Blaise Zabini fissava il vuoto mentre attorno a lui regnava un minaccioso quanto gelido silenzio.
Stava seduto su una sedia, in mezzo a una stanza priva di finestre.
Il labbro inferiore spaccato, i polsi feriti da una corda e quello sinistro molto più dell'altro sanguinava copiosamente.
Un livido del colore delle sue iridi stava cominciando ad allargarsi su uno zigomo.
Sentiva un forte dolore alla nuca ma nel complesso non stava messo peggio del bastardo che l'aveva attaccato alle spalle e che l'aveva ridotto in quello stato. Con uno sforzo, alzò di nuovo il capo e sogghignò.
Un rivolo di sangue gli colò lungo la bocca e poi sulla mascella, finendo lungo il collo.
- Che cazzo ridi?- sibilò la voce del mago che gli stava davanti.
- Cosa rido?- Blaise lo guardò sornione - Sei rimasto l'idiota che eri.-
- Ah si? Tu invece hai imparato a difenderti Zabini.-
Il tizio aveva praticamente la mascella a pezzi e faticava a parlare. Solo l'orgoglio e il desiderio di uccidere Blaise lo tenevano in piedi. Lo ammetteva. Attaccarlo alle spalle e di notte al momento era sembrata un'ottima soluzione.
Invece si era rivelata un'arma a doppio taglio.
Rafeus Rodolphus Lestrange si appoggiò con la schiena al muro della stanzetta, continuando a fissare il suo nemico con occhi felini. Gli occhi dei Black e dei Lestrange. Neri come la pece, come quelli di Bellatrix.
I capelli scuri erano mossi, quasi rasati sulla nuca e scomposti in cima al capo.
La mascella squadrata e spessa era volitiva, denotava virilità.
Indossava una sfarzosa giubba violacea, ornata d'oro, con lo stemma dei Lestrange sul cuore. Tutta quell'ostentazione però non serviva a niente di niente. Infatti Rafeus trasudava un che di equivoco che niente avrebbe mitigato.
Di statura superiore alla media, la sua ossatura era possente, di spalle quadrate, col naso carnoso e irregolare.
I suoi guanti neri erano sporchi del sangue di Blaise e qualche schizzo gli era finito sulle labbra, che lui si era leccato voluttuosamente. Il ghigno sfrontato di lui divenne subdolo quando Blaise fece una smorfia, diventando sempre più pallido. Stava perdendo troppo sangue dal polso sinistro.
Temeva quasi che Rafeus gli avesse tagliato le vene ma dubitava che gliene sarebbe importato qualcosa se fosse morto dissanguato. No, il primogenito della compianta Bellatrix aveva ereditato la sua eccitazione alla vista del sangue, alla vista della violenza. Era folle. Folle, ma non molto furbo. Almeno da quanto ricordava Blaise.
E infatti non era per niente intelligente. Stava mostrando le sue carte prima che il nemico fosse stato sconfitto.
- Allora Blaise?- Rafeus l'osservava quasi interessato - Da quanto non ci vediamo? Dieci, undici anni? Sai, la vita in Germania non è stata male, lo ammetto...ma avrei voluto essere qui quando sono scoppiati i fuochi d'artificio, sai?-
- Affanculo...- rispose Zabini, sogghignando.
- Hn. Draco come sta eh?- continuò, girandogli attorno - Mia nonna ha detto che il mio adorato cugino se la fa con Potter.-
- Cosa vuoi farci.- lo schermì l'ex Serpeverde - I gusti sono gusti, no?-
Quella era un'allusione bella e buona ma Rafeus fece finta di non coglierla anche se entrambi sapevano a cosa Zabini si stesse riferendo. O meglio, a chi.
Vanessa. Dietro a una facciata tutt'altro che trascurabile, quella ragazza celava con scaltra maestria la sua vera essenza malvagia, la natura gretta e avida di chi non si accontenta mai. Se ci si fermava alla scorza, era stupenda, come Bellatrix. Capelli castano scuri lunghi fino alla vita, lisci e lucenti. Occhi neri come l'inferno.
