Capitolo 45

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BANCA DI SPAGNA, PRESENTE


I tunnel sono stati scavati poco lontano dalla fonderia, Tokyo e Nairobi sembrano aver fatto pace perché ridono e scherzano con dei lingotti d'oro portati alle orecchie.

«Ehi Esme!» dice Nairobi guardandomi gioiosa: «Hai visto che begli orecchini ci siamo comprate? Ne vuoi un paio anche tu?»

«Usciamo da qui e te ne compro un paio veri!»

Tutti gli uomini, fatta eccezione per Palermo che chiude la fila, vanno per primi in direzione dei tunnel, l'oro fuso è già in fase di trasporto.
Chissà a cosa sta pensando Sergio, chissà cosa sta pensando Martìn.
Chissà cosa penserebbe Andrés se vedesse che il piano a cui abbiamo lavorato tutta la vita ha non solo preso vita ma è anche riuscito.

Abbiamo creato l'impossibile nonostante i battibecchi e i disguidi. Certo, son nate nuove cicatrici, nuovi dubbi e nuovi dolori ma spero vivamente che questa banda di incapaci sia abbastanza saggia da non combinare altri casini, che tutti questi soldi basteranno per vivere come hanno sempre voluto.

Nairobi mi sorride dolcemente prima che Helsinki e Tokyo la aiutino a strisciare dentro al tunnel. Sono felice e fiera di averle salvato la vita, di aver affidato a qualcun altro il ricordo di Andrés.
E anche il mio.

Io e Martìn usciremo dal tunnel per ultimi, ci prendiamo del tempo per far sì che gli altri siano abbastanza lontani per non sentirci.
Ci guardiamo negli occhi.
E ancora una volta trovo che sia un paradosso gigantesco che l'unica persona a capirmi qui dentro è la stessa che odio.

No, non è vero.
Non lo odio, forse tutto quello che provo nei suoi confronti è un'invidia bruciante per aver dato a volte ad Andrés ciò che io non ho potuto.

Respiro a lungo, sorrido debolmente: «Hai ancora l'auricolare per parlare con Sergio?»

Non si muove fatta eccezione per la mano sinistra che, libera dall'arma, si sposta sull'orecchio per poi allungarmi il piccolo apparecchio.
Sa che è giunto il momento di attuare il piano finale.

Premo il pulsantino di avvio chiamata: «Professore, abbiamo fuso tutto l'oro, gli altri stanno uscendo dal tunnel, sono tutti vivi.» lo sento respirare profondamente, per la prima volta credo non sappia cosa dire. O forse vuole dirmi di tutto ma non sa come: «Per la questione opinione pubblica puoi dire tranquillamente che i tuoi uomini hanno fatto giustizia, troveranno il cadavere dell'assassino di Gandìa nei tunnel. Occhio per occhio, usa la tua parlantina per girare la storia come preferisci.»

Finalmente ottengo una reazione, Sergio fa uscire un verso strozzato dalla gola e balbetta, come faceva anni fa al monastero quando si trovava in imbarazzo o in difficoltà, quando il nostro problema maggiore era decidere che cosa bere a cena: «Cosa vuoi dire, Esme?»

«Che anche se a volte mi sono comportata da stronza, ti ho sempre voluto bene.» lo dico rivolta a Martìn.

Spengo la comunicazione prima che possa dire qualsiasi cosa.
Martìn mi guarda fisso negli occhi, ha capito cosa voglio fare e perché lo voglio fare.
E sa che toccherà a lui compiere il gesto finale.
Getto via il mio mitra, apro le braccia, sorrido buttando indietro la testa e chiudo gli occhi.

E mentre una calda lacrima riga il mio viso, annuso a pieni polmoni il profumo di Andrés.

Morto per la Libertà - Casa di Carta fanfiction [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora