Una vestizione

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-Mi pare – disse Brahms – che le regola numero due e nove possano rispondere alla tua domanda.

Era sdraiato sul letto di lei, con le caviglie incrociate sul materasso, le mani intrecciate dietro la testa, e la schiena appoggiata ai cuscini sollevati. Era entrato mentre Greta frugava nel suo armadio, parlando con Sally al telefono incastrato tra l'orecchio e la spalla. A quanto pareva Cole si era presentato di nuovo e il fratellino di Sally gli aveva candidamente detto che Greta era in Inghilterra, quindi doveva aspettarsi qualche patetica lettera piena delle solite panzane. Brahms si era accomodato ed era rimasto per un po' a osservare Greta che affondava sempre di più nei propri vestiti, che in realtà non erano molti, ma erano buttati nell'armadio in un tale disordine che sembravano un corposo mucchio. – Vai da qualche parte? – le aveva chiesto, e Greta era stata costretta a confessare che Malcolm le aveva chiesto di uscire e che lei aveva detto di sì (nonostante il ricordo fin troppo recente di Cole), e a chiedere a Brahms di darle una serata libera.

Di fronte allo sguardo attonito di Greta, Brahms sospirò. – Le regole due e nove riguardano il fatto che io non vada mai lasciato da solo.

-Oh, ti prego -. Greta si allungò attraverso il letto e prese le mani di Brahms. Lui parve sorpreso: Greta non l'aveva mai toccato, prima. Fece una smorfia. – Malcolm deve piacerti proprio tanto.

- È tanto che non esco con un ragazzo. Penso che potrebbe farmi bene.

- Io sono un ragazzo – obiettò Brahms in tono lievemente offeso. Si allungò per togliere una ciocca di capelli che spioveva sugli occhi di Greta. Indugiò un secondo di troppo, ma Greta se ne accorse a malapena.

-Sì, ma tu non vuoi uscire – gli spiegò. Tornò all'armadio. Lanciò a Brahms un cardigan rosa. Brahms lo spostò lentamente e un secondo dopo fu raggiunto da un intero abito rosso.

- Che ne sai che non voglio uscire?

- Perché ti ho chiesto ieri se fossi mai uscito da questa casa e tu mi hai risposto che non ci pensi nemmeno.

Brahms rifletté. – Vero – ammise. Scrutò Greta, giocherellando col suo vestito rosso. – Be', suppongo che se ti costringo a restare chiusa qui dentro, diventi sequestro di persona, no?

-Sarebbe un sì?

-Io posso anche dirti di no, ma tu scapperesti comunque dalla finestra, perciò...

-Grazie! -. In un impeto di gioia, Greta lo abbracciò. Brahms s'irrigidì di colpo, ma Greta era così contenta che non se ne accorse.

Greta tornò a scegliere il vestito, mentre Brahms la guardava con aria sospettosa.

Lei capiva che fosse sorpreso. Era passata dal non riuscire nemmeno a guardarlo negli occhi all'abbracciarlo nel giro di una settimana ed era naturale che si chiedesse perché. La verità era che, dopo le rivelazioni di Malcolm, Greta si chiedeva cosa mai dovesse aver passato Brahms in quei vent'anni di latitanza, e il timore era stato sostituito dalla compassione. Inoltre, quello che le aveva detto Malcolm spiegava perfettamente perché Brahms fosse così strano, evitando a Greta di dover concludere che Brahms fosse un'entità maligna che infestava la casa degli Heelshire, e rendendole più facile trattarlo come una persona normale, che aveva solo subito un trauma. Come lei.

Greta mostrò a Brahms una gonna grigia lunga fino alle ginocchia, con aria interrogativa.

-Oh, è perfetta – disse Brahms – se vuoi sembrare mia madre -. Con aria rassegnata, le tese il vestito. – Metti questo.

-Davvero? Non è un po' troppo? -. Greta si appoggiò il vestito al corpo, meditabonda. Brahms assunse un'espressione strana.

- Che c'è? – chiese Greta, allarmata. – M'ingrassa?

- No -. Brahms fece una pausa, poi disse, a voce bassissima: - Penso che sarai molto bella. 

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