Ma era viziata, capricciosa, egoista oltre ogni dire, vendicativa. La copia di sua madre.
La sua bocca carnosa, rossa e sensuale che ingannevolmente faceva pensare alla passione, rivelava progressivamente l'avidità che la divorava mentre i suoi pungenti occhi scuri lasciavano trapelare ormai apertamente la sua cupidigia. Sul fratello aveva un ascendente inimmaginabile e con lo sfoggio di qualche graziosa moina, da lui riusciva a ottenere tutto.
Se la sua conoscenza di quei due fosse stata meno profonda, Blaise non avrebbe mai potuto immaginare cosa celavano. E invece lo sapeva. Fra quei due, di amore fraterno ce n'era molto poco.
Ciò che scorreva fra loro era un amore avvelenato, c'era del torbido, del malato.
Sarebbero stati pronti a uccidersi a vicenda ma non per questo si negavano piaceri che scaturivano più che dal desiderio, da una lussuria incontrollata.
- Dov'è lei?- chiese Blaise, continuando a sorridere debolmente.
- Oh, sta finendo di firmare il suo contratto di lavoro.- disse Rafeus, indulgente.
- Lavoro?-
- Già...in fondo alcune lezioni devono ancora attecchire, non credi Blaise?-
- Ma di che cazzo parli?-
- Parlo di ciò che Hogwarts non si aspetta.- Il mago si fermò davanti a lui, afferrandogli il mento fra le dita - Sarebbe bello farti morire qua...farti annegare nel tuo sangue. A mio cugino piacerebbe un simile regalo, ne sono certo. Ma voglio far patire a Draco le pene dell'inferno...per questo ti lascio vivere. Ti farò lentamente a pezzi Blaise. Per lui sei come un fratello...- il suo ghigno ora aveva un che di perverso - Vi farò soffrire entrambi, vi avvelenerò l'esistenza, ammazzerò tutti quelli che avete cari...e infine verrà il vostro turno. Ma farò vivere Draco abbastanza lungo per vederti agonizzare. E quella sporca mezzosangue farà la tua fine! L'avrò sotto i suoi occhi e poi le spezzerò il collo!- e detto quello lo colpì con forza al viso, facendolo cadere dalla sedia.
Una volta a terra, Blaise rimase a boccheggiare, fiacco per la perdita di sangue e il duro colpo ricevuto.
Dannazione, la vista gli si annebbiava...
L'ultima cosa che sentì furono i lenti passi di Rafeus che si allontanava...poi l'odore di fumo e il calore del fuoco gl'invasero le narici. Quindi perse i sensi.
- Questo caffè è davvero forte...-
- Strozzatici.-
La dolce frase era appena stata detta da Draco Lucius Malfoy col suo solito fare noncurante anche se stavolta, allo scoccare dell'una di notte di quel sabato inconsulto, il biondo ex Principe della casa di Serpeverde aveva i suoi dubbi molto seri su ciò che avrebbe portato il loro avvenire. Non era mai stato tipo da farsi domande troppo pressanti, tantomeno si era mai preoccupato del futuro. Era sempre stato troppo menefreghista per farlo...ma ora vi era costretto.
Sollevò di nuovo il viso dalla lettera che aveva sotto gli occhi argentei, vergata da una calligrafia maschile elegante e regolare. La mano che aveva scritto quella lettera gli aveva anche mandato il bambino che ora sedeva alla sua tavola, a casa sua a Lane Street. Quel bambino, suo cugino...Thomas Maximilien Riddle.
Il figlio di Tom Marvolo Riddle, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, Lord Voldemort, il mago che aveva vissuto in quel mondo per uccidere tante persone innocenti, il mago che aveva massacrato famiglie intere. Il mago che aveva distrutto la sua infanzia. E ora stava seduto davanti al suo unico figlio.
