Il racconto di Greta

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Il giorno dopo, quando arrivò Malcolm, Brahms stesso gli aprì la porta, per dirgli: - Vattene via. Oggi non sono in vena di sopportare il tuo atteggiamento.

-Brahms! -. Greta lo spinse via dalla porta e fece entrare Malcolm. – Scusalo – disse piano. – La lettera che hai portato ieri...

- Brutte notizie? – chiese Malcolm.

- I suoi genitori sono morti – bisbigliò Greta.

Malcolm parve sconvolto. - Oh, mio Dio – mormorò.

- Guarda che puoi anche non sussurrare – disse Brahms.

- Lui è intrattabile, giustamente – concluse Greta.

Malcolm annuì solennemente. Poi andò da Brahms e gli strinse una mano.

-Mi dispiace – disse. – Credimi, mi dispiace veramente.

Brahms lo guardò come se Malcolm lo stesse prendendo in giro. Poi parve fare uno sforzo sovraumano, e disse: - Grazie. Accetto le tue condoglianze.

-Andiamo fuori –. Greta li prese tutti e due sottobraccio e li trascinò verso la porta. – Brahms ha bisogno di prendere un po' d'aria.

In realtà, non era il bisogno d'aria di Brahms che aveva spinto Greta a uscire di casa. Era il suo bisogno di raccontare di Cole.

Non sapeva perché improvvisamente voleva spiegare cosa le fosse successo. Forse perché Malcolm meritava di saperlo, forse perché Brahms era un figlio perduto...Come il suo.

I due avevano intuito che Greta aveva qualcosa di importante da dire. Aspettarono in silenzio, entrambi, finché lei non fu pronta.

Greta si sedette su una panchina. Malcolm si sedette di fianco a lei. Brahms rimase in piedi dall'altro lato, con una mano appoggiata allo schienale.

Greta tormentò la sua sciarpa. – Allora – iniziò. – C'era un ragazzo. Cole. Siamo stati insieme per un bel po'.

Brahms ebbe un sussulto, come se trovasse sgradevole l'idea. Malcolm la guardava, in attesa. Greta si costrinse a continuare. – Io sono rimasta incinta.

Entrambi la fissarono a bocca aperta.

- Tu...tu hai un figlio? – farfugliò Malcolm.

- No – rispose Greta.

Malcolm non capì. – Ma scusa, hai detto che...

-È morto – disse Brahms.

Greta guardò in su verso di lui.

Brahms la studiava. – Il bambino è morto. Non è così?

Greta annuì.

-Oh, mio Dio, Greta. Hai avuto...come si dice...un aborto spontaneo? – domandò Malcolm, cauto.

- No – rispose Greta in tono meccanico. – È stato Cole.

- È stato Cole? – ripeté Malcolm.

- Beveva. E quando beveva, perdeva il controllo. E un giorno mi ha colpito più forte del solito. La mia amica Sally mi ha portato di corsa in ospedale, ma non c'era più niente da fare -. Greta ripensò al sangue che le colava lungo le gambe, al dolore, ai giorni vuoti e bianchi che aveva passato immobile su una sedia aggrappata a una copertina come a una cima di salvataggio. Si voltò verso Brahms. – È per questo che mi hai scelto, no?

Brahms le rivolse uno sguardo assente. – Come?

-Perché tu hai percepito che io potevo capire i tuoi genitori. E te. Perché anch'io ho perso un figlio – insisté Greta.

- Certo. Con la differenza che io sono qua – disse Brahms.

- Sì – disse Malcolm. – Però anche tu sei...no?

Brahms parve irritato. – Già. Be'...Io torno dentro. Ho preso più aria adesso che negli ultimi ventidue anni -. Si voltò e si allontanò senza aggiungere altro.

-Quando si dice l'empatia – disse Malcolm.

Greta fece un mezzo sorriso. – Non vuole sentire parlare di morte. Ma io avevo bisogno di raccontarlo a qualcuno. Grazie, Malcolm.

- Di cosa?

- Di essere tornato. Di avergli concesso una possibilità.

- Non sono tornato per Brahms – sussurrò Malcolm.

E un attimo dopo, si stavano baciando. 

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