A reason to fall to your knees and die? What is love?

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Quella mattina – di quel maledetto venerdì – si era svegliata, se così si poteva dire, con un'ansia pazzesca che si faceva mano a mano sempre più intensa. Ogni secondo e mezzo cambiava idea su cosa indossare, su cosa mangiare e, soprattutto, sull'accompagnare o non accompagnare Roberta a quello studio radiofonico che nella notte le aveva causato incubi atroci.

«Iris, è tutto ok? – le chiese sua sorella mentre facevano colazione – Mi sembri un po' sciupata, hai dormito?»

Cosa? Sciupata, lei? Per carità! Era semplicemente a pezzi e, dati i molteplici presentimenti che sentiva riguardo quella giornata – che avrebbe dovuto finire prima di subito –, avrebbe preferito andare ad ammaestrare a mani nude un branco di leoni.

«Sì, sì, va tutto bene. È solo il mio vecchio letto, non sono più abituata e faccio un po' fatica a prendere sonno.»

Come raccontava le balle lei, nessuno al mondo. Infatti, Roberta come al solito non le aveva creduto, ma era troppo elettrizzata da quello che avrebbe vissuto di lì a poco per preoccuparsene più di tanto. Aveva deciso di rimandare qualsiasi tipo di attacco psicologico a sua sorella al giorno dopo, per farsi raccontare cosa non andasse.

«Ok – rispose, prima di correre in bagno –, tra venti minuti pronta che si parte! I Take That mi aspettano!»

Mentre zigzagavano nel traffico milanese Iris, si chiese come mai si stessero muovendo a quell'ora se l'incontro era fissato per le tre di quel pomeriggio, ma siccome Roberta era tutto un nervo decise silenziosamente di non domandare, di non parlare e, soprattutto, di non prendere alcun tipo di iniziativa. Avrebbe fatto esattamente quello che fino ad allora era parso funzionare così bene: lasciarsi trascinare dalla corrente senza muovere un muscolo.

«Visto che te lo stai domandando, cara la mia sorellina, prima di andare a Play Radio c'è un'altra tappa che ci aspetta!» prima di ringraziare il Signore per la telepatia tra consanguinei, Iris s'irrigidì sul sedile, mentre la voce di Mark, che lanciava coltelli dall'altoparlante della vettura, continuava a scarnificarle, brandello dopo brandello, il poco di sanità mentale che ancora aveva attaccata alle ossa.

«Ho paura a domandarti cosa» soffiò fuori accusando, una dopo l'altra, quelle dolorose coltellate senza apparentemente colpo ferire. Apparentemente.

«Ho scoperto dove alloggiano, quindi prima si va lì a vedere com'è la situazione, successivamente li seguiremo a Radio Montecarlo. È a pochi passi dall'albergo, per cui potremo pure andare a piedi e lasciare l'auto lì nella zona della stazione.»

L'hotel dove alloggiano.

Se non fosse stata ancorata con le unghie alla stoffa del sedile, probabilmente Iris avrebbe vacillato, forse le sarebbe mancata l'aria e poi sarebbe crollata a terra sotto al peso soffocante di quella possibilità, quella di incontrarlo. Le sarebbe semplicemente bastato vederlo da lontano per tornare a sanguinare, e più occasioni si creavano, più il pericolo di incrociarlo – e magari essere anche vista – aumentava; però non poteva tirarsi indietro e fare la guastafeste, agli occhi di sua sorella non ne avrebbe avuto alcun motivo. A forza di ingoiare bocconi amari sarebbe soffocata veramente.

Quando giunsero davanti al Westin Palace la situazione si presentò piuttosto tranquilla. C'era un gruppetto di donne sedute sul ciglio del marciapiedi, chiacchieravano, ridevano e, di quando in quando, buttavano un occhio all'ingresso maestoso dell'hotel, sicuramente con la speranza di vedere uno dei componenti della band affacciarsi o uscirne. Roberta, con la sfacciataggine che l'aveva sempre contraddistinta, si avvicinò loro e fece un paio di domande. Iris rimase un po' in disparte, appoggiata alla parete esterna del muro di cinta, mentre la sorella aveva già trovato qualcuno con cui sfogare la sua eccitazione riguardo quel gradito ritorno e con cui condividere la passione in comune; avrebbe tanto voluto utilizzare lo spirito di cameratismo ritrovato di sua sorella come scusa per tornare a casa – dopotutto non l'avrebbe lasciata sola –, ma solo al pensiero si sentiva estremamente in colpa; e, comunque, conoscendola, lei non glielo avrebbe permesso.

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