Un bambino come tanti altri. Un piccolo mago di non ancora undici anni.
Tom gli stava seduto davanti, compito sulla sedia troppo alta, parecchio intimidito.
Se non fosse stato paradossale, Draco si sarebbe messo a ridere. Quel ragazzino gli ricordava tremendamente un tipetto che aveva incontrato anni prima. Un tipetto che da bambini non aveva esitato a diventargli nemico, nonostante la sua aria sperduta. Oh, quel bambino del passato aveva dimostrato un vero cuore da Grifondoro.
E Draco si era dimostrato un vero Serpeverde in fondo.
Ma ora suo cugino gli stava davanti. Il figlio di Bellatrix a quanto era scritto.
- Sei nato ad Azkaban, vero?- sussurrò Draco, accendendosi una sigaretta.
Tom, arrossendo vagamente, annuì - Si.- mormorò. La voce un po' gli tremava - Mia madre era incinta quando è stata imprigionata ma non ero figlio di suo marito. Questo lo svelò mio padre alla mia matrigna dopo che lei venne ad Azkaban a prendermi. I Dissennatori mi avrebbero ucciso e nessuno del Wizengamot avrebbe mosso un dito. Mio padre era già stato ridotto a uno spirito da Harry, quindi non mi restava che la mia matrigna.-
- Lucilla...-
Tom stavolta sorrise radioso - Si, è lei che mi fa da mamma.-
- Ma si può sapere dove diavolo sei stato finora?- Draco era allibito, non ci capiva più un tubo - Insomma, io non ho mai sentito parlare di te! Lucilla non ci ha mai detto nulla e all'improvviso ti scaricano qua davanti alla porta di casa e questo Caesar mi dice che io e Potter siamo anche i tuoi padrini...- stava solo leggendo quelle righe ma quando ne capì il senso sbiancò - COOOOSSAAAA???- balzò in piedi e Tom fece una piccola smorfia.
- Come sarebbe che siamo i tuoi padrini??- urlò, cominciando a versarsi una buona dose di whisky.
- E' stata la mamma a deciderlo, due anni fa quando mi hanno battezzato.- borbottò il piccolo, nuovamente in imbarazzo - E comunque non mi hanno scaricato qua. Caesar te lo spiega...-
- Ma si può sapere chi è questo Caesar?!-
- Non lo sai? Caesar Cameron.- spiegò Tom sorridendo - Io vivevo con lui a Cameron Manor, nel Golden Fields.-
Ok, non sarebbe bastato un solo bicchiere purtroppo. Draco mandò tutto giù d'un sorso, attaccandosi direttamente alla bottiglia. Quando il liquore arrivò a bruciargli lo stomaco, tornò a sedersi.
Si passò una mano fra i capelli, letteralmente distrutto. Cavolo, lui non ci sapeva fare in quelle situazioni!
Era per metà un Malfoy e per metà un Black. Lui i guai l'ignorava!
- Cazzo...- sospirò, poggiandosi a tavola su un gomito. E adesso che diceva a Potter?
- Non volevo turbarti.- disse Tom, contrito - Io volevo solo vedere Harry.-
- Lascia che ti spieghi una cosa sullo Sfregiato!- sbottò Malfoy, puntandogli il dito addosso - Quello quando entra qua darà in escandescenze, va bene? Gli puoi toccare tutto ma appena dici Voldemort quello dà i numeri, intesi?-
- Ma io voglio aiutare...-
- Ma aiutare in cosa?- e si attaccò di nuovo alla bottiglia - Perché non sei rimasto a Golden Fields?-
- Perché i miei fratellastri vogliono fargli del male.-
Ora i due si fissavano negli occhi. Le iridi blu di quel ragazzino sapevano molto, pensò l'Auror. Fin troppo.
- Cosa sai?- gli chiese allora.
Tom sospirò, spostando quel caffè disgustoso da davanti al suo povero naso.
