6 - Auricolari usati

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6 - Auricolari usati

L'unico aggettivo che a Leo venne in mente fu "mastodontico". All'interno della National Gallery, tutto era mastodontico. Scale mastodontiche, mura mastodontiche, soffitti mastodontici... Uomini della sicurezza, mastodontici. Bestioni in giacca e cravatta con le mani ben intrecciate davanti alle pance. Gli sguardi assassini. Le labbra tirate come fossero incapaci di sorridere. Leo li scrutò con aria preoccupata e poi li fece notare ai suoi amici. ― Il loro non deve essere un lavoro entusiasmante, eh? 

Piper lo fulminò. Erano entrati dalla porta antincendio individuata da Jason, d'accordo, quindi dovevano rigare dritto e non dare nell'occhio. Nel "non dare nell'occhio", Piper l'aveva specificato, rientrava anche il cucirsi la bocca. O almeno abbassare il volume della voce ad un bisbiglio.

Nel museo in effetti c'era un silenzio di tomba. Sembrava di essere entrati in una chiesa. Per fortuna però la National Gallery non puzzava d'incenso e non aveva quella penombra inquietante che caratterizzava gli ambienti delle funzioni religiose. Questo non la esimeva dall'avere comunque qualche difetto. Tanto per cominciare, gli ambienti erano troppo ampi. Se anche avessero individuato il tripode, cosa di cui Leo al momento dubitava parecchio, per rubarlo avrebbero dovuto escogitare qualcosa di davvero intelligente. E l'intelligenza non era prevista nell'equipaggiamento del gruppo. Super potere di volare, super potere di chiacchierare e super potere di incendiare tutto. Ma niente cervello.  

Inoltre, le esposizioni erano dispersive. Le sale infinite. Labirintiche. Leo era convinto che per girarle tutte ci voleva come minimo una settimana. E lui una settimana non ce l'aveva. Gli sembrava di essere già in ritardo, e la vera missione non era neanche iniziata... ― Che facciamo? ― Il bisbiglio di Jason fece drizzare Leo sulla schiena. ― Intendi dire oltre guardarci intorno con aria spaesata? ― ribatté. ― Sul serio, i musei sono davvero tutti così?

Piper lo guardò con aria allibita. ― Non sei mai entrato in un museo? 

― Perché, tu sei mai entrata in un officina, miss mondo? ― Leo si pentì subito di aver usato quel nomignolo, e servì a Piper un sorriso amichevole per farsi perdonare. Ma sapeva di aver ragione. Un museo era importante tanto quanto un'officina. D'altronde, a ognuno il suo. E il commento finale di Leo al riguardo fu: ― A Leo Valdez quel che è di Leo Valdez! 

Piper non poté fare a meno di nascondere un sorriso. ― Sai, non credo che la citazione sia del tutto esatta... 

― Hey ― li interruppe Jason. ― Guardate!

Leo seguì la traiettoria dell'indice del suo amico. Sperava nell'apparizione di una ragazza da urlo che potesse togliergli dalla testa Thalia e risolvere la questione in un lampo, ma Jason aveva notato qualcosa di molto meno entusiasmante. ― Una planimetria? ― borbottò Leo, deluso.

― C'è un elenco delle collezioni esposte ― notò Piper. ― Se individuiamo quella sull'antica Grecia siamo un passo avanti, non credete?

Si diressero a passo spedito verso la planimetria, con il fare autenticamente spaesato di tre visitatori del museo particolarmente ignoranti. Vista disegnata su plexiglass, la National Gallery faceva ancora più paura che dal vivo. Le varie sale erano contrassegnate con dei numeri, e un'ampia didascalia sulla destra forniva le informazioni sulle diverse collezioni, con tanto di elenco degli artisti esposti. ― Ma che razza di nome è Duccio? ― fu la prima osservazione importante che a Leo venne in mente di fare.

Piper gli fece notare semplicemente come fosse un bene per lui che Annabeth non si trovasse lì con loro. Avrebbe fornito a Leo un quadro piuttosto completo di vita, opere, morte e miracoli di quel tal Duccio di Buoninsegna. Rendendo la visita alla National Gallery più tragica di ogni previsione. Ma forse era tragica anche senza Annabeth. Perché di collezioni greche non ce n'era nemmeno l'ombra. 

Cuore a motoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora