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Io non sono una persona sociale,né tantomeno voglio esserlo e negli ultimi giorni me ne sono resa conto ancora di più.I giorni dopo quella spiacevole scoperta erano trascorsi lenti e cupi,senza un briciolo di luce.Sola con me stessa chiusa nel mio appartamento e con tutto ciò che c'è di più brutto,i pensieri.
Una settimana nuova era cominciata ma io mi sentivo ferma a quel giorno,diversa,così triste,sola e senza speranza che per fino i corridoi della mia università sempre così pieni di gente mi facevano sentire completante sola e persa.Mi infastidivano i ragazzi felici,apparentemente,senza nessun problema a consumarli dentro,così pieni di vita e speranza,così diversi da me.Quanto avrei voluto essere come loro,anche se a me essere come gli altri non mi è mai piaciuto.Ma è così che va la vita,non puoi sceglierla e tanto meno cambiarla,questo è ciò che ti riserva e non puoi lamentarti.
Arrivata nell'aula di economia con lo sguardo perso nel vuoto,mi siedo nel posto più isolato sperando che nessuno si avvicini,che nessuno immagini o senta tutto ciò che sto provando in questo momento.Vedo entrare Jane,sorridente e portatrice di felicità,e cercarmi con lo sguardo.Automaticamente lo stomaco si stringe una morsa,cosa penserà quando saprà?Perché lo capirà,se non glielo dirò,capire che c'è qualcosa che non va.Mi trova e i nostri sguardi si incrociano per un attimo,subito si avvicina e prende posto vicino a me.Non parla,sembra essere al corrente di tutto ciò che in me sta succedendo.
"hey"bisbiglio e prendo coraggio
"Hai idea di come mi hai fatto preoccupare,è una settimana che non rispondi ne al telefono ne ai messaggi ne vieni a lezione.Che cosa ti è successo?Sembri così stanca,sei al corrente delle occhiaie enormi sotto i tuoi occhi?" sbotta,rossa in viso.La morsa allo stomaco si stringe,ancora di più.I sensi di colpa salgono e insieme a questi salgono anche le lacrime agli occhi.Di scatto mi giro dall'altra parte e lascio cadere le prime lacrime dai miei occhi,occhi persi e vuoti.Troppo vuoti.
Mi giro verso di lei e l'abbraccio.
scusa,scusa,scusa sussurro tra i suoi capelli,lei mi stringe e non dice altro perché ha già capito che c'è qualcosa che non va.Prendo un sospiro e mi stacco dall'abbraccio.Mi alzo e esco dall'aula,i corridoi sono vuoti,e sembrano assomigliare proprio a me.
Jane mi raggiunge fuori e si abbassa sulle ginocchia per raggiungermi.
"Sono andata da un dottore."dico,flebile,sensibile,stanca.Non controbatte.
"Ho il parkinson" dico,tutto ad un fiato.
Gli occhi di Jane si tingono di qualcosa che mi fa ancora più male,di dolore,gli scendono lacrime dagli occhi blu,ancora più chiari.
"C'è qualcos che si può fa-" inzia ma la interrompo subito "No,non si può fare nulla,si può rallentare il processo degli stadi ma non può essere fermato" sussurro.
Prende le mie mani e se le porta al viso,le lacrime le bagnano proprio come le nostre guance.
"non te lo meriti,non tu,com'è possibile?Tu che sei così-si blocca un attimo- tu.Cosi unica nel tuo genere,come può essere?" mi dice in preda ad un attacco di rabbia "Sono cose che capitano" dico
"Puoi abbracciarmi,per favore"aggiungo,con la voce rotta e tremante.
Mi abbraccia senza dire niente,ma non perché un abbraccio vale più di mille parole,ma perché siamo Jane e Luna.Perché siamo io e lei,e per capirci non servono parole,servono i fatti,i gesti.

Dopo quell'incontro siamo andate via,siamo andate ad un bar e mi ha offerto un caffè abbiamo parlato e ho capito che mi è mancata,che mi è mancata la mia amica.Ci siamo salutate e io ora,un po' più piena e non vuota come prima,sto tornando a casa,sempre con la consapevolezza che una volta arrivata non sarei stata sola,ma piena di tutti qui pensieri che sarebbero arrivati,uno dopo l'altro con forza e senza pietà.Pronta a dover affrontare un'altra giornata sola con me stessa.