- Ecco...io so di Rafeus e Vanessa. Me li ha fatti vedere Caesar e so che anche se sono tornati da poco a Londra, hanno già richiamato una bella cerchia di Mangiamorte attorno a loro. La mamma mi ha raccontato dell'ultima guerra e visto che ho un bel debito verso Harry, ho deciso di venire a dare una mano.-
- A meno che tu non sia corazzato non credo che potrai essere di alcun aiuto visto che quello appena entra qua e scopre chi sei ti farà la pelle seduta stante, senza fare neanche una domanda!- rognò Draco, stizzoso - Ma tu guarda che casino! E perché Lucilla non ci ha detto nulla?! Perché non è venuta a dircelo di persona?-
- Bhè...la mamma non esce mai dalla sua stanza.- rispose Tom, diventando malinconico.
- Come sarebbe? Dov'è Lucilla?-
- Con Caesar.-
Draco stavolta tacque, senza sapere più che dire.
Lucilla con Cameron. Perché? Perché aveva abbandonato Tristan? Per quel demone puro?
- Lucilla non si è potuta occupare di me fino a quattro anni fa.- spiegò il bambino a bassa voce, come se si sentisse sempre in colpa per qualcosa - I Riddle sono tutti morti così, quando Lucilla mi affidò al San Mungo, poi i Medimaghi mi hanno spedito in un orfanotrofio quasi subito. Sono stato lì fino a quando ho compiuto sei anni, poi Lucilla è venuta a prendermi. Aveva appena avuto una bambina e non stava molto bene. Il suo potere ogni tanto collassava per questo siamo andati a Golden Fields. Caesar si è preso cura di lei mentre stava male e anche di me. Sai, nel suo palazzo non ci sono esseri umani...-
- Lucilla adesso sta bene?-
Tom annuì, sorridendo - Si...cioè, lo vedo che è triste ma sta bene. Poi però...due anni fa sono uscito dal palazzo per giocare e mi hanno catturato.-
- Catturato?- Draco corrugò la fronte - Chi ti ha catturato?-
- Gli Zaratrox.- e a quel nome, Malfoy sbiancò di nuovo - I Bilancieri mi hanno rapito e mi hanno portato in Italia. Mi hanno rinchiuso da qualche parte e ho capito solo che secondo loro io avrei creato problemi all'equilibrio. Caesar e la mamma mi hanno cercato a lungo ma loro non possono interferire in queste cose. Ci sono voluti mesi ma alla fine la mamma ha trovato qualcuno che potesse liberarmi.-
- E chi è stato?-
Tom si zittì. Rimase a osservare suo cugino, poi lentamente volse lo sguardo sulla loro sinistra.
Una vecchia foto, nascosta fra tante altre non a caso, ritraeva proprio colei che Draco cercava di dimenticare.
- Hermione...- sussurrò.
- Si,- annuì Tom - Hermione è diventata una Zaratrox per venire a riprendermi. Lei è stata per qualche tempo a Cameron Manor e sia Caesar che la mamma si fidano di lei.-
- Perché è stata nel Golden Fields?- ringhiò Draco senza capire, perdendo il lume della ragione.
- Perché è allieva della mamma e di Caesar.-
- Cosa?- alitò Malfoy sconvolto - E' allieva di...-
- E' diventata Auror in Germania per questo. Per apprendere più magia oscura possibile.-
- Ma è assurdo! La mezzosangue ha sempre lottato contro la magia oscura!-
- Forse credeva che impararla sarebbe stato per lei.- Tom alzò le spalle - La conosci bene, no?-
Si, la conosceva bene. Ricordava quel desiderio di conoscenza che a volte superava i limiti.
Il volto lontano di Hermione improvvisamente si dissolse come neve al sole, quando sentì la serratura di casa scattare. Praticamente sia lui che Tom balzarono in piedi sentendo i passi e le voci sulla scala del piano di sotto.
Draco pregò in tutte le lingue che non conosceva: l'importante era che non desse in escandescenze...avevano appena rifatto gl'interni e comprato i mobili del salone, non potevano permettersi di scialare troppo. Peccato che Potter a queste non ci pensasse per nulla. Sentì Tom nascondersi praticamente dietro alla sua schiena e tanto per essere sicuri estrasse la bacchetta, poi la porta del primo piano si aprì...e i suoi coinquilini apparvero sulla soglia...
A Cedar House le luci erano ancora accese.
Elisabeth Jenkins controllava freneticamente l'orologio, contava secondi, minuti...
E Tristan ancora non scendeva. Era andato con Degona in camera sua subito dopo che anche la signora Nadine si era Smaterializzata via e da quel momento non vi era più aleggiato un rumore nella grande casa.
Non si era più sentito lo scalpiccio dei piedini della bambina ai piani superiori, né la sua voce allegra.
Liz posò l'ultimo calice sul vassoio, lasciando che l'elfo domestico portasse via tutto, quindi si lasciò andare seduta di peso in poltrona. Era stanca...e addolorata.
"Tu non sei la madre di Dena!" gli aveva detto Nadine.
Si, era vero, ammise con le lacrime agli occhi. Ma era stata lei a crescerla, era stata lei ad amare quella bambina.
Era lei che l'amava come una madre, non il mostro senza cuore che l'aveva abbandonata.
Tutti sembravano scordarselo. Tutti quanti, persino Tristan.
Fra lei, Jess e Tristan c'era sempre stato il tacito patto di non parlare mai alla bambina di sua madre...e ora invece tutto era stato buttato all'aria. Si sentiva a pezzi, quasi defraudata di un suo diritto.
Era suo diritto sentirsi chiamare mamma da Dena, anche se non era mai accaduto.
Era suo diritto stare accanto a Tristan, amarlo e rispettare i sentimenti, il suo dolore.
Era lei che faceva da madre e moglie per le due persone che vivevano in quella casa, non un demone oscuro che non aveva esitato a sparire al primo problema.
Rinforzata da quel pensiero, si mise in piedi e corse su per lo sfarzoso scalone della villa, raggiungendo dopo un lungo corridoio la camera di Dena. Era vuota e la finestra, aperta e sbattuta dal vento, stava raggelando l'aria all'interno. La chiuse, sentendo un brivido lungo la schiena, poi ne uscì e raggiunse la camera di Tristan, l'ultima in fondo al corridoi.
Davanti a quella porta, si accorse per la prima volta che in quattro anni vi era entrata si e no tre volte.
Deglutendo, l'aprì lentamente senza bussare.
Una luce soffusa illuminava una grande anticamera, poi poco più un grande letto matrimoniale davanti a un camino.
Li trovò seduti a terra. Tristan a gambe incrociate, Dena sulle sue ginocchia...e fissavano un grosso libro, un album probabilmente. A terra erano sparse tante altre fotografie.
Liz rimase nascosta dietro all'angolo, facendo attenzione a non fare rumore...li sentiva parlare.
- Perché non parli mai della mamma?-
Era Degona. Stava fissando ogni fotografia come se avesse voluto impararla a memoria.
- Perché...- Tristan sospirò, poggiandosi contro la sponda del suo letto, paziente - Perché pensare a lei mi rende un po' triste.-
- Avete litigato?- la bambina stavolta alzò il visetto verso il padre, tutta seria - Non le puoi chiedere scusa?-
L'Auror sorrise, carezzandole il capo - No, non abbiamo litigato. È difficile da spiegare.-
Avevano guardato le foto di Lucilla per tutta la notte. Quando Dena l'aveva vista la prima volta, in una foto che la ritraeva abbracciata a lui, a Hogwarts, ne era rimasta affascinata. La piccola era rimasta praticamente incantata da sua madre. Esattamente come capitava a tutti quanti.
Era rimasta innamorata dei suoi occhi, del suo breve sorriso.
- E' bellissima la mamma!- aveva detto, con gli occhi colmi di orgoglio.
Tristan era scoppiato a ridere, abbracciandola stretta. Si, era bellissima Lucilla. Lo sarebbe sempre stata.
Ma ora era giunto il momento di spiegare a sua figlia i motivi per cui sua madre se n'era andata.
I motivi per cui tutti erano così curiosi quando la guardavano, come per cercare qualcosa.
- Piccola...senti, devo dirti una cosa su tua madre.-
Dena rialzò gli occhi dalla foto, incuriosita - Papà, come si chiama la mamma?-
- Lucilla.- le disse, sorridendo - E aveva una sorella gemella che si chiamava come te. Lumia.-
- E adesso dov'è?-
- E' morta quando era piccola.- disse l'Auror, cercando di dimenticare quei giorni tristi.
- Oh...la mamma avrà pianto...-
- Senti...adesso ascoltami, va bene?- Tristan le tolse le foto di mano, stringendola più forte - Vedi, hai presente quando usciamo e ti guardano tutti? E tutti ti dicono che sei più bella degli altri bambini normali?-
- Si...- fece la bimba, con la faccia di una che non capiva dove volesse andare a parare.
- Bhè...è per la mamma. Vedi...lei è...più o meno come lo zio Milo.- cominciò.
- La mamma è una vampira?- sorrise Dena, illuminandosi - Davvero?-
- Non è proprio una vampira. Qualcosa del genere...- Tristan cercò di arrotondare di nuovo il tiro - Ti ricordi cosa ti ha detto la nonna stasera a cena? Su quei demoni?- e all'assenso della figlia, si preparò a sganciare la bomba - Ecco, la mamma è...un demone.-
- Oh...- la piccola Degona ora aveva gli occhi larghi per lo stupore - Ma Liz ha detto che sono cattivi!-
- No, no!- la voce accorata di Tristan diede una pugnalata al cuore della strega nascosta nella sua stanza - La tua mamma non è cattiva. Lei è nata così. La loro famiglia era di demoni.-
- Ma Liz mi dice sempre che i demoni sono malvagi e cattivi! Dice che uccidono le persone!-
- Non tutti lo fanno.- sospirò il giovane mago - Credimi, tua madre non era cattiva, ha salvato Harry e Draco anni fa. Non era malvagia, non lo è mai stata e mai lo sarà. Altrimenti non sarei innamorato di lei.- e dette quella nuova frase, Liz si posò una mano sulla bocca. Le tremavano le gambe e solo la spossatezza le impedì di andarsene.
- Allora perché la mamma se n'è andata via?-
- Perché qua non stava bene.- sussurrò Tristan, immalinconendosi. Ora doveva mentire...non poteva dire a sua figlia che sua madre era stata costretta ad andarsene per farli vivere - Lei era diversa da noi. Tutti la guardavano male e dopo che sei nata tu non stava molto bene. Così se n'è andata in un posto dove c'è un altro signore forte come lei.-
- E tu l'hai lasciata andare?-
Si, aveva dovuto. Non aveva potuto fare niente per trattenerla. Niente di niente.
- E non potrò mai vederla?-
- No, tesoro...non credo.-
- Ma io voglio parlare con lei!- ora gli occhi della bimba si stavano velando leggermente.
- Anche io vorrei tanto vederla.- Tristan stava quasi peggio della figlia - Ma non si può purtroppo.-
Liz uscì da quella stanza dopo aver sentito una numerosa serie di singhiozzi.
- Dannata!- sibilò rabbiosa, con le lacrime che le infradiciavano il viso - Dannata! Che sia dannata!-
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I Bracciali Del Destino |Dramione|
Fanfiction...E dopo quattro anni dall'aver lasciato il nido protettivo di Hogwarts, alla porta di Harry Potter si ripresenta un Riddle che sconvolgerà la vita a lui e a Draco, legati indissolubilmente da una maledizione che li porterà alle soglie di un'altra...