chapter five

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M a r g a u x ' s  p o v

Mi svegliai grazie ai passi pesanti dei bambini che si aggiravano per i corridoi della casa sotterranea, che, con l'entusiasmo e l'iperattività dei più piccoli, erano insensibili alle altre ore di sonno che avrebbero potuto sfruttare. Erano la sveglia più precisa che potesse esistere. Puntai lo sguardo su Austin, notando che anche lui era stato svegliato dal rumore ed era occupato a stropicciarsi gli occhietti ancora assonnati. Incurante del fatto che l'unica cosa che indossavo fosse una maglietta verdina di tre taglie più grande comprata durante una delle mie permanenze nell'Altro Mondo, raggiunsi in poco più di mezzo secondo la sala principale, dove il giorno precedente avevo trovato i bimbi sperduti con il mazzo di carte. Gli altri abitanti della casa si aggiravano per la stanza senza mai fermarsi, indaffarati a preparare molte cose diverse o semplicemente in panico per qualcosa. "Che succede?" gridai, posizionando le mani sui miei fianchi con aria teatrale. I bimbi si congelarono immediatamente, girandosi poi lentamente verso di me con sorrisi innocenti stampati sulle labbra a cui avevo imparato a mie spese a non credere. Alzai un sopracciglio, non accennando a cedere e loro mi fissarono sconfitti, ma non dissero nulla comunque.

"Allora ragazzi, siete pronti?" chiese James, entrando di corsa nella stanza e pronunciando le parole con un tono entusiasta. Poi si accorse della mia presenza e della mia espressione e impallidì, osservandomi dall'alto in basso senza parole per spiegarsi.

"Jam?" dissi, per incitarlo a parlare, senza però alcun risultato. James rimase congelato nello stesso punto per i dieci secondi successivi, per poi iniziare ad aprire e chiudere la bocca senza far uscire alcun suono da essa per diverso tempo.

"Ehm..." riuscì a dire dopo un po', scorrendo lo sguardo sugli altri bimbi che, anche se sembravano aver superato lo shock post-traumatico dovuto al mio arrivo - non mi ero mai resa conto di provocare tali reazioni nelle persone -, non si azzardavano a muoversi.

"Stavamo organizzando un agguato ai pirati." disse Earth, spuntando dalla porta da cui era entrato James pochi minuti prima. Alzai gli occhi al cielo, spostandomi verso la cucina e recuperando un po' dei frutti che ogni mattina qualcuno raccoglieva e addentandone uno. Non sapevo esattamente che frutti fossero - nell'Altro Mondo non esistevano - e questo ci aveva portati a soprannominarli 'noci bambine', in chiaro riferimento al gruppo di ragazzini che mi si trovava davanti. Avevano una sottile buccia blu, simile a quella di una mela nell'Altro Mondo, e che se lavata accuratamente si poteva mangiare tranquillamente. L'interno era dolce, ma non troppo, ed era diventato, nel corso dei secoli, il mio alimento preferito in assoluto.

"Potevate dirmelo prima." risposi annoiata, nonostante non mi sarei mai aspettata che lo facessero senza Peter, ma non espressi i miei dubbi. La verità era che con il tempo avevo raggiunto la capacità di non curarmi troppo dello strano modo che i bimbi avevano di divertirsi - dando fastidio ai nostri coinquilini, se cosi si potevano chiamare. E dopotutto, non provavo alcun interesse per la sanità dei pirati, motivo per cui non mi opposi mai ai loro agguati, anzi, talvolta decisi addirittura di unirmi a loro - soprattutto nel periodo in cui il mio corpo e la mia mente si trovavano nella fascia di età tra i dodici e i quindici anni. Quasi non mi sorpresi alle parole che uscirono senza il mio consenso dalla mia bocca. "Vengo con voi." dissi infatti, con finta non curanza. Godetti della faccia confusa di Earth e James, ma poi rimasi interdetta anche io sul motivo delle mie parole. La verità, molto probabilmente, era che mi annoiavo talmente tanto che questo era praticamente tutto ciò che mi restava da fare. Inoltre, nonostante non lo avrei mai ammesso, mi mancava la scarica di adrenalina che portavano questi scherzi ormai abituali ai nostri vicini. 

"Okay." rispose Earth, con un tono che sembrava più un'interrogativa che un'affermazione, ma su cui in quel momento non mi soffermai troppo perché, abbassando lo sguardo sul mio corpo, mi ricordai che stavo ancora indossando la maglietta verdina e, di certo, non era l'abbigliamento più adatto per un combattimento - che ci sarebbe stato quasi sicuramente - né per volare. 

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