chapter twenty

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K a e ' s  p o v

Peter era ancora seduto per terra, guardando ogni tanto il lucernario sul soffitto. Le gocce d'acqua si riflettevano nei suoi occhi, insieme ai mille pensieri che formavano una tempesta, come quella sopra la sua testa. Margaux si era chiusa nella sua stanza per fare delle ricerche sui libri che conservava in camera, non prima di aver portato alcune coperte e un bel po' di vestiti nella sala principale. Anche io ero seduta per terra nello stesso punto in cui ero stata nel corso dell'ora precedente. Gea era accanto a me, ancora un po' assonnato, ma pensieroso, come tutti del resto. Nessuno dei più grandi parlava. Se fosse stato per noi, il ticchettio continuo della pioggia sarebbe stato l'unico sottofondo del pesante silenzio. Però, i Bimbi più piccoli, ignari della preoccupazione che recava il temporale, si erano messi a giocare intorno al tavolo a qualche gioco in scatola che si trovava lì da secoli. Sospirai e mi sdraiai completamente per terra osservando il soffitto in legno e gli spiragli di luce fioca che gli passavano attraverso. Gea si steste accanto a me. "Che ne pensi?" Mi chiese "Della pioggia?" Domandai a mia volta, ma non gli diedi il tempo di rispondere e continuai "Strana" Lui annuì senza girarsi nella mia direzione.
Non so quanto tempo passammo sdraiati in quella posizione, ma quando mi posi la domanda la pioggia aveva già smesso di scivolare sulle pareti della Tana. A quel punto decidemmo di uscire, controllare il perimetro dell'isola e dare anche un'occhiata ai pirati e vedere se in qualche modo centrassero con l'improvvisa pioggia. Peter riteneva improbabile quel opzione, dicendo che i pirati erano troppo imbranati e distratti per poter creare della pioggia dal nulla. Sospirai alzandomi in piedi e con mia sorpresa Peter mi porse la mano per aiutarmi, la accettai volentieri, mentre le parole di Marg mi risuonavano in testa come una musichetta fastidiosa, ma orecchiabile.
La musica si fermò quando Peter lasciò la mia mano e sentii improvvisamente un brivido di freddo scorrermi lungo la spina dorsale, proprio quando la musica stava diventando una colonna sonora. Il maggiore dei Pan andò ad avvertire sua sorella e senza che mi sorprendessi si unì a noi.
Uscendo l'odore di pioggia mi pizzicava le narici tempestando il mio naso del suo odore caratteristico. Un'odore strano che a New York, non si imprimeva sugli alberi, ma sul cemento che ricopriva quasi interamente la città. Silenziosamente arrivammo a metà del bosco, il mio naso si era abituata al forte odore di muschio bagnato qualche metro prima. Peter si girò verso di noi dal suo punto a capo della fila. Mi guardai intorno per non incontrare gli occhi di Peter, ma non fu meglio quando guardai gli alberi che erano dello stesso colore dei tronchi. Eravamo in una piccola radura. Il sole era debole e filtrava a malapena tra i rami degli alberi. Nella penombra sembravamo tutti più belli e più misteriosi. Pensai a Cat, la ragazza più grande che in poco tempo era diventata la mia migliore amica a New York, perché lei viveva nella penombra ed era sempre così bella. Quando riposai lo sguardo sui ragazzi e su Margaux, Peter stava già parlando e del suo discorso afferrai solo le parole "dividiamoci" e "meno tempo per trovarli", capendo inevitabilmente  che mi toccava stare da sola con i miei pensieri un'altra volta. Annuii e scomparvi tra gli alberi senza guardarmi indietro. Alcune gocce della pioggia ormai svanita si erano depositate sulle foglie e mi cadevano addosso quando le sfioravo per passare. Camminai per poco. All'inizio non mi accorsi dove ero diretta, ma dopo poco capii che inconsciamente mi ero diretta verso il mare, ancora una volta. La terra diventò sabbia, quando i rami lasciarono spazio al cielo. Questa volta il contrasto era quasi nullo. La sabbia, dorata da asciutta, era diventato di un marrone terra. Le mie scarpe si erano infangate e insabbiate, ma non ci feci caso è continuai fino alla riva. Faceva freddo, i brividi percorrevano indisturbati la mia pelle, incrociai le braccia al petto nel tentativo di fermarli. Il vento mi muoveva i capelli, facendoli diventare fiammi incontrollate di un incendio. Il sottofondo della natura mi fece estraniare dai miei pensieri e in quel momento mi chiesi perché quella sensazione era così simile alla tristezza, non ci pensai troppo al lungo e quindi non arrivai ad una conclusione definitiva, ma creai delle ipotesi. Quando a New York mi soffermavo a pensare sul mio stato d'animo, la risposta era sempre un grande punto interrogativo. A detta degli psicologi, che avevo frequentato a spese della mia famiglia adottiva, avevo contratto una lieve forma di depressione, all'inizio concordavo con loro ricollegandolo il sentimento di tristezza alla solitudine e alla separazione dall'isola. Poi crescendo cominciai a legarlo al senso di inadeguatezza che mi portavo dietro in qualunque ambiente della terra. Era strano sentirsi persi, in un primo momento, ma vagando senza meta e senza indicazioni, cominciai a scoprire nuovi posti e ad amare New York anche più dell'Isola. Mentre una nuvola di pensieri lasciava piovere le parole sopra la mia testa, una presenza mi si avvicinò e come me cominciò ad osservare l'orizzonte in completo silenzio. Sospirai, riuscii stranamente a riconoscerla, nonostante le rare volte che ci eravamo incontrate.
Di slancio le porsi la domanda a cui non riuscivo a dare una risposta "Che ne pensi della pioggia?" La sirena dai capelli biondi e gli occhi azzurri, Cetalyn, rifletté per qualche secondo prima di rispondere con al sua voce melodiosa " Penso sia romantica, inaspettata, anche accogliente se presa nel verso giusto e al momento giusto" Mi girai verso di lei osservandola e aspettando la risposta che veramente volevo sentire "Va bene, penso che alcune domande non andrebbero poste, soprattutto non ad una sirena ,che potrebbe manipolare la verità a suo piacimento"
"È questo quello che pensi delle sirene?" Chiedi stupita, si stava per caso dando della bugiarda da sola?
"Se vogliamo possiamo essere perfide" Rispose tranquillamente, annuii e mormorai un "Hai ragione". Lei fece comparire sulla sua bocca un ghigno. "Dovresti dirmi che siamo essere meravigliosi e privi di cattiveria, non incoraggiarmi" Mi disse sarcasticamente
"Scusa ma non so mentire" Risposi girandomi verso di lei con un sorriso derisorio.
"Bugiarda" Rispose sbuffando una risata, le sue labbra carnose vibrarono e catturarono il mio sguardo per qualche secondo.

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