Capitolo 11

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BANCA DI SPAGNA, PRESENTE

Eccola qui, la stanza del Governatore, la parte sulla planimetria che ha tolto il sonno ad Andrés per settimane.

Mi guardo attorno mentre il ritmato bip dell'attrezzatura che tiene in vita Nairobi fa da snervante sottofondo musicale. Anche se un po' pacchiano per i miei gusti, non posso fare a meno di notare che si tratta di un bellissimo ufficio, le pareti in legno massiccio, una piccola teca con alcuni libri dall'aspetto antico, le tende di velluto. Non male come uso dei soldi dei contribuenti.

Mi avvicino alla scrivania e senza farmi troppi problemi mi siedo sulla comoda poltrona in pelle nera, se devo aspettare che Nairobi si svegli tanto vale farlo comoda.

«Che brutta visione di passato.» dice Helsinki guardandomi e scuotendo la testa.

Aggrotto le sopracciglia: «In che senso?»

«Anche Berlino sedeva su scrivania, nella Zecca.»

Per la seconda volta in troppo poco tempo mi ritrovo a sorridere dolcemente.

E ancora una volta devo costringermi a concentrarmi sull'obiettivo, anche se resterei volentieri a crogiolarmi su questo paragone con Andrés, così accenno a Nairobi: «Si riprenderà?»

«Perché ti interessa?» chiede di rimando Bogotà.

Alzo le mani in segno di resa: «Chiedevo e basta.»

«Ho visto come la guardavi poco fa e credo che Tokyo abbia avuto una brillante idea a non lasciarti sola con lei.»

Il mio sorriso da dolce diventa tagliente, vorrei alzarmi ma questa poltrona è veramente troppo comoda, ora capisco perché il Governatore veniva a lavoro tutti i giorni: «Non ho interesse ad uccidere Nairobi, devo solo farle una domanda.»

«Berlino è morto per salvare tutti noi, Berlino era pazzo ma anche eroe.»

Non mi aspettavo questa uscita, forse vuole solo alleviare la tensione che sta crescendo: «Grazie Helsinki.»

«Che domanda devi farle?» insiste Bogotà non capendo la saggia intenzione del suo compagno.

Inizio a scivolare con la sedia a destra e a sinistra, cullandomi alla ricerca di una risposta: «Cose da donne.» lo guardo negli occhi cercando di essere il più convincente possibile: «Ma ripeto che puoi stare tranquillo, non ho intenzione di uccidere Nairobi.»

«Perdonami se non mi fido.»

Ancora una volta alzo le mani, non me la sento di giudicare male Bogotà per quello che ha detto, dopo tutto non mi conosce nemmeno, è normale che non si fidi.
E così eccoci qui, in silenzio, ad osservare l'ostaggio-infermiera che si occupa di Nairobi. Ho le mani giunte e per la prima volta in vita mia, fingendo di assumere una posizione pensante, prego.
Voglio che apra gli occhi adesso, voglio essere la prima persona che veda una volta tornata tra i vivi.
Ma ad aprirsi non sono gli occhi di Nairobi bensì la porta principale della stanza, come un gatto e con un'agilità che stride con la sua enorme stazza, Helsinki prende un fucile puntandolo addosso all'aggressore...

Rio ha il volto preoccupato e il petto che si alza e abbassa velocemente: «Palermo...È impazzito!»

Malavoglia mi alzo dalla comoda poltrona, indico Bogotà ancora seduto accanto Nairobi: «Resta con lei.» guardo prima Helsinki poi Rio: «Facci strada.»

Morto per la Libertà - Casa di Carta fanfiction [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora