennello e mi fa possedere una figura superiore, che è quello il mio scopo. Per queste occasioni uso un tipico smoking nero con una cravatta rossa che risalta la mia autorità. Mi piace un sacco apparire superiore, ma in certi limiti.
Sistemo i capelli alla perfezione, alzando il ciuffo e, infine, spruzzai un po’ di ‘One Milion’, profumo che fa parte di me da 3 anni più o meno. Sistemo la giacca nera e mi guardo allo specchio senza soffermarmi tanto sui dettagli. Afferro il borsone con dentro la mia roba ed esco dal bagno dell’ospedale ritrovando sdraiata nel letto una Lucy addormentata. Un sorriso appare sul mio viso rendendomi fiero e felice. Mi avvicino lentamente a lei e la fisso per poi stamparle un cauto bacio sulla fronte fasciata, per lasciare la stanza ed entrare nel lungo corridoio che avrebbe portato all’uscita. Stavo per girare l’angolo quando una voce conosciuta mi fa piombare sul posto.
“Sia ben chiaro.. Se la fai soffrire, Bill saprà dove trovarti.” La signora Anderson era seria e dall’espressione che aveva non stava affatto scherzando anzi mi faceva quasi paura quando era seria.
“Lo terrò bene in mente.” La saluto con un cenno di testa e continuo la mia ‘passeggiata’ nel corridoio per raggiungere la mia meta. All’uscita ritrovo un Butler appoggiato alla mia Lamborghini gialla con quel suo sguardo da duro che solo a guardarlo mi faceva scoppiare a ridere.
“Ciao fratello.” Mi avvicino a lui e ci scambiano un saluto con una presa di mano e una toccata di spalle contemporaneamente.
“Andiamo che siamo in ritardo.” Lui si sposta dalla fiancata dell’auto per farmi passare e andare verso il lato del passeggero.
Metto le chiavi nel nottolino e quando il ruggito della mia Lamborghini Murcielago da 640 cavalli si avvia, un sorriso compiaciuto appare. Avevo bisogno di sentire tutta la sua potenza.
“No dai! Siamo in ritardo.” Ryan aveva già capito cosa avevo in mente di fare e l’idea non gli piaceva perché secondo lui io guidavo male e facevo venire il mal d’auto alle persone, compreso lui.
“Lasciami divertire con la mia baby.” Prima che lui potesse ribattere, premo il piede destro sull’acceleratore e l’auto sgomma, sfrecciando sull’asfalto.
Mi concentrai sulla strada davanti a me perché ero a 150 e se avrei frenato ora avrei sbandato, dovevo frenare piano piano e a tratti. Con la coda dell’occhio, vidi Ryan che si teneva stretto alla cintura e pregò con gli occhi chiusi. Scoppiai a ridere perché, a volte, sembrava un imbranato. Frenai di botto nel parcheggio del supermercato facendo girare l’auto per poi ripartire di nuovo e sentirla ruggire.
120, 130, 140, 150, 160, Amavo  sentire il suo rombo aggressivo ma anche femminile che mi entrava in testa come una musica rilassante. Quando focalizzai dove stavo andando frenai di nuovo e mi ritrovai nel posto in cui dovevo essere, il ‘grande’ magazzino.
“La prossima volta non verrò più con te.” Ryan andò di corsa verso un cespuglio lì vicino e iniziò a vomitare a causa della mia guida sportiva.
“Hai finito femminuccia?” Cominciai a ridere di gusto ma scomparve quando Ryan venne verso di me e mi minaccio di morte certa se no avrei smesso.
“Tu che minacci me? Questa sì che è bella!” La prendo come una pazzia da parte sua e lo spingo scherzosamente, facendolo avanzare verso avanti.
Quando lo raggiungo, ci mettiamo entrambi le mani nelle sacche e aspettiamo davanti alla grossa porta di ferro di fronte a noi. Ci lanciamo occhiate determinate  e quando aprono la porta ci voltiamo verso essa per poi scambiarci nuovamente un’occhiata con un cenno. Prima entra lui con quel suo movimento stravagante che sembrava un ubriacone, solo a guardarlo mi faceva ridere ma non era il momento.
Era tutto buio in quella stanza così che non si potesse vedere niente e far aumentare il terrore. Avanzo verso un punto fisso nella stanza, precisamente dove si trovava la vittima, il signor Donovan, grande magazziniere coinvolto nella mafia.
“Bene, bene, bene. Che piacere averla qui signor Donovan o dovrei dire James. Che cosa hai combinato da farmi venire qui di corsa?” Il mio tono era sicuro e autoritario come se fossi la persona più temibile su tutta la Terra, in effetti era così.
“Non farmi del male!” Iniziò a piagnucolare come una femminuccia girandosi attorno e non sapendo dove fossi.  La mia voce rimbombava per tutta la stanza e mettendolo sull’attenti ogni secondo perché sapeva che potevo ucciderlo in un nano secondo. Amavo farlo!
“Voglio solo parlare! Cosa è successo?” Ryan va verso di lui e gli porge una sedia per farlo sedere dalla parte in cui io sarei andato dietro di lui.
“Mi ha scoperto la polizia.” Wow almeno era sincero nelle cose. Io già sapevo tutto ma volevo calmare le acque così sarebbe sparito ‘dolcemente’.
“E’ un bel guaio. Hai fatto nomi?” Continuai ad avanzare verso di lui ma con discrezione sennò avrebbe capito che ero dietro di lui.
“Certo che no! Ci tengo.” Non sapevo che fosse così innocente da ammettere le sue colpe e da dire la verità. Almeno che…
“Mi dispiace..” Ormai ero a 10 centimetri di distanza da lui ed ero pronto a fare il mio passo. Nessuno me lo avrebbe impedito.
“Per cosa?” Aveva un tono di voce diverso rispetto a prima e agli altri che avevo ucciso, forse perché era un agente di polizia infiltrato che mi stava cercando di incastrare.
“Per questo!” Lo afferro dalla cola e gli punto la pistola alla testa facendogliela saltare in aria. Se avrei sparato, come al solito, al cuore, lui avrebbe fatto finta di morire e dopo mi avrebbe visto, raccogliendo informazioni utili per incastrarmi. Figlio di puttana!
“Poliziotto vero?” Ryan venne verso di me e con tono calmo si avvicinò al cadavere per girarlo e notare il giubbotto anti proiettili che indossava sotto la camicia nera.
“Toglilo.” Non ero mai stato calmo in queste situazioni, forse perché al solo pensiero di essere scoperto dalla polizia mi faceva imbestialire. Già sapevano che ero io a causa di una lista che erano riusciti a recuperare. Ora ci mancava solo che mi prendessero con delle accuse concrete. Vaffanculo!
Quando Ryan gli toglie il giubbotto, gli punto, nuovamente, la pistola contro e sparo 5 colpi per tutto il corpo, compreso il cuore. Ora sì che c’era la certezza che non fossi scoperto.
Fredo mi viene incontro e mi porge un sacchetto per metterci dentro la pistola e il guanto così da eliminare le prove. Ryan si alza da terra e va verso Chad per prendere un sacco nero e metterci dentro il cadavere. Bisognava eliminare tutte le prove e l’unico modo era.. BRUCIARE TUTTO.
Di tutto questo se ne occupavano sempre Fredo e Chad perché li ritenevo più fidati, non che non mi fidassi di Cody e Marcus ma siamo stati sempre insieme con loro e sapevano sbrigare i lavoretti come si deve.
“Ragazzi io devo andare in ospedale.” Gli faccio un cenno con la testa ed esco dal magazzino per raggiungere la mia auto e togliere la giacca che indossavo con la cravatta per buttarle in un cestino lì vicino che sarebbe stato bruciato. Presi il mio giubbotto in pelle nero e lo indossai per poi aprire la portiera e sistemarmi sul sedile del pilota.
Ero preoccupato che Lucy stesse male o che qualcuno le avesse fatto del male, avevo questo presentimento da quando sono uscito e l’ho lasciata sola. Arrivai di corsa all’ospedale e quando entrai trovai la signora Anderson che piangeva. Le andai incontro di corsa e la scrollai cercando di avere delle risposte da parte sua.
“Cosa le è successo?!” Il mio tono di voce è fuori controllo, sono talmente nervoso da uccidere qualcun altro senza batter ciglio.
“Ha avuto un attacco cardiaco.” Ricominciò il suo pianto isterico mettendo le mani congiunte sulla sua faccia. Era qualcosa di grave ed io non le ero stato vicino.
“E’ in fin di vita, Justin.”
Il buio totale.

SPAZIO AUTORE
Ok, so che ora mi odierete perchè posto i capitolo sempre tardi ma capitemi, sono piena zeppa di compiti in classe, di interrogazioni e compiti a casa, non trovo il tempo per fare niente. Figuratevi che ho acceso il pc solo per 5 minuti 3 sere, in queste due settimane. Mi sento in colpa perchè voi siete curiose ed io non posto. Scusatemi ma ora sono gli ultimi compiti e le ultime interrogazioni prima delle vacanze quindi sono impegnata. Maledetta scuola! Finalmente che ora arrivano le vacanze così posto sempre *.*
Spero che non abbandoniate la storia solo per questo difetto. Ci starei troppo male :( 
Vi prego non lasciate la storia!

Ritorniamo a noi..
Dunque, in questo capitolo succedono un paio di cosette. Justin e il suo omicidio e la quasi morte di Lucy che nel prossimo capitolo scoprirete tutto :) Possono essere cattiva ma la curiosità e la suspance è parte di una storia. 
Vi amo! 

                               BUONA LETTURA & RECENSITE

LOCKEDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora