Una lettera per Brahms

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Greta gli diede tutto il tempo che voleva. Poteva capire che Brahms non morisse dalla voglia di convocare il ragazzo che gli portava la spesa a casa per comunicargli che a pagarlo era una specie di demone risputato fuori dall'Inferno.

Nel frattempo, cominciò a seguire le regole. Sul serio, questa volta.

Ogni mattina, entrava nella camera di Brahms e lo svegliava. I due passavano la giornata per lo più nella sala della musica. Greta leggeva a voce alta per Brahms e Brahms le faceva ascoltare i suoi brani preferiti. Si scoprì che Greta aveva una gran passione per Chopin. Ogni sera, leggevano di nuovo, poi Brahms andava a dormire, con la buona grazia di non pretendere il bacio della buonanotte. A volte passeggiavano nel parco.

Greta continuava a chiedergli di parlare con Malcolm e Brahms continuava a rifiutarsi. La cosa metteva Greta in una posizione scomoda, perché stava evitando Malcolm per paura di lasciarsi sfuggire qualcosa e che Malcolm arrivasse con torce e forconi.

Alla fine fu Malcolm a stufarsi e presentarsi da solo.

Greta e Brahms erano nella stanza della musica, seduti al pianoforte spalla contro spalla. Brahms stava cercando di insegnarle la Ninnananna del suo illustre omonimo e fingeva di non accorgersi di quanto lei fosse arrugginita. Erano impegnati a ridacchiare come due ragazzini quando un colpo di tosse proveniente dalla porta fece girare Brahms così di scatto che per poco non fece cadere Greta dallo sgabello.

-Malcolm! – esclamò la ragazza, alzandosi. Sentì il volto aprirsi in un sorriso. Brahms non sorrise. Fissava Malcolm con aria sospettosa. Si limitò a fare un cenno con la testa quando Malcolm lo salutò, e disse: - Oggi non è giorno di consegne.

-Sì, lo so – disse Malcolm. – Volevo assicurarmi che Greta stesse bene.

Le sopracciglia di Brahms schizzarono verso l'attaccatura dei capelli. – Che intendi dire?

-Solo che non risponde al telefono e non si fa vedere da settimane – disse Malcolm con aria innocente.

Brahms lo guardò con un'espressione così sinistra che Greta sentì l'urgenza di intervenire.

-Hai fame? – chiese, trascinando Malcolm verso la cucina senza aspettare risposta. – Vieni, Brahms.

Brahms li seguì controvoglia.

Tre minuti più tardi, Brahms e Malcolm si fissavano da un capo all'altro del tavolo della cucina, con in mezzo a loro una fetta di torta e un bicchiere di succo d'arancia per Malcolm, e Greta, pronta a tuffarsi in mezzo caso mai uno dei due avesse deciso di aggredire l'altro.

-Allora – disse Greta in tono garrulo, rivolgendosi a Malcolm. – Ehm...Come stai?

- Bene – disse Malcolm. – E tu?

- Sto bene anch'io.

- E ora che te ne sei accertato...- iniziò Brahms. Greta gli mollò un calcio sotto il tavolo. Brahms trasalì, afferrò il bordo del tavolo e le lanciò un'occhiataccia.

-In realtà – disse Malcolm – se non ti dispiace, sono venuto a chiedere a Greta di uscire con me.

Brahms raddrizzò la schiena, palesemente con l'intenzione di dire che gli dispiaceva eccome, ma Greta lo prevenne.

- Mi dispiace, Malcolm – disse – ma non posso.

- Non puoi – ripeté Malcolm lentamente.

- Mi piacerebbe davvero tanto. Credimi. Ma devo restare qui.

-Perché?

Greta iniziava a innervosirsi. – Perché il mio lavoro è questo.

Brahms la osservava in silenzio. Distolse gli occhi da lei quando Malcolm gli rivolse la parola.

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