Una figura,seduta sulle scale del mio portone mi appare familiare.La sigaretta tra le labbra e gli occhi vigili intorno a lui,i ricci ribelli sulla fronte e il cappuccio tirato su,forse in tentativo di non farsi riconoscere.Ma io l'avevo riconosciuto,l'avrei riconosciuto tra mille,tra mille persone simili a lui.
La sua attenzione è completamente su di me,ora che mi sono seduta di fianco a lui.
"stai bene"sussurra.No,non sto bene vorrei dirgli,ma vorrei anche dirli che l'enorme peso che avevo nel petto si è lievemente sciolto quando ho sentito la sua voce.
"che fine hai fatto?"parla di nuovo,con lo sguardo puntato sulla sua auto nera parcheggiata.
"sono stata un po' nel mio"rispondo,con nonchalance,ride forzatamente e prende un altro tiro di sigaretta.
"mi stavi evitando?"chiede.No,non stavo evitando te,stavo cercando di tenerti lontano,ma lo stavo facendo per te.
"no"rispondo,finalmente si gira verso di me e mi regala il suo sguardo,bello.Tanto bello che ti ci puoi perdere dentro,che puoi solo cercare di capire qualcosa perché c'è un muro,tra di lui e l'esterno che non vuole abbattere.
"ti ho chiamata,avanti ieri,ma non mi hai risposto.Mi sono preoccupato,sai?" mi ricorda la conversazione di stamattina con Jane,ma la morsa che si crea nello stomaco ora è un'emozione strana,quasi come se mi facesse piacere il fatto che si fosse preoccupato e che fosse venuto a casa mia per vedere come stavo.
"scusa se non ti ho risposto,avevo bisogno di  allontanarmi da tutti e tutto per un po'" dico sinceramente.Faccio fatica ancora a trattenere il suo sguardo,ma lui ancora cerca il mio.
"guardami"dice,secco,come se necessitasse di quel contatto visivo.Lo guardo,gli do la possibilità di vedere i miei occhi stanchi e velati dalla solita lucidità.
Si avvicina delicatamente a me e mi prende il viso tra le mani "che c'è che non va?sembri così fuori di te" lo sapevo che anche lui se ne sarebbe accorto e sapevo anche che a tutto questo,io,non avrei saputo come comportarmi,cosa aspettarmi.Mi bacia la fronte,le guance,mi sfiora le labbra e mi fa arrossire,mi fa abbassare gli occhi dall'imbarazzo. Ma subito mi prende il mento tra le mani e ancora una volta gli regalo il mio sguardo,troppo debole per sostenere il suo.                                                                                                                                                                                           "è tutto apposto,sono solo stanca" queste parole escono forzate,perchè vorrei gridarlo ciò che mi stava succedendo per far capire alle persone come si ci sente a imparare a convivere con qualcosa di così terrificante.Scuote la testa,perchè in cuor suo sente di volermi urlare contro di essere sincera,di non preoccuparmi delle conseguenze come mi è solito fare ma resta in silenzio e accetta le mie stupide scelte.                                                                                                                                         "Perchè sento che mi stai prendendo per il culo?"sbotta all'improvviso,perchè è così vorrei dire.   "non lo so,Aron" dico,senza fiato per la sua vicinanza improvvisa.Si era avvicinato talmente tanto che sentivo il suo respiro calmo contro le mie guance.                                                                              "Ti ho pensato tanto,sai tigre?"dice               "si?"dico felice,al pensiero di essere stata al centro della sua attenzione seppur distanti,perchè anche lui è stato il mio centro in quei giorni bui.Annuisce e porta il suo braccio dietro la mia schiena,tirandomi in braccio a lui.Prendo la sua faccia tra le mani e con i polpastrelli traccio la linea definita della sua mascella,poi quella della sua bocca,poi quella dei suoi bellissimi occhi,purtroppo in questo momento chiusi.                                                                                                               Apre gli occhi e finalmente le gemme scure si incrociano con le mie.Da qualche parte ho letto che è la fine quando in un paio di occhi scuri ci vedi il mare,e io negl occhi di Aron non ci vedevo il mare,ci vedevo l'oceano.Pensai che fosse la mia fine,lui,con tutti i suoi complessi e i suoi problemi,così bravo a nasconderlo.La vita mi aveva regalato una fine più che piacevole,ma regalandomi altro dolore,paragonabile all'enorme sentimento che io stavo iniziando a provare,o che forse già provavo,per lui.                                                                                                                                             Senza dire niente,perchè non c'era il bisogno di dire qualcosa,mi regala la bellezza delle sue labbra contro le mie.Solo per un attimo,perchè si allontana,pronto a darmene un altro di quei baci,un'altro e un altro ancora.Gli stringo e mi arrotolo una ciocca dei suoi capelli tra le dita e sembrano quasi più lunghi dell'ultima volta."Ti sono cresciuti i capelli"mi permetto di dire in un sussurro,con un piccolo sorriso sulle labbra."Avevo l'appuntamento dal parrucchiere alle 12 ma avevo di meglio da fare"dice guardandomi negli occhi ancora una volta,facendomi capire che quel meglio da fare ero io.Prendo l'iniziativa di baciarlo,le nostra bocche iniziano una danza che sembra perfetta,una danza simile a una da opera e che speravo non finisse mai.

From me to you,I hate everybodyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora