Capitolo 14

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BANCA DI SPAGNA, PRESENTE

***

Esme era l'unica tra noi che indossava i tacchi. Quel suono continuo era come lo scandire del tempo di un orologio letale e snervante ma nessuno di noi osava dirle niente. Con la sua sola presenza capimmo perché era stata scelta da Berlino come prima moglie: sembrava rassicurante ma in realtà incuteva lo stesso disagio.

***

Cammino avanti e indietro nella stanza del Governatore, c'è tensione tra i componenti della banda e credo di aver quasi capito il perché, deve esserci un malato quadrato amoroso tra Tokyo, Rio, Denver e Stoccolma. Per fortuna nessuno di loro è qui e per fortuna nessuno tra quelli che ho incontrato mi ha chiesto il motivo dei miei occhi arrossati e il volto paonazzo.

Sono corsa all'interno della stanza del Governatore a testa bassa ma non mi è sfuggito lo sguardo prima insospettito poi quasi paterno di Bogotà: «Pensi che ce la faremo ad uscire da qui sani e salvi?» chiede con tono meno accusatorio del solito.

Annuisco respirando a fondo, finalmente l'aria non viene più su a tratti: «Se facciamo tutti la nostra parte, si.»

«E la tua parte sarebbe...»

«Farvi uscire da qui possibilmente sulle vostre gambe.»

Bogotà si zittisce per qualche secondo: «Che è successo con Palermo?»

«Ha dato di matto, gli altri lo hanno legato nel salone centrale.» rispondo sedendomi sulla comoda poltrona del Governatore.

«Non intendevo adesso. Voi due vi conoscevate già, non è vero?»

«Qualche screzio passato, niente che comprometterà questo colpo.» taglio corto.

Va bene parlare e conoscere più a fondo i componenti della banda ma non ho la minima intenzione di spingermi oltre il limite.
Anche perché dopo questo colpo mi ritirerò ufficialmente dalle scene e per loro dovrò essere solo un vago ricordo.

Restiamo in silenzio e chiudo gli occhi cercando quanto possibile di rilassarmi un po'.
Ammetto che le parole di Martìn hanno avuto un pesante effetto su di me.

Inevitabilmente penso ad Andrés, alla felicità dei giorni che non torneranno mai più...Quante volte ho pensato di farla finita, buttarmi giù dalla finestrapiù alta del monastero per morire e raggiungerlo sul trono del cielo...E quante volte poi mi è mancato il coraggio. Forse non l'ho amato abbastanza? Forse avrei dovuto assecondare il desiderio di suo fratello Sergio e cercare una cura anziché giocare a fare la ladra. Provare a vivere insieme per sempre anziché per qualche anno senza freni e senza regole.

Avrei potuto risolvere tante cose e invece che ho fatto? Ho giocato alla principessa nel castello che aspetta il ritorno del cavaliere dalla battaglia.
Quest'ultima considerazione risveglia in me quelle maledette lacrime che ero riuscita a contenere tanto bene per così tanto tempo...

Poi sento l'urlo di Bogotà.

«Nairobi!»

A quanto pare non sono l'unica ad essersi risvegliata.

Morto per la Libertà - Casa di Carta fanfiction [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora